“Praticare le proiezioni fuori dal corpo è uno dei modi più sicuri di perdere la paura della morte” ci risponde. “ Infatti la proiezione è in se stessa una specie di morte provvisoria.
Se il soggetto prende coscienza di essere fuori dal proprio corpo
fisico, vive coscientemente una specie di morte e si rende conto che
questa esperienza non ha nulla di spaventoso. Ho notato che le persone
che hanno una certa familiarità con le proiezioni parlano spesso della
morte, al contrario della maggioranza della gente che fa di tutto per
evitare questo tema. Devo aggiungere che personalmente credo nella reincarnazione e penso che capire di stare compiendo un processo evolutivo di cui una vita e una morte non sono altro che tappe aiuta a superare la paura di morire.”
Quindi è solo la paura dell’ignoto che genera il tabù della morte?
Oltre al terrore dell’ignoto, tra le cause principali per cui la maggior
parte delle persone ha paura della morte e tende a rimuovere il
pensiero di dover morire un giorno ci sono gli attaccamenti. Gli
attaccamenti sono ciò che ci lega a questa vita. In particolare siamo
attaccati ai nostri cari e di conseguenza temiamo di perderli. Abbiamo
paura della morte perché la morte ci separa da tutti coloro che abbiamo
amato. Un altro lavoro importante per prepararsi alla morte, oltre alla
pratica delle proiezioni fuori dal corpo, consiste nel vincere gli
attaccamenti.
Dobbiamo staccarci affettivamente dai nostri cari?
Certo che no. È giusto voler bene ai propri familiari, ma il fatto di
sapere di aver già vissuto varie vite e di aver avuto molti padri, molte
madri, molti fratelli, molti mariti o mogli ai quali siamo stati legati
esattamente come oggi lo siamo ai nostri cari ci può aiutare a vedere
tutto nelle giuste proporzioni. Se ci rendiamo conto che oggi alcuni di
questi esseri sono in questa dimensione come noi, mentre altri si
trovano in dimensioni extrafisiche. Se scopriamo che abbiamo amato tutti
questi esseri come oggi amiamo i nostri familiari attuali, allora
perdiamo l’attaccamento morboso alla nostra famiglia.
Lei fa parte di un gruppo di studio sulla morte fondato dall’IAC. Potrebbe parlarcene?
Volentieri. Si tratta di un gruppo che viene chiamato “invisibile” in
quanto non ha una sede fisica. Ci incontriamo settimanalmente online per
discutere del tema della morte. Annualmente avviene un incontro
effettivo durante il quale affrontiamo temi specifici quali un video, o
un libro. In queste occasioni organizziamo attività aperte al pubblico,
sempre legate al tema della morte.
Questo gruppo è aperto a tutti?
Sì a tutti, a condizione di essere accettati dai coordinatori. Abbiamo persone di vari paesi e usiamo varie lingue.
Avete progetti per il futuro?
In effetti sì. Vorremmo dialogare con persone e organizzazioni fuori
dalla IAC. Il nostro progetto ha un nome: Vita sana, morte felice. Per
vita sana non intendiamo tanto la salute fisica quanto quella psichica.
Spesso le persone che hanno una malattia cronica grave si preoccupano
solo di guarire fisicamente, ma non pensano alla propria salute
coscienziale che potrebbe aiutarle a passare in modo felice in altre
dimensioni. Un’altra proposta è lavorare con pazienti terminali e con i
loro famigliari. Nel gruppo abbiamo una psicologa specializzata nel tema
dell’elaborazione del lutto che potrebbe aiutare le famiglie a vivere
il dolore della perdita. È importante non rimuovere il lutto, ma vivere
il dolore in modo sano e positivo.
Vi interessate anche di culture antiche o tradizionali dove il
concetto di morte è radicalmente diverso dal nostro e dove la vita dopo
la morte non viene messa in dubbio?
Personalmente sono convinta che tutti noi siamo già passati da queste antiche credenze. Nell’esistenza presente dobbiamo preparare le nostre vite future.
Se, grazie alle tecniche di proiezione, riusciamo a conservare una
certa lucidità durante il processo di morte, potremo affrontare meglio
il periodo tra le vite e preparare le nostre prossime incarnazioni.
Anche l’IAC ha una tecnica chiamata retrocognizione che permette di
raccogliere informazioni da vite passate, forse vissute proprio nei
popoli e nelle civiltà cui faceva allusione. Tuttavia, se come credo
stiamo compiendo un processo evolutivo, allora sappiamo che ciò che
siamo oggi è meglio di ciò che siamo stati nelle vite precedenti. Perciò
credo sia molto importante guardare avanti anziché legarci al passato e
usare al meglio ciò che siamo stati in questa vita.
La meditazione può aiutare a prepararci alla morte?
La meditazione si può paragonare alla proiezione. Se l’interessato ha un
buon livello di evoluzione si troverà a livelli extrafisici elevati. Ma
se al contrario ha molte immaturità, troverà livelli corrispondenti. È
vero che durante queste esperienze possiamo incontrare delle entità più evolute
che ci aiutano. Io stessa durante l’esperienza di premorte ho
incontrato un’entità molto più evoluta di me. Ho sentito la sua grande
serenità, la pace che emanava. Ma questi incontri non fanno evolvere
automaticamente. Semmai servono a capire che dobbiamo lavorare su noi stessi per
arrivare a un livello migliore. Non credo che il solo fatto di meditare
ci aiuti nell’evoluzione. Credo molto più nel lavoro concreto nella
vita di tutti i giorni. Quando medito posso effettivamente toccare un
livello più alto, ma se ciò non viene unito alla pratica, rimane molto
teorico. Non bisogna dimenticare che la vita spesso ci confronta con
molte immaturità, molta violenza e che tutto ciò mette alla prova il
nostro livello evolutivo.
Che la fantasia e l'ignoranza di certi esseri umani sia senza limiti?
RispondiEliminaE che i ciarlatani se la ridano?.
Il momento dopo esser morti abbiam dimenticato di aver vissuto.
Disse
EliminaPoi scrisse
Sulla tomba di Lapalisse
"Era vivo prima che morisse"
08.17 una rispettabilissima opinione la tua, al pari però di centomila altre.
RispondiElimina