Oggi siamo sempre più abituati ad una viabilità principale che si snodi prevalentemente sul fondovalle, ma qualche
secolo addietro non era così.
Non esistevano in zona ponti carrozzabili che attraversassero l'Astico e la stessa Strada Cavallara, con la sua naturale prosecuzione verso nord, la Strada Imperiale di Maria Teresa, risalgono solo al XVIII° secolo.
Non esistevano in zona ponti carrozzabili che attraversassero l'Astico e la stessa Strada Cavallara, con la sua naturale prosecuzione verso nord, la Strada Imperiale di Maria Teresa, risalgono solo al XVIII° secolo.
Prima d’allora la Campagna
era il primo abitato dei domini dello Stato Veneto che incontrava chi scendeva la valle da nord e
l’ultimo che lasciava chi la risaliva.
Le vie di comunicazione si tenevano prudentemente alte sul torrente per evitarne le devastanti piene, che hanno interessato il territorio anche in epoche recenti.
Le vie di comunicazione si tenevano prudentemente alte sul torrente per evitarne le devastanti piene, che hanno interessato il territorio anche in epoche recenti.
Oggi vediamo questa contra’
come naturale porta del paese e saldata al suo centro senza soluzione di
continuità dalla Via Regina Margherita. Come abbiamo spesso constatato in altre
schede, questa è però una configurazione piuttosto recente risalente al
secolo scorso.
La vecchia via maestra fu invece quella delle Fontanelle, che
attraversava i Chéca, superava le rive del tratto terminale della Val del
Chéstele, allora del tutto priva di abitazioni, entrava in Campagna e lì si biforcava:
il tratto principale proseguiva diritto per Casotto e la Montagna, mentre un
altro scendeva ai prati rivieraschi dove c’erano il mulino e la segheria consortile
e dove poi sorse la contra’ dei Cerati.
La Campagna è una contra’ duale, divisa appunto a metà da questo incrocio
ed evidentemente costituita originariamente da due distinte corti, che in seguito crebbero a quattro.
Sull’antico crocicchio c’era probabilmente uno slargo con la fontana, dominato dall’arrotondato profilo a fortino della Rotonda (mapp. n. 2095) che presidiava l’accesso alla strettoia della strada che proseguiva a monte.
Sull’antico crocicchio c’era probabilmente uno slargo con la fontana, dominato dall’arrotondato profilo a fortino della Rotonda (mapp. n. 2095) che presidiava l’accesso alla strettoia della strada che proseguiva a monte.
Non è dato a sapere se anche allora ci fosse
il grande frassino che ora la orna, ormai languente per le sconsiderate moderne potature, e sotto il quale
si tenevano le adunanze degli uomini; fattostà
che la Campagna dovette costituire per molto tempo un importante snodo
strategico delle vie di comunicazione in valle.
Anche questa è una contrada antica, probabilmente risalente al XVI° secolo; lo si evince dalla tipologia degli edifici più antichi, con murature a contrafforte e aperture ridotte, prevalentemente rivolte verso l’interno della corte.
Anche questa è una contrada antica, probabilmente risalente al XVI° secolo; lo si evince dalla tipologia degli edifici più antichi, con murature a contrafforte e aperture ridotte, prevalentemente rivolte verso l’interno della corte.
Vediamo ora com’era strutturata la contra’ attorno al 1834 e quali famiglie l’abitassero a quel tempo:
- 2087 (G31) Gianesini Giovanni fu Antonio: Casa colonica con porzione della corte al n. 2093
- 2088 (G26) Gianesini Francesco di Giovanni: Portico e forno con porzione della corte al n. 2093
- 2091 (C26) Cerato Lorenzo fu Bartolomeo: Casa colonica con porzione della corte al n. 2093
- 2092 (C19) Cerato Bernardo fu Bartolomeo: Casa colonica con porzione della corte al n. 2093
- 2093 – Corte unita ai n. 2091, 2092, 4421, 4422, 2088, 5171 e 5172
- 2095 (G38) Gianesini Marianna fu Giovanni: Stalla e fienile con porzione della corte n. 2101
- 2096 (G28) Gianesini Francesco fu Giovanni Battista, detto Garbato: Casa colonica
- 2097 (F4) Fabbriceria della Parrocchia di San Pietro Valdastico: Casa colonica
- 2098 (G38) Gianesini Marianna fu Giovanni: Casa colonica con porzione della corte al n. 3422
- 2099 (S13) Sartori Giovanni Battista, Antonio, Giuseppe e Lodovico fratelli fu Giovanni: Casa colonica
- 2100 (S5) Sartori Cristiano fu Giovanni Battista: Casa colonica con porzione della corte al n. 3422
- 2101 – Corte unita ai n. 2095, 2097 e 4425
- 3422 – Corte unita ai n. 2098, 2100, 4426 e 4428
- 3363 (G22) Gianesini Antonio fu Simone: Corte con stalla e fienile costruita a nuovo con porzione dell’accesso al n. 3371
- 3371 – Accesso unito ai n. 3363, 4291, 4427.
- 3476 (G29) Gianesini Francesco, Bartolomeo e Giovanni Battista fratelli, di Giovanni: Corte
- 4291 (G37) Gianesini Giovanni Maria fu Giovanni Battista: Casa colonica con porzione dell’accesso al n. 3371.
- 4421 (G26) Gianesini Francesco di Giovanni : Casa colonica che si estende sopra parte del n. 2087 con porzione della corte al n. 2093
- 4422 (G24) Gianesini Bartolomeo di Giovanni: Casa colonica con porzione della corte al n. 2193
- 4425 (S46) Slaviero Giovanni Maria fu Domenico: Casa colonica con porzione della corte al n. 2161
- 4426 (S11) Sartori Giovanni Battista fu Domenico, pupillo in tutela di Sartori Cristiano suo zio: Casa colonica con porzione della corte al n. 3422
- 4427 (G36) Gianesini Giovanni Battista fu Giovanni Battista, detto Garbato: Casa colonica con porzione dell’accesso al n. 3371
- 4428 (G22) Gianesini Antonio fu Simone: Casa colonica con porzione della corte al n. 3422
- 5171 (G26) Gianesini Francesco di Giovanni: Stalla e fienile con porzione della corte al n. 2193
- 5172 (G34) Gianesini Giovanni Battista di Giovanni: Stalla e fienile con porzione della corte al n. 2193
Di seguito le proprietà agricole attorno alla contra', contrassegnate con la sigla del proprietario già individuato per le abitazioni:
- 1274 (C19) Prato anacquatorio
- 1601 (G37) Arativo vitato
- 1604 (S13) Prato
- 1874 (C26) Prato
- 2089 (G34) Orto
- 2090 (C26) Orto
- 2102 (G31) Prato
- 2103 (G38) Prato
- 2104 (G31) Prato
- 2105 (G38) Prato
- 2106 G38 Orto
- 2107 (S13) Orto
- 2108 (S13) Prato
- 2109 (S13) Arativo vitato
- 2121 (G31) Arativo vitato
- 4290 (G26) Arativo in piano
- 4419 (G26) Prato
- 4423 (G26) Corte
- 4424 (G24) Orto
- 4429 (G32) Arativo vitato
- 5143 (G36) Arativo vitato
- 5144 (G28) Arativo vitato
Per quanto strano possa
apparire oggi, dato che la presenza in paese di questo cognome si è ormai rarefatta,
la Campagna era la corte familiare dei Gianesini al pari e forse più dei Chéca.
All’epoca dei nostri documenti, ovvero nella prima metà del 1800, constatiamo infatti che i Gianesini costituiscono il 65% degli abitanti e più di un terzo dei proprietari di tutti i fondi agricoli distribuiti fra il centro del paese e i Pèrtile. Considerato anche che le altre famiglie insediate in contra’ nello stesso periodo, ovvero i Sartori, i Cerato e gli Slaviero sono immigrazioni foranee (non presenti nei primi elenchi di famiglie originarie di San Pietro del XVI° secolo), si può ragionevole ritenere che furono i Gianesini a fondare la contra’.
All’epoca dei nostri documenti, ovvero nella prima metà del 1800, constatiamo infatti che i Gianesini costituiscono il 65% degli abitanti e più di un terzo dei proprietari di tutti i fondi agricoli distribuiti fra il centro del paese e i Pèrtile. Considerato anche che le altre famiglie insediate in contra’ nello stesso periodo, ovvero i Sartori, i Cerato e gli Slaviero sono immigrazioni foranee (non presenti nei primi elenchi di famiglie originarie di San Pietro del XVI° secolo), si può ragionevole ritenere che furono i Gianesini a fondare la contra’.
*** Per non appesantire la lettura e per chi fosse interessato all'argomento rimandiamo in calce a questo Post all'appendice specifica sulle famiglie che abitarono la contra’ Campagna all’epoca delle
nostre mappe catastali.
Dalla seconda metà dell’ottocento
in poi, la contra’ fu interessata da alcuni importanti interventi di modernizzazione
viaria: nel 1855 con la costruzione della nuova arteria che univa la piazza del paese ai Cerati e che sostituì quella
antica del Molino, nel 1892 con il nuovo tracciato della strada dei Lucca e
infine nel 1954 con la Pontara nuova, nella cui costruzione perse purtroppo la vita il giovane paesano Ezio Gianesini.
In seguito alle
trasformazioni di fine ottocento ed alla ricostruzione post
bellica, la contra’ si sviluppò anche dal punto di vista urbanistico nelle due
direzioni lungo l’asse viario di Via Regina Margherita-Via Cav. Paolo Sartori e
si dotò di servizi, osterie, negozi e da ultimo anche di uno sportello
bancario nel posto un tempo presidiato da una grande fontana che riceveva l'ottima acqua della Torra.
Numerose nuove famiglie si insediarono quindi nella contra', che diventò un tutt'uno con il paese perdendo l'antica connotazione di corte familiare. A testimoniare il passato resistevano la strettoia di Via delle Alpi e quella che immette nella corte bassa. La prima venne rimossa con il temerario abbattimento del capitello e della casa dei Sartori Costante alla fine degli anni '70, mentre la corte bassa è rimasta pressoché nel suo pristino stato con il suo bel portico di accesso posteriore sormontato da un ballatoio.
Numerose nuove famiglie si insediarono quindi nella contra', che diventò un tutt'uno con il paese perdendo l'antica connotazione di corte familiare. A testimoniare il passato resistevano la strettoia di Via delle Alpi e quella che immette nella corte bassa. La prima venne rimossa con il temerario abbattimento del capitello e della casa dei Sartori Costante alla fine degli anni '70, mentre la corte bassa è rimasta pressoché nel suo pristino stato con il suo bel portico di accesso posteriore sormontato da un ballatoio.
Gianni Spagnolo
VIII-MMXV
*** Appendice:
Le Famiglie della Campagna
- I GIANESINI
Sono 5 i ceppi familiari dei
Gianesini presenti in contra’, dei quali due con soprannome Garbato, evidentemente
per differenziarsi dai ricorrenti patronimici di Francesco e Giovanni Battista,
comuni anche con i Gianesini dei Chéca. Da alcuni indizi sarei propenso a ritenere che
anche Campagna fosse in antico un soprannome dei Gianesini e con ciò avvalorare
la prassi che vede sempre le contra’ prendere il nome dalla famiglia
originaria.
Durante la visita
pastorale del Vescovo di Padova Card. Rezzonico del 1744, sono presenti in
paese ben 2 sacerdoti Gianesini: Gerardo
e Francesco. (*** Riporto qui in calce un estratto del verbale delle
raccomandazioni impartite allora dal Vescovo Rezzonico - futuro Papa Clemente XIII° - ai preti del
vicariato di Rotzo, che ci offre un’interessante spaccato della vita, religiosa
e non, del tempo).
In seguito sarà parroco di San Pietro anche un altro, Don Bartolomeo dei Gianesini detti Marioto, che nel 1790 costruì la penultima chiesa. Questi fu una figura un po’ atipica ma assai energica di curato del quale si racconta che in stagione, dopo la messa domenicale, usasse recarsi montagna con i buoi a menàr le bore, per procurare sostentamento ai nipoti rimasti orfani.
In seguito sarà parroco di San Pietro anche un altro, Don Bartolomeo dei Gianesini detti Marioto, che nel 1790 costruì la penultima chiesa. Questi fu una figura un po’ atipica ma assai energica di curato del quale si racconta che in stagione, dopo la messa domenicale, usasse recarsi montagna con i buoi a menàr le bore, per procurare sostentamento ai nipoti rimasti orfani.
Il cognome Gianesini è
documentato a San Pietro fin dalla metà del 1400, nella forma: di Janesini o de Janechini
e fu un tempo il più diffuso in paese. Deriva dal patronimico Giovanni nella versione
di Janese, diffusa in zona nel basso medioevo come forma contratta di Johannes,
che nel tedesco rimase invariata dal latino e non subì la trasformazione in
Zuane, Zane, Zanon, Zanin, Zanetti, ecc. tipica dell’area veneta.
Una tradizione farebbe
provenire i Gianesini da Gallio in epoca imprecisata. Effettivamente questo
comune dell’Altopiano è l’unico, insieme al nostro, ad annoverare storicamente
questo cognome e la circostanza può essere verosimile. Gallio fu famosa dal XV° secolo per i suoi
conciapelle, Ghèrbar in cimbro, a cui potrebbe rimandare il vecchio soprannome Garbato,
arrivato fino a noi col suffisso veneto. Anche il loro nome tradizionale
di Bartolomeo, condurrebbe a Gallio di cui è il santo patrono. In assenza di verifiche
documentali dobbiamo però contenerci nel campo delle congetture.
Le sorti delle famiglie
Gianesini costituiscono un po’ uno enigma nella storia paesana.
Vien da chiedersi cosa mai avesse portato questo cognome, un tempo ben radicato in paese e maggioritario in almeno due contra’, a regredire così drasticamente nel corso del XIX° secolo.
Vien da chiedersi cosa mai avesse portato questo cognome, un tempo ben radicato in paese e maggioritario in almeno due contra’, a regredire così drasticamente nel corso del XIX° secolo.
Non lo sappiamo; possiamo
però formulare delle ipotesi. La causa potrebbe risalire alle virulente epidemie di
tifo e colera che esplosero in Valle a cavallo della metà di quel secolo e che abbiano colpito con maggiore virulenza le famiglie che abitavano in contra’ Campagna
piuttosto che in altri luoghi. La chiave del mistero potrebbe essere forse
l’acqua.
Questa contra’ non beneficia infatti di sorgenti proprie e l’approvvigionamento idrico potrebbe essere stato derivato dalle Fontanelle sotto alle Giare tramite una roggia sopra i prati che allora la separavano dal paese, per percolazione, oppure attinto da vene superficiali a valle dei Chéca. In tempi di fognature a dispersione questo potrebbe essersi rivelato un fattore critico per la diffusione del contagio di quel tipo di patologie, specie fra i bambini, con conseguenze disastrose per quelle famiglie. Forse non è un caso che proprio qui in Campagna sia stato eretto il più grande capitello votivo per il colera del 1855.
Questa contra’ non beneficia infatti di sorgenti proprie e l’approvvigionamento idrico potrebbe essere stato derivato dalle Fontanelle sotto alle Giare tramite una roggia sopra i prati che allora la separavano dal paese, per percolazione, oppure attinto da vene superficiali a valle dei Chéca. In tempi di fognature a dispersione questo potrebbe essersi rivelato un fattore critico per la diffusione del contagio di quel tipo di patologie, specie fra i bambini, con conseguenze disastrose per quelle famiglie. Forse non è un caso che proprio qui in Campagna sia stato eretto il più grande capitello votivo per il colera del 1855.
- I SARTORI
Come ventilato per i
Gianesini, anche i Sartori di contra’ Campagna provengono da Gallio, ma questa volta in maniera certa e documentata.
In un atto del 1754 redatto dal notaio
sampierese Antonio Toldo, sono infatti citati: Battista e Gio. Maria, figli di Zuane Sartori
oriondo de Galio et hora abitante in San Pietro …
Questi Sartori sono detti Munari
in quanto proprietari del grande mulino con pila da orzo situato nei prati
dell’Astico di fronte al Maso e di cui abbiamo già trattato nella scheda dei
Cerati. Questa famiglia si accasò ai margini superiori della contra’ nella quarta
e più vasta corte nella grande casa al n. 2099.
Il cognome Sartori è molto
comune e presente in zona da secoli; a
San Pietro lo è però con ceppi di varia provenienza. Oltre ai Munari da
Gallio di cui abbiamo detto, nella stessa epoca troviamo infatti anche i
Menegante arrivati da Valpegara e altri probabilmente oriundi da Casotto.
Gli storici fanno risalire
l’origine di questo cognome all’insediamento a Roana di un Sartori proveniente
da Firenze e ivi infeudatovi nel 1295 dal neonominato Vescovo di Vicenza Mozzi, ma la capillare diffusione del cognome in regione ne farebbe supporre l'origine da più ceppi distinti.
- I CERATO
Anche dei Cerato, Lorenzo
e Bartolomeo (soprannominati probabilmente Tajara), che abitano le case della corte bassa della Campagna ai n. 2091 e
2092 abbiamo scritto nella storia di contra’ Cerati. Questa famiglia si stabilì
in paese nel 1760 provenendo dai Forni e all’epoca della nostra ricognizione
risultano proprietari anche di quasi tutta la riva a valle della Pontara, oltre
che dell’originaria abitazione paterna accanto
alla segheria (assieme alla sorella Domenica) e di altri vasti appezzamenti nella zona dell'attuale campo sportivo, detti appunto "Pra' de Tajara". La loro casa, per posizione, dimensioni
e finiture pare l’unica della contra’, insieme a quella dei Sartori al n.
2099 ad avere un’impronta di casa padronale e denotare una certa agiatezza dei
proprietari. Sulla chiave di volta del
portone è incisa la scritta LCT 1610 (Lucia Cerato Tajara 1610) . La data non coincide tuttavia con la presenza dei Cerato in paese, che pare sia di molto posteriore; dunque potrebbe darsi che le pietre dell'arco provenissero da altra costruzione e che forse questa famiglia ristrutturò un preesistente complesso.
Da un atto di dote del 1690 si evince che una certa Lucia Cerato Tajara ricevette in dote una casa a San Pietro. A questo punto verrebbe da pensare che probabilmente i Cerato di Forni (o della Breióla) avessero delle proprietà in paese che non godevano direttamente ma davano a livello e che solo in epoca più tarda abitarono in proprio.
Abbiamo già visto in altre schede come i Cerato dai Forni fossero la famiglia più distinta in Valle e godesse di antichi privilegi feudali sullo sfruttamento delle acque dell’Astico. I Sampieresi tentarono più volte d’insidiare questo beneficio entrando in lite con loro: successe nel ‘500 con la miniera d’oro, nel ‘600 con la roggia della segheria e sicuramente in altre circostanze di cui non abbiamo più memoria. Ciò fa pensare che l’insediamento dei Cerato in Campagna e ai Cerati stessi, obbedisse ad una strategia di stabile presidio del territorio e dei loro interessi. I loro insediamenti della Breióla e dei Cerati/Campagna piantonavano di fatto gli accessi carreggiabili all’Astico e ne controllavano così l’uso delle acque. Almeno sino a quando, con la caduta della Serenissima nel 1797, non venne meno l’antico ordine.
Da un atto di dote del 1690 si evince che una certa Lucia Cerato Tajara ricevette in dote una casa a San Pietro. A questo punto verrebbe da pensare che probabilmente i Cerato di Forni (o della Breióla) avessero delle proprietà in paese che non godevano direttamente ma davano a livello e che solo in epoca più tarda abitarono in proprio.
Abbiamo già visto in altre schede come i Cerato dai Forni fossero la famiglia più distinta in Valle e godesse di antichi privilegi feudali sullo sfruttamento delle acque dell’Astico. I Sampieresi tentarono più volte d’insidiare questo beneficio entrando in lite con loro: successe nel ‘500 con la miniera d’oro, nel ‘600 con la roggia della segheria e sicuramente in altre circostanze di cui non abbiamo più memoria. Ciò fa pensare che l’insediamento dei Cerato in Campagna e ai Cerati stessi, obbedisse ad una strategia di stabile presidio del territorio e dei loro interessi. I loro insediamenti della Breióla e dei Cerati/Campagna piantonavano di fatto gli accessi carreggiabili all’Astico e ne controllavano così l’uso delle acque. Almeno sino a quando, con la caduta della Serenissima nel 1797, non venne meno l’antico ordine.
1744 - Dal Verbale della visita pastorale del Vescovo di Padova
Domenica 21 giugno 1744 il Card.
Carlo Rezzonico convocò a Rotzo tutti
i 12 sacerdoti della vicarìa. Quanto ci tenesse all’incontro lo dichiarò
all'inizio dell'assemblea, quando manifestò che lo scopo della visita era
quello di conoscerli, di venire a contatto con loro per ringraziarli per quanto
di meritevole avevano fatto, per confermarli nelle loro buone opere, per
correggerli nel Signore per quelle che egli giudicava errate. A questo scopo
desiderava vederli faccia a faccia e parlare a quattrocchi con ognuno. Volle
incontrare per primo don Stefano
Dalla Costa, parroco di San Pietro in Val d’Astico e vicario foraneo di Rotzo.
L'incontro tra i due si ridusse a una vera e propria paternale. Il Rezzonico lo
rimproverò per non aver saputo e voluto vigilare attentamente sui comportamenti
dei co-parroci e degli altri sacerdoti residenti nella vicaria e, senza alcun
rispetto alla carne e al sangue, di non essere intervenuto efficacemente sui
loro difetti. Lo accusò di non averne informato come doveva la Curia perché a
causa della sua eccessiva indulgenza non nascessero cattivi germogli.
Nonostante gli avesse raccomandato la diligenza nell'insegnare la Dottrina
Cristiana e nell'esercitare la cura della anime, non mancò nemmeno dal
rimproverarlo per la sua negligenza dimostrata nel culto e nella conservazione
delle suppellettili sacre. Onerò la sua coscienza nell'osservare e
nell'obbedire a tutti i decreti emanati durante la visita, specialmente quelli
relativi alla confessione sacramentale dei sacerdoti. La frequente espiazione
dell'animo era una pratica consueta nei sacerdoti. Lo incaricò infine di
cercare e di esaminare entro un bimestre se le levatrici praticanti nella
vicarìa fossero sufficientemente istruite e idonee nell'amministrare il
sacramento del battesimo agli infanti in pericolo di morte. Se la risposta
fosse stata positiva, doveva rilasciare loro una dichiarazione firmata; se
negativa, doveva proibire loro di esercitare la professione.
Il Rezzonico lodò
invece don Massimo Menegatti, parroco di Pedescala, entrato a colloquio per
secondo. Esemplare la sua cura delle anime e la sua catechesi al popolo. Lo
esortò tuttavia a curare maggiormente la pulizia della chiesa e delle
suppellettili sacre e a mettere subito in esecuzione i decreti emanati nella
visita. Ammonì seriamente don Tommaso Dalla Costa, parroco di Rotzo, ad adempiere i
decreti del Concilio di Trento e le costituzioni sinodali circa l'onere di
spiegare il vangelo nei giorni festivi al popolo, circa il dovere di visitare
gli infermi, specialmente quelli che erano sul punto di morte. Nel caso egli
fosse impegnato, non doveva omettere di incaricare il cappellano a supplirlo.
Lo rimproverò anche per la sua vergognosa e pubblica partecipazione al gioco
delle bocce con i secolari negli stessi giorni di festa, e lo precettò ad
astenersene, tanto il divertimento era scandaloso. Condannò inoltre la sua
avidità nell'accumulare denaro e nell'acquistare altri beni suscitando la
mormorazione dei fedeli, specialmente occupandosi degli affari secolari e
privati. Né accettò le sue scuse con l'affermare di agire in questo campo
unicamente per il proprio sostentamento da quando si era dimesso, come lui
sostenne, dall'ufficio pastorale. Gli ingiunse dunque di starsene lontano da
queste dannate cumulazioni e negoziazioni, impegnando denari per promuovere e
portare avanti le liti contro i propri parrocchiani. Con i suoi soldi doveva
piuttosto aiutare e soccorrere i poveri né starsene latente e quasi separato in
canonica, ma essere sempre pronto e disponibile come il buon pastore ad affrontare
le necessità e le indigenze delle anime a lui affidate. Se dopo questa
ammonizione canonica non avesse cambiato stile, si sarebbe proceduto contro di
lui con pene proporzionate. Raccomandò i due confessori di Pedescala, don
Francesco Menegatti e don Simone Mattielli, nella retta e attenta osservanza
dei riti e delle cerimonie previste nell'amministrazione del sacramento della
penitenza. Esortò il cappellano curato di Rotzo, don Giovanni Fabris, del quale
lodò l'attenzione e l'impegno con cui svolgeva il proprio ruolo, a sostenere
l'onere di spiegare il vangelo nelle feste, di visitare gli infermi
sostituendosi al parroco che indebitamente li defraudava nelle loro esigenze
spirituali. Lodò don Antonio Marangoni da Pedescala per il suo comportamento da
vero ecclesiastico e lo eccitò a continuare sulla buona strada. Invitò don Francesco Gianesini da San
Pietro in Val d’Astico a impegnarsi nello studio della morale, così da meritare
di conseguire "un certo grado di grazia". Di Matteo Dal Pozzo da
Rotzo approvò gli onesti costumi e con pastorali esortazioni invitò anche lui
allo studio dell'aspetto morale dei problemi. Rimproverò invece don Gerardo Gianesini da San
Pietro Valdastico per l'intemperanza nel bere, per l'insolenza nel conversare,
per l'oscenità nel parlare. Ammonito più volte, non si era mai emendato. Per
questi motivi lo precettò di portarsi entro un mese a Padova e di non
allontanarsi dalla città senza il suo permesso. Rivolse la più pesante
ammonizione a don Giovanni Stefani da Rotzo, da alcuni anni sottoposto a una
pena per aver perpetrato un delitto di irregolarità (aveva ucciso una persona a
S. Sebastiano di Folgaria!). Lo esortò a meritarsi l'implorata grazia
dell'assoluzione con i buoni esempi e con i santi costumi. Infine eccitò i
chierici Stefano Dalla Costa e Domenico Slaviero, pure di Rotzo, a progredire
rettamente e santamente sulla via che avevano iniziato, impegnandosi negli
studi così da meritare di accedere ai gradi ecclesiastici più alti. Terminati i
colloqui a quattrocchi, il Rezzonico convocò i dodici preti dell'intera vicaria
e i due chierici e comandò loro di osservare e di adempiere gli altrettanti
dodici decreti emanati durante la visita. Il giorno successivo, lunedì 22
giugno, il vescovo proseguì la visita pastorale nelle parrocchie della vicaria
di Asiago.
Gianni Spagnolo
VII-MMXV
Bibliografia, annotazioni, avvertenze e diritti:
- San Pietro Valdastico - Storia del paese - Don Giovanni Toldo - 1936;
- Valdastico Ieri e Oggi - Mons. Antonio Toldo - Ed. La Galaverna - 1984;
- Atti del Notaio Antonio Toldo - ASVI;
- I documenti catastali qui riportati sono estratti dagli originali conservati presso l'Archivio di Stato di Bassano del Grappa - Catasto Napoleonico ed Austriaco del comune censuario di Rotzo - Mappa d'Avviso; Mappa I; IV e Libri partite e riportano in filigrana il marchio d'origine. Sono concessi ad uso esclusivo di questa pubblicazione con prot. n. 01 del 04/02/2015 dal Mistero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sez. d'Archivio di Stato Bassano del Grappa.
- E fatto divieto di riproduzione e ulteriore divulgazione in qualsiasi forma e modalità.
- Ringrazio Giuseppe Toldo Toldin per le informazioni fornite sui particolari della sua abitazione.
ti ringrazio x questo certosino lavoro na sanpierota
RispondiEliminaBel lavoro Gianni ! Grazie
RispondiEliminaUn mio antenato si era sposato con una Sartori Menegante di Valpegara :
- Antonio Fontana 1730-1807 e Margherita di Menegante Sartori 1742-1808. Per questo abbiamo preso il sopranome "Menegantei" in più di Menara, più recente. "Menegàntele" sarebbe forse un toponimo cimbro derivato da "mene"= falciatura, e "gande"=pietraia, piccola pietraia della falciatura (cf.la cultura germanica nell'Alto Astico-Posina di G. Rigon)
Andaloc Ody,.mais vous êtes liés même à le chien du potier....
EliminaMa Sponcy, vous connaissez même Gérard Potier ?
Elimina"Le monde merveilleux qui m'habite va de la maison où je suis né un jour de marché quand ma mère faillit accoucher sur une mobylette tombée en panne ; en passant par Emile le seul ouvrier agricole capable de parler à la vache, aux poules, à mon père quand il était pas là et à lui même ; jusqu'à ma grand mère bien connue pour avoir torturé Hitler et Mussolini et fait 63 fois le pélerinage à Lourdes mais... chut, Pas bouger le chien".
Carissimi don e ody, encomiabile e rispettabile la vostra cultura, ma se non vi fate capire dalla maggior parte del popolo, rimanete in pochi a dialogare.
EliminaMea Culpa Anonymous 8.02. Il mio commento, senza importanza, era per rispondere all'"humour" di Don Sponcio, in Francese, humour relativo alla mia genealogia, ed al quale ho risposto con un gioco di parole possibile soltanto se si parla la stessa lingua.
EliminaVa bene Ody, benissimo, siamo in molti a leggervi... va bene che ci sia lo stimolo ad informarsi,
Eliminadove non sappiamo. Con Internet si fa presto...
Grazie Gianni per il notevole e magnifico lavoro per la "mia Contra' Campagna". Interessante documentazione storica.
RispondiEliminaSono veramente interessanti queste ricerche sulla storia delle Contrà incuriosiscono persino una foresta come me e mi fanno sempre più capire come mai camminando sulla terra della Valdastico si ha la sensazione di ricaricarsi positivamente. Sarà l'eco, sarà il fascino inconscio di un vissuto semplice e antico, non saprei dire ma quello che so è che il mantenere la conoscenza delle origini di un luogo ce lo fa amare con più intensità e ci aiuta a difenderlo dall'imperizia insita nell'uomo moderno. Floriana
RispondiEliminaEl fontanon in sima la pontara a me lo ricordo, e anca el strendaòro par nar su ai Lucca.
RispondiEliminaGran bel pezzo Gianni, mi hai fatto conoscere aspetti storici della contra' che proprio non conoscevo. Interessante anche l'analisi sulle vicende dei Gianesini. Quali sarebbero i rami dei Sartori originari di Casotto?
RispondiEliminaGrazie Philo. Dei Sartori d’origine casottana non saprei esserti molto preciso; dipende anche dalle epoche. Essendo un cognome diffuso da sempre nei paesi vicini, famiglie sono andate e venute in paese più volte nei secoli dalle diverse provenienze. Dal Casotto p.e. veniva Massimino, mia bisnonna, la nonna di Rino Toto (non so il nonno, e quindi i Toti). Forse lo sono tutti quelli che non risalgono ai Munari o ai Menegante. Ma non è vero neanche questo, dato che i Marcioreto mi pare venissero da Valpegara. Ci sarà senz'altro qualcuno di questa discendenza che saprà risponderti con maggiore cognizione di causa. Vedrai che l'Odette non tarderà!
EliminaGianni, Philo, A Valpegara, non ho visto rami Sartori di Casotto tra i Sartori della contrà, i Bergan, Melchiori, Menegante, Lelli(1)...che troviamo nei registri parrocchiali di Forni, nel 1600-1700 ; certi, però, si sono sposati, in seguito, con ragazze di famiglie di Casotto, per esempio MMaddalena Sartori, figlia di GioMaria Contesso di Casotto, sposata in 1777 con un Sartori ramo Melchiori di Valpegara.
EliminaForse Alago potrebbe darvi più ampie informazioni.
(1)Lelli... Sopranome apparso in 1719 per Andrea. Suo nonno, 1642-1721, di stesso nome, era detto "Il Conte" a Valpegara.
Buongiorno. Ho come antenati uno Giovanni Battista Sartori (n.1812) di Giovanni Sartori (n.1792) di Giomaria Sartori che i atti dicono detto Murari e residenti in Contra della Campagna. Magari quest'è il Giovanni Battista residenti della casa 2099? Lei può magari condividere piu gli informazioni e documenti que Lei ha sul questa famiglia? Grazie!
RispondiEliminaLei puo dire di piu sul questa famiglia: "Sartori Giovanni Battista, Antonio, Giuseppe e Lodovico fratelli fu Giovanni"? E sul questo "un atto del 1754 redatto dal notaio sampierese Antonio Toldo, sono infatti citati: Battista e Gio. Maria, figli di Zuane Sartori oriondo de Galio". Come Lei ha collegato questi Battista e Gio Maria con quei fratelli della 2099? Grazie tanto!
RispondiEliminaI collegamenti sono indiziari, basati sulla collocazione delle famiglie e sui nomi e soprannomi. I nomi di battesimo dei componenti le varie famiglie si tramandano nei secoli generalmente da nonno a nipote e permettono di legare le generazioni. Lodovico, per esempio, è un nome di un ramo di quei Sartori che s'è tramandato e si è poi trasformato nel soprannome "Vico", Vichi" ancora esistente.
EliminaAllora, lascia che ti spieghi meglio i miei dubbi.
EliminaSono un discendente di Giovanni Battista Sartori, nato nel 1812 (detto Munari, residente a Contra Campagna) e morto nel 1885, di Giovanni Sartori (1792-?) di Gio Maria Sartori e Caterina de Pretto (1791-?) di Cristian de Pretto.
Sfogliando gli atti napoleonici disponibili ad Antenati e datati 1809-1815 a San Pietro, non si riscontrano matrimoni o decessi che coinvolgono Sartoris e solo 4 nascite. Due (1810 e 1812) sono figli di Gio Antonio Sartori di Domenico Sartori. Gli altri due sono, prima il mio antenato Giovanni Battista del 1812 e un Pietro Antonio del 1814, ma questo figlio di Giovanni Sartorio di Gio Maria Sartori (proprio come il mio antenato) e un'altra donna Catterina Nicolassi.
Credo che avere due Giovanni Sartori figlio di Gio Maria Sartori a San Pietro praticamente della stessa età sarebbe un po' impossibile, quindi la più probabile è che Caterina de Pretto sarebbe morta tra il 1812-1814 e Giovanni si fosse risposato. Tuttavia, questa morte di Caterina non l'ho trovata né a San Pietro né a Rotzo.
Guardando negli atti di morte del 1871, trovo la morte di Giovanni Sartori (mio avo, residente n. 452) nel 1885 e anche di Giuseppe (nel 1879, residente in Contra Campagna 483, che sarebbe nato intorno al 1816, figlio di Giovanni Sartori e Catterina (non compare il cognome, quindi potrebbe essere sia Pretto che Nicolassi) morte di un Antonio Sartori (figlio di Giovanni Sartori e madre non menzionata) che sarebbe nato nel 1814 (è Pietro Antonio sopra? ), residente al n.495.
Queste sono le informazioni che ho.
Considerando l'articolo sopra e altre fonti che potresti avere, ci sono altre informazioni in tuo possesso che potrebbero aiutarmi?
Grazie mille!
Come ho scritto nel post, nel 1700 a San Pietro si sono intrecciate almeno 3 rami di Sartori, per cui è difficile dipanare la matassa e legare le generazioni in assenza di dati precisi. La prima metà del 1800 è stata poi un periodo molto travagliato, dove le fonti sono spesso interrotte. Ti consiglio di consultare i Sommarioni del Catasto Napoleonico del Comune di Rotzo conservati nell'Archivio di Stato di Bassano del Grappa (1812-15). Lì puoi trovare tutti i proprietari fondiari del paese, con anche indicato il soprannome e la paternità, quindi ti potranno forse esser d'aiuto.
EliminaGrazie. È possibile consultare online? Tu hai il link?
Elimina