• Mentre nelle ultime 48 ore venivano barbaramente uccise quattro
donne, due ricercatrici del sud isolavano il Coronavirus: uno spaccato
di questa Italia 2020
— Spesso releghiamo la Ricerca e la
Formazione agli ultimi posti nell’elenco delle priorità dei nostri
investimenti. Eppure, oggi, la Ricerca e la Formazione hanno fatto sì
che l’Italia fosse tra i primi paesi al mondo a isolare il Coronavirus.
Un’equipe di 15 ricercatori – composta da 14 donne (!) e 1 uomo – ha
lavorato incessantemente a quella che l’Oms ha dichiarato un’emergenza
sanitaria globale. E che finora ha causato oltre 300 vittime e più di
14mila contagi. Primo morto al di fuori della Cina proprio in queste ore
nelle Filippine.
Un’epidemia senza precedenti. Peggiore della
Sars per diffusione e percentuale di contagi. Il caso Coronavirus
scoppiato a Wuhan in Cina ha alimentato che si diffondessero presto nel
mondo panico, psicosi e boom di mascherine.
Contemporaneamente è
caccia a ogni essere umano che abbia vagamente gli occhi a mandorla,
tenuto preventivamente alla larga perché feccia del mondo da cui
provengono tutte le epidemie.
Casi di contagio che spuntano come
funghi un po’ ovunque nel mondo, anche in Italia. Da dove però domenica 2
febbraio 2020 – giorno palindromo – giungono finalmente notizie
rassicuranti in coincidenza del rientro degli italiani bloccati in una
Wuhan sotto quarantena: l’ospedale specialistico Spallanzani dichiara
che il virus è stato isolato (sempre su TPI.it abbiamo spiegato cosa
vuol dire).
A compiere il miracolo due donne: Francesca Colavita e
Concetta Castilletti. Ricercatrici. Scienziate. Del Sud. Subito
soprannominate Angeli della Ricerca e definite orgoglio dell’Università
italiana.
Ma nelle stesse ore in cui due donne compivano un passo
importante nella lotta al virus riempiendoci di orgoglio e finendo
sulle prime pagine di tutto il mondo, in Italia, contemporaneamente,
avveniva anche l’esatto opposto: il corpo femminile fatto carne da
macello, ancora donne barbaramente uccise in un’ennesima serie di
femminicidi. Quattro in 12 ore.
È la denigrazione della donna
ritenuta inferiore, l’abbrutimento dell’uomo e la disgregazione della
civiltà come barlume di speranza per la parità di genere. Il problema è
culturale in entrambi i casi: il successo delle donne che isolano il
virus e la barbarie delle donne uccise con violenza.
Culturale
perché se non capiamo che dobbiamo investire nella Ricerca e nella
formazione non andremo mai da nessuna parte, e in tal senso il neo
ministro dell’Università Gaetano Manfredi dovrebbe dare un segnale
importante.
Abbiamo migliaia di dottorandi pagati troppo poco e
abbandonati a se stessi. Che non ci interessa più cosa studino e che
cosa ricerchino; basta che siano parcheggiati da qualche parte. E
intanto però invecchiano oppure fuggono altrove, lì dove sono
considerate risorse, mentre da noi carta straccia.
Invece
dobbiamo ricordarci che proprio oggi due ricercatrici hanno fatto la
differenza. Ci hanno “salvato”. Anziché pensare allo zero virgola
dell’Europa dovremmo investire molto di più su Ricerca e Sviluppo, e
rimettere al centro i 30enni che svolgono Ricerca per il bene di tutti
noi.
Il problema è anche culturale per quel che riguarda i
femminicidi: fin quando circoscriveremo il problema della violenza sulle
donne a un pur sempre limitato numero di uomini che “sono l’eccezione”
non risolveremo mai il tema di fondo, che è insito nella testa e nella
formazione di ciascun ‘maschio’, la cui percezione di una ’femmina’ è
strutturalmente di essere inferiore.
Liberiamoci da questi schemi
e portiamo avanti il progresso: sì alla parità dei sessi, di nome e di
fatto, non con le quote rosa ma in un’uguaglianza reale e formale, da
sempre, sin da scuola, dalla educazione dei bambini; e torniamo a
credere nello sviluppo della Ricerca e nella formazione: non farlo
potrebbe significare dovercene pentire amaramente in futuro. E oggi non
avremmo Francesca e Concetta.
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