mercoledì 30 settembre 2015

Il funerale della contadina Joan


Talvolta, in sogno, ti capita di vedere un amico, un congiunto. Sei contento di vederlo, la sua vista ti commuove, gli parli. Poi d’improvviso nel sogno si inserisce la consapevolezza che quell’amico, quel congiunto è morto. Così ti svegli con stupore e conservi emozionato quell’improvvisa rivelazione. Quest’esperienza, tutt’altro che rara, potrebbe essere all’origine del culto dei morti, dell’idea che il morto non sia scomparso dalla tua vita, ma si sia in qualche modo solo allontanato. Per molte culture la morte è un viaggio e chi lo compie ha bisogno di cibo, di ori e monili che lo accompagnino.
Il culto dei morti sembra pratica universale, diffusa tra gli egizi gli etruschi o in Perù, e antica, se è vero che anche i Neanderthal, nostri cugini evolutivi, onoravano i morti.
Le popolazioni nomadi, che non sentivano il bisogno di stazionare stabilmente in un luogo, avevano un unico punto fisso di ritrovo: il luogo dove seppellivano i morti (Lewis Mumford, La città nella storia). Insomma sarebbe nata prima la necropoli e poi la polis.

Maramures

Il Maramures è distretto di confine abitato da popolazioni di cultura diversa: romeni, ungheresi, ucraini e rom. In uno sperduto villaggio del Maramures, Budesti, circa 15 anni fa arriva Roberto in uno dei suoi tanti viaggi. Budesti è piccolo villaggio con una chiesa lignea vecchia di secoli, risale al tempo in cui Lorenzo Bernini a Roma costruiva le sue architetture.
Quando Roberto arriva, in un’aia si sta svolgendo un funerale.
funerale Maramures 004
Era il funerale della contadina Joan morta a 76 anni. Presumibilmente Ioan non si è mai spostata dal suo villaggio. La cerimonia, di rito ortodosso, si è svolta integralmente nell’aia della casa dove Ioan è vissuta e morta.
Roberto si presenta con la macchina fotografica a tracolla e la richesta di poter fotografare. La risposta è in una lingua poco comprensibile, ma il sorriso e il cenno del capo lo capiscono tutti.
Entra nell’aia come uno di loro. I vecchi vengono pianti dai vecchi che con loro hanno passato buona parte della vita, le donne sono quelle che più manifestano il loro lutto.
funerale Maramures 05
La giovane che piange sulla bara è la nipote, alla quale, in occasione di una visita successiva ho portato le foto che sono state molto apprezzate perché in Maramures è normale fotografare un funerale“.
funerale Maramures 07La cerimonia era affollata perché tutto il villaggio partecipava al lutto. Nell’aia di quella fattoria convergeva tutto il mondo di Ioan.
Gli officianti erano due, aiutati da due predicatori.
La cerimonia è stata molto lunga, due/tre ore. A causa della lingua non ho capito cosa dicevano i predicatori e i pope officianti, ma ho vissuto fortemente l’emozione del momento.
funerale Maramures 09I bambini partecipano ai funerali con aria stranita e incredula, non capiscono la morte, non riescono a comprendere il mistero della vita prima della loro nascita e la possibilità che una persona viva possa un giorno scomparire.funerale Maramures 08
Dopo la cerimonia, la bara, portata a spalla da parenti e amici, si incammina verso il cimitero, un lento cammino con numerose interruzioni segnate dal bisbiglio delle preghiere e dalla voce dell’officiante.
I gagliardetti rappresentano immagini religiose e al funerale era presente tutto il villaggio.
funerale Maramures 10funerale Maramures 11funerale Maramures 12Dopo la sepoltura il banchetto funebre dove Roberto ha avuto il posto d’onore insieme agli officianti.
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Roberto Campagna è fotografo amatoriale, socio e vicepresidente del Circolo fotografico scledense.
Scatta sempre in bianco e nero con una vecchia macchina a pellicola. Per gli altri le fotografie vanno scaricate sul disco fisso del proprio computer. Per Roberto la pellicola va tolta dalla macchina fotografica in un luogo senza troppa luce, poi si chiude nel suo piccolo laboratorio (“il garage era fin troppo grande e lì in fondo c’era anche la presa dell’acqua“). Al buio completo inserisce nella tanica la pellicola e gli acidi, sviluppa il rotolo poi accende la luce rossa a soffitto e comincia a stampare facendo prove e correggendo qua e là le zone troppo scure o chiare.
Quasi ogni foto è una stampa perché così si usava una volta.

1 commento:

  1. sinceri complimenti all'Autore, posso immaginare la sua passione e le sue soddisfazioni

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