giovedì 23 dicembre 2021

Va farte benedire!

[Gianni Spagnolo © 21N18】

Va farte benedire!” era un’affermazione stizzosa ricorrente; un modo più elegante di mandare in mona qualcuno, qualora ti tirasse a siménto. In entrambe le circostanze l’invito non era particolarmente sgradevole e perciò non veniva preso come offesa.

Farsi benedire era un’azione che spesso si richiedeva al sacerdote che s'incontrava, e che questi impartiva anche in particolari circostanze della vita. Epò, … na benedissiòn la fa senpre ben, la passa sete muri, la para via el demonio, la te mete in riga, la te tira protessiòn, ecc. ecc. In ogni caso implicava una sorta di riconciliazione.

Una di queste, sopravvissuta fino agli anni Sessanta e superata dal Concilio Vaticano II, era la benedizione della puerpera. Richiamava l’atto compiuto da Maria SS. nel tempio di Gerusalemme, a quaranta giorni dalla nascita di Gesù, secondo il prescritto della legge mosaica, che imponeva alla puerpera una cerimonia rituale di purificazione. Questa purificazione non si rapportava ad una colpa bensì ad una macchia corporale o legale. Dato che il concetto ebraico di purificazione rituale della madre non era più accolto nella prassi canonica, la Chiesa conferì al rito un nuovo contenuto, cioè di ringraziamento della madre per la grazia della fecondità e per il dono del bambino. 

Il Rituale preconciliare prevedeva che: “È pio e lodevole costume, che la donna, che ha avuto la felicità di diventare madre venga alla chiesa a ringraziare Dio, domandando la benedizione del sacerdote” (Tit. VIII, 6). Non si trattava perciò di assoluta necessità per poter accedere alla Chiesa, tuttavia si diffuse l’errore tra il popolo che si trattasse di un rito di espiazione e di esorcismo per la colpa di concupiscenza che vi presiedeva, invece di un gesto di ringraziamento e di glorificazione della maternità cristiana che evocava appena  l’analogo rito dell’Antico Testamento. Ovviamente il convitato di pietra, cioè l'uomo, era magicamente esonerato da ogni colpa materiale e legale e non doveva sottostare a purificazioni di sorta.

La cerimonia della purificazione normalmente si compiva nella chiesa parrocchiale, meglio ancora se, come fece Maria al Tempio, la madre portava in tale circostanza la sua creatura per offrirla al Signore e per farla partecipare delle benedizioni della Chiesa. Questo però non era strettamente richiesto e da noi raramente fatto. La madre teneva in mano una candela accesa, che richiamava anche la Candelora. Il sacerdote procedeva dapprima ad un atto di aspersione della donna con l’acqua benedetta. Poi recitava il salmo 24 “Del Signore è la terra e quanto contiene…”. Poi la conduceva ai piedi dell’altare, porgendole l’estremità della stola sulla mano. Qui recitava un’orazione, in cui chiedeva a Dio, per l’intercessione di Maria, d’accordare alla madre lì presente di giungere con il figlio alle gioie della beatitudine eterna.

Oggi la benedizione alla madre viene data alla conclusione del Rito del Battesimo, mentre in passato, quando si doveva battezzare entro gli otto giorni a motivo del forte pericolo di mortalità infantile, la madre non era presente. Ma non si voleva lasciarla priva di benedizione, di qui il rito della purificazione, che si diceva “tornare in santo”.

Queste norme canoniche, che i preti di solito interpretavano in modo rigoroso e slegato dalle ragioni che le avevano prescritte in altre epoche, causavano non pochi inconvenienti e distorsioni nella mentalità e nella prassi corrente. Gli stessi preti anteponevano il formalismo alla carità, per cui la puerpera si considerava impura per quaranta giorni dopo il parto e le era vietata l’ammissione in chiesa. Il battesimo al neonato, inoltre, doveva essere impartito entro l’ottavo giorno cascasse il mondo, perché così era stabilito. Non importavano le condizioni oggettive delle persone, né la ratio della norma. A nulla valsero le suppliche di mia madre a don Emilio perché aspettasse qualche giorno in più per battezzare mia sorella, permettendo così a mio padre di rientrare dall’estero e presenziare alla cerimonia. Giammai! Otto giorni erano quelli prescritti e così si doveva fare! Immaginarsi poi le puerpere, già magari debilitate dalla gravidanza a doversi sentire impure per partecipare alle funzioni religiose. Anche i preti, abituati a non esser mai contraddetti né messi in discussione, scavano talvolta trincee laddove sarebbero stati necessari dei ponti. Poi ci si metteva anche la mentalità della gente per le cose di Chiesa, sospesa fra fede e superstizione, a rincarare le distorsioni di queste usanze. 



Nessun commento:

Posta un commento

La vignetta