Noi non abbiamo le arachidi o noccioline
americane, noi mangiamo i bagìgi, mentre i nostri nonni facevano la stessa cosa
con i bajìji.
Le noccioline in Veneto si chiamano infatti
bagìgi. Nome che pare derivare dall’arabo hab-haziz, che significa buona
mandorla. Questo indicherebbe più propriamente i babbagigi, ossia i tubercoli del Cyperus
esculentus, una pianta con dei tuberi radicali che assomigliano un po’ ai
nostri bagìgi.
Comunque i bagìgi si chiamano anche arachidi,
noccioline americane, scachetti o caccaetti, spagnolette, pistacchio o cece di terra. Tanti nomi per un frutto sfizioso, compagno ideale, ma un po' pericolosetto, dell’aperitivo.
Dicono i saputelli della rete che arachide
deriva dal greco arachos, che significa letteralmente sorta di legume. Il suo
nome scientifico è Arachis hypogaea e appartiene alla famiglia delle Leguminose. L’origine della pianta selvatica è brasiliana,
ma primo a parlarne fu lo spagnolo Fernando de Oviedo nel 1520: da qui,
probabilmente il nome di spagnoletta. In Italia arrivò un po’ più tardi,
solamente nel 1772. In Italia era largamente coltivata, soprattutto nel
dopoguerra, quando la superficie raggiunse i 5600 ettari, massimo storico di
sempre. Negli anni ’70 la coltivazione venne però praticamente abbandonata,
soprattutto per problemi di meccanizzazione. Oggi praticamente tutto il
fabbisogno in Italia viene importato, in particolar modo dagli Stati Uniti,
primo esportatore a livello mondiale.
Le arachidi che noi mangiamo sono i semi
della pianta, i cui fiori, subito dopo la fecondazione, si interrano a circa 5
cm di profondità per dare origine al frutto.
Ma i bagigietti che noi ingurgitiamo con una certa nonchalance con l’aperitivo, sono un alimento un po’ insidioso per la nostra linea, in quanto molto nutriente. Un etto di prodotto equivale a 600 kcal. Contiene quasi il 50% di grassi e il 30% di proteine, ma è anche ricco in sostanze minerali, come calcio, ferro, fosforo, magnesio e zinco, e da quello in fibre (11%). Possono dunque rivelarsi molto preziose per la dieta, come buona parte della frutta secca, a patto di bilanciare bene l’apporto calorico e di proteine, e quindi di non esagerare nelle quantità. Peccato però che un bagìgio tira l'altro..
Purtroppo però le
arachidi, dopo latte e uova, sono il terzo alimento più allergizzante oggi
conosciuto, perciò la loro presenza va sempre segnalata sulle etichette
dei prodotti alimentari. Va inoltre evitato il consumo di arachidi vecchie e
dal sapore stantio o peggio rancido. Se mal conservate, magari in ambienti
umidi e caldi, possono infatti facilmente essere attaccate da funghi che
producono aflatossine.
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