domenica 6 aprile 2014

Ogni altro sono io



Noi siamo chi incontriamo, noi siamo tutte le persone che incontriamo; ognuno lascia un segno, chi un tratto gentile e chi un taglio profondo, ma tutti rimangono lì, indelebili, perché si può cancellare una faccia dalla memoria, si può dimenticare un nome, si può cancellare il tempo passato assieme, si può addirittura cancellare il ricordo, ma non è possibile cancellare se stessi né quello che si è divenuti grazie a tutte le persone che abbiamo incontrato nella nostra vita.

C’è un “vecchio” romanzo scritto da Alberto Manzi (il noto conduttore-educatore della trasmissione TV “Non è mai troppo tardi” di qualche decennio fa) dal titolo: “E venne il sabato” dal quale sono tratte le righe che seguono e che ne rappresentano il punto fondamentale:

“ ogni altro sono io: 
*la persona che è condannata ingiustamente sono io;
*la persona che deve lavorare come una bestia e pure subire le angherie, non tanto del padrone quanto dei suoi sgherri, sono io;
*la persona che non capisce che la stanno imbottendo di stupidità, che la stanno rendendo stupida attraverso le televisioni sono io;
*la persona che perde il controllo della propria dignità seguendo le tifoserie sono io;
*la persona che ha dei lavori saltuari, ognuno dei quali è vissuto con lo spasimo di un lavoro da tenere in qualsiasi modo, sono io;
*ogni altro sono io.

E’ questa partecipazione alla vita degli altri che permette di assumersi le ingiustizie, le violenze e di non lasciarle come se fossero eccezioni trascurabili; non è permesso dire che l’altro non ci riguarda. E’ questa grande partecipazione al riscatto che fa nascere la rivoluzione non violenta, non violenta perché le violenze che l’altro subisce le voglio subire anch’io, quindi voglio che la non violenza sia il mio stile di vita, ma non standomene lontano bensì condividendo la violenza che l’altro subisce e andandola anche a cercare”.

E’ un compendio che può essere applicato ad ogni realtà, piccola o grande, vicina o lontana, offrendo un messaggio universale; quando “ogni altro sono io” ecco che dovevamo andare avanti tutti assieme. E se prima ciascuno attendeva paziente che qualcuno venisse a dirgli quel che doveva fare, ora ognuno sapeva: bisognava fare cercando di capire, fare pensando agli altri, senza paura, sereni.

Il prof.Manzi è andato a “farlo” in America Latina, in mezzo ai più deboli. 
Ada

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