mercoledì 27 novembre 2013

LA LONGA LITTE [2] - "IL LODO PIOVENE"


3 luglio 1578,  San Piero de Val d'Astego entra ufficialmente a far parte del comune di Rotzo e della Spettabile Reggenza dei 7 Comuni.
 Nel 1797 cessò il  Veneto Dominio, nel 1807 si sciolse la Federazione e nel 1940 San Pietro, stavolta assieme a Pedescala, si staccò dal comune di Rotzo e gli antichi patti dovettero essere ridiscussi.

Eccoci dunque a pubblicare il testo del famoso "Lodo Piovene", che tanta parte ebbe nella storia del nostro paese, così ognuno avrà modo di farsi un'idea più precisa e personale della situazione.
Abbiamo già scritto in precedenza che questo accordo fu raggiunto dopo accese e costose contese fra le parti, che risalivano almeno ad un paio di secoli addietro. Nel disposto si richiamano apertamente queste liti, dichiarandole però chiuse e definitivamente superate da questa composizione ed imponendo che ciascun contraente si faccia carico in proprio delle relative spese ed oneri.
Il corpo del testo è redatto in lingua italiana, ovvero nell'italovenetico in uso all'epoca negli atti ufficiali della Serenissima; le formule giuridiche rituali sono invece ancora in tardo latino. Il tutto si presta comunque ad essere compreso anche da chi non ha dimestichezza con queste anticaglie e quindi lo lasciamo alla libera interpretazione dei lettori.

Supervisore e garante del lodo è il cavalier Guido Piovene, esponente della nobile famiglia vicentina e qui in veste di procuratore governativo. A quanto però si desume fra le righe e dai documenti preparatori è stato il notaio Gerardo Slaviero di Rotzo a farsi carico di definirlo e spiegarlo alle assemblee dei capifamiglia in occasione delle ratifiche avvenute la domenica prima; anche perché dovette farlo nella lingua allora parlata dagli interessati. Chissà poi quante discussioni preparatorie ci saranno volute prima di arrivare alla stesura finale.

Val solo la pena di osservare che le parti sono il "Comune de Rozzo" da un lato (con i suoi colonnelli di Castelletto, Albaredo e Pedescalae gli "Homeni de San Piero de Val d'Astego" dall'altro. Quindi l'istituzione vs degli uomini; non si parla di villa o altro, ma di uomini, titolari di diritti soggettivi. 


Il lodo è incentrato sulla contribuzione di 50 ducati annui che i sanpieresi s'impegnano a pagare in perpetuo al comune di Rotzo in virtù del godimento comune dei beni derivante da questa intesa. 
Ma quanto valeva questo corrispettivo? Non è facile equiparare a valore corrente il titolo di una moneta così antica. Consideriamo che il ducato veneto d'argento (grosso) pesava 32,6 gr. e quindi si tratterebbe di  un importo di circa € 600,00 a valori attuali; ma certo questo non è granché  indicativo del potere d'acquisto della moneta all'epoca.

Li avranno poi pagati i nostri? Mah, .. lo vedremo nelle prossime puntate.
Gianni Spagnolo


19 commenti:

  1. Finalmente ed adesso leggiamolo con cura, per comprenderlo, anche se è scritto nell'idioma del tempo.

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  2. Sto leggendo con particolare impegno, per la forma gergale, questo antico documento che narra le nostre vicende storiche
    Ho notato che a mezzo dello scritto una frase (item ordeno et dechiaro che ecc.) è riportata con caratteri più marcati.
    Ha qualche particolare significato?
    Grazie Gianni se mi vuoi rispondere.

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    1. Quella in sintesi è la conclusione del lodo Piovene dove " ORDINA e DICHIARA che gli uomini di San Piero e quelli di Pedescala hanno di fatto la stessa parte di governo delle cose comuni. " La domanda potrebbe essere : ma gli homeni de San Piero e gli homeni de Pedescala sono intesi come cives, persona oppure collettività ?
      La bilancia sembra pendere verso la collettività e quindi riportata ad oggi, la frazione di San Piero e la frazione di Pedescala. Due enti distinti con la stessa parte di governo delle cose comuni

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    2. Si, forse andava precisato nella presentazione. Il testo qui riportato non è l'originale redatto all'epoca, che ovviamente era scritto a mano e quindi difficilmente comprensibile in questa sede: è la trascrizione fedele operata sull'originale dell'Archivio di Stato e prodotta a corredo degli atti di rivendicazione che hanno portato poi alla Sentenza Terracina del 1967. I tratti in grassetto sono quindi da leggere in questo contesto, dove la parte contendente evidenzia i punti che ritiene importanti per i suoi scopi.

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  3. Dopo averlo letto non ho capito perchè San Piero doveva dare "una pensione" ( per sempre e anche ai giorni nostri?) di cinquanta ducati ogni anno.
    Ma San Piero quando è entrato a far parte del patrimonio non ha portato niente?
    Che valore poteva avere al tempo il ducato?
    Su quali basi hanno fatto questo calcolo?
    Gianni o qualcuno della Separata mi può dare queste informazioni?

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  4. È una questione ampiamente dibattuta che si presta alle più svariate interpretazioni. Ti posso dare solo al mia personale opinione, poi lasceremo ad altri commentatori la raccolta di ulteriori e benvenuti contributi.
    Io penso che San Pietro fosse inizialmente una minuscola comunità concentrata sullo sfruttamento delle risorse agricole intorno al l’Ospizio e di proprietà di questi. Forse a quel tempo non ci fu necessità di andare a roncare sul ciglio della montagna, territorio di Rotzo, appunto per l’esiguità degli abitanti. Con la soppressione dell’Ospizio e l’erezione in villa sarà probabilmente aumentata la popolazione e quindi la necessità di espandere l’attività agricola/forestale verso la montagna. Questo probabilmente avvenne già nel XIII° secolo e da qui le liti con Rotzo (Castelletto) che ne era il legittimo proprietario, attestato dalla ricognizione dei confini fatta nella riunione di S. Agata del 1202. Il ciglio della Val Torra era certamente più accessibile e vicino per i sanpieroti che per i rossati e questo certo contribuì al formarsi di diritti dovuti all’uso ed alla consuetudine, una sorte di usucapione di fatto, al di là del titolo di possesso.
    Alla lunga questo provocò tensioni e rivendicazioni che faticavano a trovare soluzione basandosi sulle sole valutazioni di proprietà formale del territorio che Rotzo rivendicava per investitura feudale. Accogliere i sanpieroti nel comune di Rotzo era quindi l’unica soluzione compromissoria ragionevole per non incancrenire la disputa.
    Gli abitanti di San Pietro venivano con ciò a beneficiare non soltanto dell’uso incontrastato della parte di montagna “roncata” fino ad allora (la Cima della Singéla, per inciso), ma anche, pro-quota dell’intero patrimonio indiviso del comune, pur non apportandovi nessun conferimento in termini di territorio demaniale economicamente rilevante. Da questo la necessità di corrispondere al comune una contribuzione monetaria fissata appunto nei 50 ducati annui.
    Con la separazione del 1940 delle frazioni di San Pietro e Pedescala dal comune di Rotzo, quelli che erano i presupposti del 1578 erano diversi per Pedescala (che aveva titolo di proprietà originario come le frazioni di monte) e San Pietro che lo acquisì di fatto con l’accorpamento ma non ne vantava l’originaria proprietà. La Sentenza Terracina accoglie lo stato di fatto, ratificato nel diritto maturato nei quasi quattro secoli di unione e sancisce la divisione attribuendo la proprietà del demanio civico in parti uguali alle due frazioni, così come il Lodo ne stabilì l’uguaglianza di considerazione all’epoca.
    I titolari dei diritti sarebbero, usando il criterio antico gli “Homeni de San Piero” (ovvero i capifamiglia originari, le famiglie) perché non c’è un altro criterio di classificazione, neanche nel Lodo Piovene. Va però considerato che nel 1940, come ora, non ci sono più solo questi homeni, ci sono delle entità giuridiche, con territorio accuratamente mappato e con identità e consistenza certamente diverse da allora. Ne consegue che la Sentenza Terracina non poteva far altro che tener conto delle condizioni di fatto e di diritto del novecento e cercare di comporre una pronuncia equanime, anche al di là di legittime obiezioni obiezioni portate in punta di diritto.

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  5. A leggere bene queste tue considerazioni, che ho trovato anche su altri testi, si potrebbe dedurre che quelli di Pedescala in fondo in fondo non hanno tutti i torti a pretendere la suddivisione delle rendite con quote uguali a San Pietro.

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  6. Sarebbe interessante conoscere il valore attuale dei cinquanta ducati e fino a quale anno San Pietro ha versato questa "pensione" ed il motivo per il quale ad un certo punto ha smesso di versarlo.

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  7. Ne avevo sentito parlare ma non avevo mai letto il testo integrale del Lodo Piovene, grazie Gianni di aver colmato questa mia ignoranza e presumo che questa pubblicazione sul blog possa interessare molti aventi diritto di San Pietro.

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  8. ci sono sentenze in cause simili e trattati di giurisprudenza che darebbero, se applicati indubbiamente ragione a Pedescala

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  9. Acc,... Vuoi proprio farmi del male! Mi strapperanno l'atto di nascita.
    Scherzi a parte; sì in linea di principio e di diritto. Queste cose non si possono però poggiare solo sul diritto e sulle carte: in mezzo ci sono le persone, le circostanze, la storia e l'esercizio di un sano buon senso. Poi 362 anni di vita assieme, dove tutti hanno contribuito in varia misura ma indistintamente alla modifica e al'evoluzione del territorio non si possono archiviare tornando semplicemente alle pristine condizioni del "capitale iniziale".
    E' per questo che parlo di buon senso, che a mio modo di vedere significa riconoscere le reciproche ragioni e trovare un accomodamento dove ognuno deve essere disponibile a cedere qualcosa e che intanto non mandi a remengo l'oggetto del contendere, cioè il patrimonio comune. Altrimenti manderanno un Piovene foresto che a spese nostre ci costringerà ad un accordo (ovviamente senza vincitori né vinti) che potevamo benissimo trovare da soli, subito e gratis, assumendosi peraltro le relative responsabilità nei confronti della collettività. Ma gli amministratori servono appunto per questo.

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    1. Il Piovene Foresto la Regione ce lo ha già mandato nella persona del Commissario Filippi che ci sta governando da circa 2 anni.
      Adesso in Regione ci sono andati i nostri "condottieri" ed hanno preso gli aut aut dal buon Filippi sull'oggetto del contendere , come dici.
      Filippi ha proposto ciò che volenti o nolenti i nostri accetteranno.......poi ci diranno le barzellette pro loro, tanto per confondere.
      Ma prima di tornare a Venezia, in Regione non sentono il DOVERE di informarci ?
      Nel tempo del Lodo Piovene la Popolazione ha discusso in ampi dibattiti, è storia, OGGI niente ? Non è consentito ? Aspettiamo l'atto finale ?

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    2. Si, ho letto, quella era una chiosa, un'amara battuta se vuoi.
      Colgo l'occasione per precisare che le osservazioni che mi son permesso di fare nei commenti sono del tutto personali e non costituiscono verità rivelata. Ognuno ha le sue opinioni ed è giusto che le metta in discussione, a confronto con pareri diversi; chissà che non ne esca un quadro più condiviso e sereno della situazione. Poi, se il dibattito non avviene nelle sedi istituzionali, nulla vieta di farlo qui. L'importante è partecipare.

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  10. Una precisazione, Gianni, nel 1940 non furono San Pietro e Pedescala ad uscire spontaneamente dal comune di Rotzo ma fu per volontà politica dell'allora partito fascista a staccare le due comunità di valle ed "obbligarle" a formare un comune con Forni e Casotto, a loro volta ex comuni, perchè non più in condizioni di sostenibile autonomia.
    Si volle interrompere un percorso comune di storia secolare con Rotzo usando violenza e determinando una
    situazione squilibrata che stiamo pagando ancora ai giorni nostri con la fuoriuscita di Casotto a suo tempo, con la scarsa considerazione che da sempre viene "servita" alla parte destra del comune e con la decennale ed attuale diatriba patrimoniale con Pedescala.
    Hanno voluto forzatamente unirci, ci hanno ulteriomente divisi.

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  11. C'era una legge del 1927 per l'accorpamento dei piccoli comuni, allora come ora. Appena nel 1925 venne eretta a comune la frazione di Forni (che, se non ricordo male, venne celebrato come il comune più fascista d'Italia, oltre che essere uno dei più minuscoli).
    Questo per dire che nel 1940, incipiente la seconda guerra mondiale, si avvertisse a Roma e nell'Impero l'insopprimibile e coercitorio bisogno di costituire il nuovo comune di Valdastico, contro la volontà locale, mi sembra assai poco credibile. Ritenere che questo assemblaggio non abbia avuto padrini nostrani ma sia effetto di una imposizione governativa, è come minimo ingenuo. Il fascio era fatto di uomini che facevano il bello e cattivo tempo a Roma come dalle parti nostre, dove mi pare non mancassero acconci rappresentanti. Per ragioni che ben sappiamo quel periodo storico qui da noi è terreno minato, ma non possiamo far finta di niente e prendere per buone fanfaluche di comodo.

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  12. Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare

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    1. Hai reso efficacemente l'idea, ma così è troppo facile. Le idee e le azioni, buone o cattive che siano, hanno sempre le gambe, spesso corte, degli uomini. Dietro a questi destini "fatali" che tanto hanno condizionato la vita delle nostre comunità ci furono nomi, cognomi e soprannomi nostranissimi.

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  13. Se i nostri amministratori ci avessero informati in dettaglio, così come ha fatto Gianni, del Lodo Piovene ci saremmo risparmiate tante magre figure nei confronti di Pedescala.
    Perchè non avete raccontato tutta la verità?

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    1. Semplice, parchè i Alti de Belasio da senpre i ne fa savere cuel che i vole par fare cuel che i vole.

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