martedì 17 novembre 2015

Anno 1944 - i lavori della Todt a San Pietro

Il 10 giugno del 1940 l'Italia fascista, guidata dal duce Benito Mussolini, entrava in guerra al fianco della Germania nazista, condotta dal Furher Adolfo Hitler.
Gli effetti disastrosi di questo atto scellerato si fecero subito sentire in un paese come il nostro, già provato da anni di crisi economica.
Lo spopolamento, causato dal reclutamento dei giovani dai venti ai trentacinque anni, le restrizioni alimentari con le tessere annonarie, l'aumento dei prezzi, e l'arrivo della notizia del primo soldato deceduto in Albania, ne furono le prime funeste conseguenze.
Le grandissime difficoltà di sopravvivere, perdurarono fino all'8 settembre del 1943, quando un barlume di speranza di pace giunse con le dimissioni di Mussolini e la firma dell'armistizio con gli U.S.A. e i suoi Alleati. Immensa delusione!!!
La guerra continuò come prima, anzi, peggio di prima!
L'esercito tedesco sentendosi tradito, piombò sulla Penisola facendo prigionieri i nostri soldati caduti nelle sue mani e deportandoli nei campi di internamento in Germania e se ciò non bastasse, saccheggiando palazzi e musei e distruggendo tutto nel suo passaggio, seguendo le orme dei suoi antenati: i Vandali.
Molti dei nostri padri o fratelli soldati, nel caos più totale, riuscirono dopo centinaia e centinaia di chilometri di marcia, sporchi, affamati e denutriti, a ritornare al loro paese. Altri, nella impossibilità di arrivare alle loro case, si rifugiarono nelle montagne, per sfuggire al nemico tedesco e lì incominciarono una nuova battaglia: la lotta partigiana. 
Essa consisteva nel guastare il più possibile il buon funzionamento della guerra all'ex-alleato, con attentati, assalti a depositi e guerriglia.
Se per le famiglie, il ritorno a casa di questi soldati fu un grande momento di gioia, si rivelò un grande peso e una grande incognita. Come nutrirli?
Per vivere bisogna mangiare, solo che le case, per mancanza di mano d'opera lavorativa, avevano le càneve e i granari vuoti.
Le tessere annonarie non erano sufficienti per vivere neppure per coloro che ne avevano il diritto.
I soldati che avevano abbandonato l'esercito italiano, essendo dichiarati disertori, erano obbligati a vivere come clandestini. Esseri inesistenti, senza alcun diritto.
Ed allora ecco che le donne e qualche anziano, partivano con mezzi di fortuna o in bicicletta, quei pochi che ne possedevano una, direzione le Basse (la pianura) in cerca di qualche chilo di farina bianca o gialla per fare la polenta, o con el caretélo sù dai Slàpari per qualche quintale di patate, o su dai Toi per qualche testa di capùsso.
Arrivò l'anno 1944.
Dopo le quattro battaglie di Montecassino (gennaio-maggio 1944) gli americani e i loro alleati, composti da decine di nazionalità, pur con elevatissime perdite di vite umane, riuscirono a sfondare la famosa linea di guerra GUSTAV, difesa dai tedeschi, che sotto ROMA, tagliava l'Italia in due.
Ecco arrivare allora nella nostra valle la Famosa T.O.T.D. 
Una efficace organizzazione di costruzione di opere di difesa, fondata dall'ingegnere tedesco Fritz Todt. Il suo successore il Reichsminister fur Restung Albert Speer, decide di realizzare una nuova linea difensiva: la Alpenfestung che, partendo dalla Svizzera, doveva arrivare fino a Trieste, passando per le prealpi venete e quindi dalle nostre parti. 

Per eseguire le opere, avevano bisogno di molta manodopera. 
Nella nostra valle certo non mancava. Reclutarono così TUTTE le persone adatte al lavoro, dai quattordici anni in sù, uomini e donne.
Se queste opere avessero veramente servito, visti i risultati del passaggio dei due eserciti nella città di Montecassino e della sua Abbazia di cui non restò pietra sopra pietra e provocò l'eliminazione della sua popolazione... della nostra valle non sarebbe rimasto neanche più la polvere.
Per fortuna non servirono!
Non si erano posta la domanda se era bene o male, tutti gli ex soldati disertori che arruolandosi come lavoratori volontari, con la carta di O.T., potevano circolare liberamente e vivere una vita normale.
Il posto di lavoro fu per le famiglie una fonte di ricchezza, perché anche se modeste, due o tre paghette e qualche pacco dono a fine mese arrivavano. 
Moltissimi abitanti delle Valli riuscirono a liberarsi dei debiti accumulati negli anni difficili, sui vari librìti che giacevano impagati nelle piccole botteghe del paese. 
 
 
Che cosa resta di tangibile a San Pietro di quasi un anno di lavori di questa guerra 1940-1945?


A mia conoscenza resta: qualche traccia di postazioni di artiglieria nei vari speroni della montagna sopra la contrada Lucca e penso altrove ed inoltre sei ricoveri (gallerie): 
Il primo si trova lungo la strada della Singéla alla svolta de Menonce; il secondo al Cargaore, sopra il salto del pozzo. 
Questo ricovero, in ottimo stato, ha un'entrata (con porta) di due metri di altezza per uno di larghezza, penetra nelle viscere della montagna con una galleria di una decina di metri di lunghezza, nel suo centro si trovano due vuoti (camere) di varie dimensioni e fuori esce a circa una decina di metri di distanza dell'entrata.
Servì, qualche tempo fa, come luogo di stagionatura del formaggio caprino.
Al suo interno si scorgono ancora: il castello che portava gli scaffali, i fili della corrente elettrica, alimentata da panello solare, con ancora le lampadine appese e suppellettili vari. 
Il terzo ricovero si trova a cinquanta metri dalle case del Cucco, ed il quarto alla Botte.
Il quinto si trova sul sentiero che conduce ai Valeri, a cento metri dalla prima casa, con entrata a livello della strada e con uscita, dopo un dedalo di stanze e stanzette... sotto la strada.
Il sesto é perpendicolare all'abitato, centocinquanta metri sotto. E' il più vasto: al suo interno, tre stanze di quattro metri per tre; 
il più lungo, una quarantina di metri, ed il meglio conservato. 
Tutto nascosto nel cuore della montagna. 
Ai tempi in cui i la contra' Lucca era più popolata da tanti giovincelli(e), quale luogo migliore e nascosto potevano trovare per studiare, de visu, l'anatomia del corpo umano?
Un altro ricovero l'ho visto sopra le case dei Fozati vicino alla presa d'acqua. Altre opere probabilmente esisteranno nel paese.
La più spettacolare si trovava nella brutta curva del Maso, verso i Sella. Era un muro spesso di cemento armato di una decina di metri di lunghezza, costruito sopra la strada, con a fianco un altro muro mobile, che i tedeschi in ritirata, lasciarono calare sbarrandone così il passaggio. 
Fu distrutto dalla dinamite, subito dopo guerra, per recuperare il ferro.
Lino Bonifaci



3 commenti:

  1. Proprio così, caro Lino, nonostante tutto quella organizzazione d'occupazione fu un toccasana per molte situazioni e anche per la mia famiglia. Io che sono un po' più piazzarotto di te ricordo anche le opere fatte sotto al campetto e lungo la strada nuova. A volte anche i lavori inutili aiutano a superare situazioni critiche, hai fatto bene a ricordarlo.

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  2. Sempre interessante quello che lei racconta signor Lino perchè non scrive più di spesso? Chissà quante cose interessanti sarebbe bello sapere di san Piero che lei sa e noi non sapiamo. Grazie e saluti.

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  3. Mi hanno sempre incuriosita le gallerie citate nel documento di Lino e qualche volta nei bei tempi che furono mi sono anche azzardata nel tentare di entrarci ma allora erano piene di sterpaglie e siccome tra l'altro non amo particolarmente i luoghi chiusi e i sotterranei ho abbandonato in fretta l'idea di esplorarle. Da come vengono descritte si potrebbe pensare di adibirle con modica spesa a piccolo museo della Flora e Fauna della Zona con percorso naturalistico da terminare al meraviglioso Gorgo adibito a fresco bivacco per picnic estivi all'aperto. Floriana

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