I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
DON LUCIANO: LA PAROLA DELLA DOMENICA
Oggi celebriamo la Santa Famiglia di Nazareth, nel cuore del Natale. Ieri abbiamo esultato di gioia perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio, che porta la pace. I pastori hanno ricevuto dagli angeli l’annuncio di una grande gioia che appartiene a tutto il popolo: “Oggi nella città di Davide è nato per voi un salvatore”. Il segno del bambino diventa la mangiatoia: un segno umile, e un segno nobile, il posto più asciutto e caldo della stalla. Con i pastori e Maria e Giuseppe abbiamo accolto il canto degli angeli: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che egli ama”. Con Maria conserviamo tutte queste cose nel nostro cuore meditandole.
Oggi siamo chiamati a guardare la famiglia: la famiglia di Nazareth Gesù, Maria e Giuseppe, e la famiglia di tutti i tempi, le nostre famiglie. Con Anna, la madre sterile, ma ricca di speranza, con il suo figlio Samuele offerto a Dio e al suo servizio siamo chiamati a guardare le tante famiglie, in ogni luogo della terra, che piangono per la tristezza della guerra, della povertà, dell’abbandono. Famiglie che diventano profughe. Famiglie che intraprendono lunghi percorsi, dove il pericolo è grande, sia per mare che per terra, percorsi di morte e di solitudine. Tutti noi dobbiamo diventare fonte di speranza per loro, non abbandonandoli perché sono fratelli e sorelle che cercano la speranza e la pace. Iniziamo con la S. Famiglia di Nazareth un percorso verso la Città Santa , Gerusalemme, dove mettere la nostra vita nelle mani del Signore. Un cammino di fraternità con tutte le altre famiglie. Un cammino dove possiamo perdere Gesù, ma con la certezza che lo ritroveremo e ci ricorderà che “deve ricordarsi del Padre suo” e Padre nostro. È questo “ricordare” che ci aiuta a ritrovarci, con cammini incrociati e il cuore che batte, attenti ai volti che incrociamo!
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