Anno della Fede 2012-2013
Alle
origini della nostra Fede
Appunti
sulle prime chiese nel nostro Vicariato
Premesse sulle
origini del cristianesimo nella nostra zona.
1.
Il
cristianesimo delle origini arriva con gli apostoli a Roma “caput mundi” nel periodo di massima espansione e potenza
dell’Impero Romano (Ara pacis – simbolo di unità dell'Impero) e si diffonde,
grazie soprattutto ai primi cristiani (militari e mercanti), nelle città
collegate dalle strade consolari romane che raggiungono ogni parte dell’Impero;
la nostra zona era attraversata dalla Postumia
(che partiva da Genova e arrivava ad Aquileia) e congiungeva Verona, Vicenza e Padova già integrate
nell’Impero e riconosciute come municipi romani; il territorio era diviso in
“Regio” (Regioni) e la nostra zona era compresa nella X^ Regio “Venetia et Histria” con capitale Aquileia, quarta città della penisola italica, baluardo contro i
barbari e importante porto fluviale; le nostre erano città ricche ed evolute che
avevano espresso personalità quali Catullo e Tito Livio, segno di un livello
culturale elevatissimo.
2.
Nei
primi secoli il cristianesimo è religione “nascosta” soggetta a ricorrenti (ma
non continue) persecuzioni: dalla prima, efferata, di Nerone all’ultima, forse la più crudele, di Diocleziano che si conclude nel 303 d.C. (nel frattempo erano state
distrutte chiese e dati alle fiamme libri sacri); in questo periodo moltissimi
cristiani conoscono il martirio; per quanto riguarda le nostre zone sono da
ricordare S. Giustina –battezzata da
S. Prosdocimo- martirizzata nel 304 a Padova e i vicentini SS. Felice e Fortunato martirizzati ad Aquileia nel 303.
3.
In
quei secoli i cristiani si ritrovavano in case private (dette “domus ecclesiae”) o in luoghi isolati
fuori dalle città, spesso nei cimiteri (o nelle catacombe) dove erano stati sepolti
i martiti; in questi luoghi venivano celebrati i banchetti eucaristici,
amministrati i sacramenti e, soprattutto, istruiti i catecumeni; le periferie e
le campagne restavano escluse dall’evangelizzazione; si può ritenere quindi che
nelle nostre zone, poco abitate, la gente continuasse ad adorare e a
sacrificare agli dei pagani, normalmente legati alla vita agraria, alle forze
della natura, al culto dei morti.
4.
Nel
311 Galerio emana l’Editto di tolleranza (o di Nicomedia)
nel quale si riconosce anche ai cristiani la libertà di culto e precede, di
poco, l’Editto di Costantino del 313
che riconosce “licita” la religione cristiana fino ad allora classificata come “perniciosa
superstizione” e considerata “illicita”; solo da quel momento si può parlare di
una organizzazione ecclesiale vera e propria riconosciuta e pubblica con propri
Vescovi e presbiteri.
5.
La
nostra zona, situata lungo la “Pista dei
Veneti” da cui si dipartiva la via
dell’Astagus (Astico) che collegava la pianura, già messa a cultura dalla
centuriazione dell’alto vicentino, al trentino attraverso le valli, viene
gradualmente evangelizzata; E’ Prosdocimo,
primo e grande Vescovo, che da Padova porta il cristianesimo anche nel
vicentino e nelle nostre zone; siamo nel IV°
secolo e nascono solo allora le prime chiese come luoghi di ritrovo e
aggregazione: sono costruzioni modeste, poste fuori dai centri abitati, promosse
dai presbiteri mandati dal Vescovo a predicare il Vangelo come missionari; è
questa, per tradizione e storia, la prima evangelizzazione del nostro
territorio.
6.
Contemporaneamente
nel IV° e V° secolo nascono nelle
città le prime cattedrali, molto spesso nello stesso posto dove sorgevano le “domus ecclesiae” (vedi le cattedrali
di Padova e Vicenza) o vicino ai cimiteri dei martiri (vedi S. Giustina a
Padova, SS. Felice e Fortunato a Vicenza, ma soprattutto S. Pietro e S. Paolo a
Roma); le prime cattedrali hanno sempre il
battistero dove il Vescovo battezza, ma anche la casa del Vescovo dove
istruisce i catecumeni, amministra la cresima e contribuisce a formare i presbiteri
che diventano, come sopra riportato, i primi missionari anche fuori delle città,
nelle campagne.
7.
Da
queste predicazioni e per il progressivo espandersi del cristianesimo nel
popolo ancora dedito a culti pagani, nasce l’esigenza di creare le prime pievi rurali (da plebs = popolo) dotate
di clero residente; queste chiese sono dedicate, in genere, a S. Maria, agli apostoli, ai primi martiri,
a S. Giustina; anche di queste costruzioni, spesso evoluzione di quelle
citate sopra, non resta traccia, ma la loro dedicazione sarà conservata nelle
costruzioni successive.
8.
Nel
380 viene emanato l’Editto di
Tessalonica (detto anche di Teodosio) che proclama il cristianesimo
religione ufficiale dell’impero e ordina ai popoli sottomessi di abbracciare la
religione cristiana mettendo al bando sacrifici e templi pagani; nel 391-392 i decreti teodosiani inaspriscono
le proibizioni verso i culti pagani e provocano le persecuzioni contro i pagani
(non meno crudeli di quelle cui erano stati sottoposti i cristiani); viene
imposta la chiusura dei templi pagani o la loro trasformazione in chiese
cristiane; gran parte delle chiese di Roma dove la Chiesa ha assunto tutti i
poteri e dove sono già state costruite le prime, grandi, basiliche costantiniane, sorgono sopra templi pagani (vedi, ad
esempio, il Pantheon giunto intatto ai nostri giorni in quanto trasformato in
Santa Maria “ad Martyres”).
9.
Nel
445 l’editto di
Valentiniano contribuisce all’affermazione dell’autorità, anche civile, del
Papa e dei Vescovi; l’Impero Romano cade
nel 476; le invasioni barbariche attraversano l’Italia con razzie e
distruzioni che rendono poco sicuro il territorio; Attila distrugge Aquileia, che era il centro di irradiazione del
cristianesimo in tutto il territorio, e Padova; epidemie e contagi riducono la
popolazione dell’intero Impero Romano a poco più di 50 milioni di abitanti e nelle
campagne, soggette alle incursioni barbariche e alle conseguenti spogliazioni
dei beni e distruzione degli abitati, la gente vive poveramente, ma la
cristianizzazione prosegue e coinvolge tutta la popolazione; ai riti pagani si
sostituiscono, progressivamente, i riti della nuova religione cristiana.
10.
Nel 527 Giustiniano,
Imperatore d’Oriente, considera eretici i pagani e li costringe al battesimo; Giustiniano,
pur essendo imperatore d’Oriente, si preoccupa della decadenza di Roma e riconquista
la penisola italica sottoponendola all’Impero Bizantino; Ravenna diventata capitale dell’Impero Romano d’Occidente e
Giustiniano favorisce la costruzione di chiese bellissime, dal perfetto stile
bizantino; il suo prefetto Opilione
fa costruire la basilica sulla tomba di S. Giustina con annesso l’oratorio per
le tombe di S. Prosdocimo e di altri martiri; procede la trasformazione dei
templi pagani in chiese cristiane; i piccoli tempi pagani che nelle nostre zone
sorgevano normalmente sui castellieri o
in luoghi sacri vengono abbattuti o trasformati in chiese; il tempio sulla
cima del monte Summano dove veniva
adorato dal VI° sec. a.C. Plutone il
“Summus Manium” diventa sede di una chiesa dedicata alla Madonna; altre
località dove preesistevano culti pagani ora sono dedicate ai Santi: vedi le
chiese di S. Michele a Chiuppano e
ad Arsiero e di S. Martino a Schio.
11.
Le
“pievi rurali” (da plebs=popolo) diventano di importanza
fondamentale anche dal punto di vista civile e hanno il proprio rettore
chiamato “arciprete”, il battistero e il cimitero cristiano; corrispondono,
secondo il diritto romano, al “pagus” = centro abitato che polarizza il
territorio circostante ed hanno patrimonio proprio; le prime pievi nel nostro
territorio sono S. Maria di Caltrano
e S. Maria di Pievebelvicino: la
loro fondazione potrebbe risalire a questo periodo; da queste pievi
discenderanno più tardi le “cappelle” che resteranno dipendenti dalla pieve,
chiamata anche “chiesa matrice”, fino alla formazione delle parrocchie; altre
due chiese della nostra zona, S. Maria
di Carrè (ora S. Lorenzo) e S.
Stefano Protomartire di Piovene, autonome da Caltrano, sono probabilmente
“pievi” (senza essere matrici) di antica fondazione.
12. Nel 568 scendono in Italia i Longobardi: è un’emigrazione di popolo
già di fede cristiana, ma di eresia ariana; i Longobardi occupano
progressivamente tutto il territorio costituendo unità territoriali che godono
di grande autonomia: i Ducati (Vicenza diventa Ducato con territorio
che va dai confini di Padova a tutto l’Altopiano); i Longobardi fondano il
Regno d’Italia con capitale a Pavia (dove,
nell’anno 682, si convertiranno al cristianesimo); i loro insediamenti, in
genere, sono appena fuori delle città o in luoghi isolati nelle campagne dove
si insediano con le corti longobarde dette “fara
= villaggio” o “warm = torri
difensive”; costruiscono le loro
chiese private e nominano i loro Parroci; l’ordinamento romano che vigeva e che
prevedeva la prevalenza del pubblico sul privato, viene sconvolto in quanto il
diritto germanico prevede la prevalenza del privato sul pubblico; le chiese pertanto
non sono più del popolo, ma dei grandi proprietari terrieri che impongono e amministrano
le “decime” (la 10^ parte del
raccolto, suddivisa in quattro parti così suddivise: una parte per il Vescovo,
una per il clero, una per la chiesa e una per i poveri, le vedove e i
pellegrini.
13. A partire dalla metà dell’VIII° secolo viene favorito
l’insediamento dei Benedettini in
monasteri che diventano importanti centri di rinnovamento artistico e culturale
e di bonifica del territorio; il principale è quello di Nonantola, nel mantovano, dedicato al santo fondatore Anselmo, nato
nel 720 a Cividale del Friuli; a Padova
il monastero di S. Giustina, dove si conservano le spoglie di S. Prosdocimo e,
appunto, di S. Giustina ed ha giurisdizione fino all’alto vicentino; a Vicenza i monasteri di S. Felice
(maschile) e di S. Pietro (femminile) favoriscono la nascita di chiese in
genere dedicate a S. Vito come quella
al confine tra Piovene e Santorso e della quale si sono trovate le murature
perimetrali e l’abside; anche la chiesa di Cogollo (sul castelliere dell’Olmo)
dedicata a S. Sinesio e S. Cristoforo
e quella di Mosson dedicata a S. Cecilia
nascono con i monaci Benedettini; a Verona
i Benedettini favoriscono la costruzione di chiese dedicate a S. Zeno o Zenone, di cui una a Cogollo,
sopra Casale.
·
Nel 774 Carlo Magno, re dei Franchi, chiamato dal Papa Adriano I° che teme il potere dei Longobardi, scende con il
suo esercito, assedia e conquista Pavia e pone fine alla dominazione longobarda;
Carlo Magno conferma l’ordinamento
longobardo e i confini dei Ducati, esige giuramento di fedeltà dai Duchi ai
quali cambia nome in Conti; i Benedettini
vengono incoraggiati, convertono i Longobardi che sono ormai integrati con le
popolazioni locali, e confermano, nella nostra zona, le chiese “private” che
non dipendono da Vescovo e sono chiamate, per questo motivo, “chiese curate”: S. Michele a Chiuppano, S. Agata a Cogollo, S. Maria (dell’Angiadura) ad Arsiero; hanno
caratteristiche simili: sono fuori dal centro abitato, vicino al cimitero, sono
poste lungo le vie pubbliche e sono provviste di portico d’entrata o pronao
(per difendere i fedeli dalle intemperie, ma anche per far assistere i
catecumeni alle cerimonie). Non hanno canonica perché non sono pievi e sono presidiate
dai monaci Benedettini.
·
Nel 910 Berengario I°, re d’Italia, per
assicurare il territorio, avvia l’incastellamento dei borghi e concessione
benefici (feudi) anche nostra zona: autorizza i castelli di Cogollo, Velo ed
Arsiero; concede a Vicenza la Valle dell’Astico e delimita i confini tra
sinistra Astico a Padova e destra Non è stata trovata
alcuna voce dell'indice delle figure.; nel
frattempo vengono definiti i confini delle “diocesi”; nel 917 Berengario
dona a Sibicone, Vescovo di Padova, l’alto vicentino e l’altopiano: Caltrano
e Cogollo passano a Padova; in questo periodo vengono definite e divise le
“pievi” tra sinistra e destra Astico: S. Giorgio di Velo per Vicenza
e S. Giorgio di Caltrano per Padova.
·
Alla dominazione dei Franchi segue un periodo di
anarchia feudale con gli Ungari che scendono in Italia nell’899 e nel
924, devastano la pianura incendiando, rapinando, radendo al suolo e incendiando
Pavia; il Veneto, la Lombardia, il Piemonte saccheggiando in particolare monasteri
e chiese; anche Padova viene razziata dagli Ungari; i Vescovi assumono il ruolo
di difensori delle città e delle comunità rurali e diventano contemporaneamente
signori delle città e vertici dell’organizzazione ecclesiastica e civile (Vescovi-Conti);
il tutto va a scapito della funzione pastorale; c’è un generale degrado della
vita religiosa con clero poco preparato e viziato da simonia e concubinato; senza adeguata preparazione
i preti isolati e
abbandonati a sé stessi conducono frequentemente una vita indegna, dediti al
gioco, alla caccia e al vino, e spesso a relazioni sessuali disordinate; la riforma gregoriana (1073-1087 voluta da papa Gregorio
VII che era monaco cluniacense)
favorì la creazione di forme di vita comune tra i preti, in case chiamate canoniche
dove i preti stessi potevano trovare un'istruzione e una regola di vita.
·
Passata la bufera degli Ungari inizia un
periodo di prosperità economica; il territorio vicentino dopo un periodo di
dominio padovano passa agli Scaligeri, ai Visconti e nel 1404-1406 si dedica alla
Repubblica di Venezia; la crisi del mondo feudale determina anche la crisi
dell’antica organizzazione ecclesiastica pievana; ogni borgo si rende
indipendente anche dal punto di vista religioso; nascono parrocchie autonome e
presso ogni chiesa risiedono stabilmente sacerdoti che non fanno più vita
comunitaria; solo le liturgie battesimali continuano ad essere celebrate la
notte di Pasqua e di Pentecoste nella “pieve”.
14. L’organizzazione ecclesiastica delle
diocesi e la nascita dei liberi Comuni impongono la definizione dei
confini; gli atti notarili riportano che nel 1202 a S. Agata di Cogollo la
“vicinia” si riunisce e definisce i confini tra i comuni vicentini in destra
Astico (Velo e Arsiero) e quelli in sinistra (Caltrano, Cogollo e Valdastico);
nel 1204 al Prà della Warda i Comuni si riuniscono per definire i confini tra
Cogollo, Caltrano e Chiuppano e l’Altopiano; Castelletto di Rotzo eredita tutto
il territorio da cui si sarebbero formati i sette Comuni dell’Altopiano; è
probabilmente in questa occasione che la chiesetta di S. Margherita di Rotzo
dipendente dalla pieve S. Maria di Caltrano, diventerà “matrice” delle chiese
dell’Altopiano trasferendo questo privilegio alla Parrocchiale di S.
Geltrude; .conserveranno il titolo di “cappelle” dipendenti dalla pieve S.
Maria di Caltrano anche le parrocchiali S. Matteo di Asiago (che fino al
1393 era ancora in legno), S. Giustina di Roana, S. Marco di Canove e S.
Bartolomeo di Gallio.
15. In quel periodo l’accatastamento dei diritti di “decima” ordinato dalla
Chiesa con le “Rationes Decimarum” consentirà di avere per la prima
volta un documento completo e attendibile della situazione e della consistenza
di tutte le chiese divise per diocesi; le successive visite pastorali
consentiranno, infine, di avere dati aggiornati e attendibili sui fedeli, sul
clero e sulle chiese per ogni parrocchia.
Lucia Marangoni
NOTE SPARSE RACCOLTE E INTERPRETATE DA PINO TONIOLO
Ciao bela, come stetu? Xe da un toco che no te te fe viva. Tuto ben? A go caro. A te ghe fato ben a farghe un ripassin dale bone raise a sti miscredenti. Chissà che no i se revede.
RispondiEliminaCiao Sponcio e grassie del "Bela", ghè xè solo uno che col me vede el me saluda cusì, ma no credo proprio ca fussi la stessa persona ....xè vero, xè un toco ca nò me sentì, gò vudo el bloco del scritore , ma gò tuto in testa e sa son bona a partire, me vien fora tante de quele robe che l'astego in brentana no xè gnente al confronto! Secondo mi, conossere anca un fià de storia no farìa mia male, ma prosimamente ve farò lesare la me storia de Nadale... vedemo cosa che te me disi.... Ciao Lucia
EliminaLascemo qua...Xe un "tête à tête"...
RispondiEliminano ... no... ma son contenta che qualcheduni se sia acorti ca mancavo .... grassie!
RispondiEliminaMassa longo! A metà go perso el filo!
RispondiEliminaNon leggete come fanno i bambini per divertirvi, o come gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere.
EliminaG. Flaubert. (tento che no xe mia quelo che ga inventà el sc-iopeto)
Xe come mangiare insoma ! A speto desso el to proprio pensiero , Sponcy. Scométo che te piase la Madame Bovary ?
EliminaE Philo cosa ne pensa di Flaubert ?
EliminaPotete, per una volta, tutti due, rispondere alle domande ?
Mi costringe sempre a risponderle per cortesia. Non è fra i miei autori preferiti. Lo sarà invece fra quelli di Sponcio considerando che hanno diversi punti in comune. Ha visto signora come il suo pupillo ha liquidato la faccenda? Sfuggente e manipolatore, secondo il suo stile, come sempre. Noto però con piacere che l'unico che non si lascia tanto ammaliare è il sig. Lino, sarà un gentiluomo di vecchia scuola che sa riconoscere gli spiritelli fatui.
EliminaGrazie per la Sua cortesia e Sua sincerità. Suo sentimento per Flaubert è conforme a ciò che pensavo prima di farLe la domanda. Mi dispiace che non l'abbia sviluppato oltre.
EliminaÈ sempre interessante confrontare parecchi punti di vista. Adesso vediamo cosa dice Sponcio. Avrà Suo amico la personalità dissociata che Lei vorreste farci percepire ? Essendo Suo amico, non può essere profondamente malvàgio.
Lino ? Si ha molta esperienza. A proposito, mi dica, Lei ha qualche parentela con Tonezza del Cimone ?
Capisco perché s'intriga tanto col pupillo: avete entrambi una notevole capacità di persuadere e circuire (in senso buono, almeno per quanto la riguarda) il prossimo. Il soggetto non è affatto malvagio, mai detto questo né pensato. E' un gran burlone che si gode a "tirare a simento", come dicono qui, quelli che gli danno retta e siccome la misura non è fra i suoi pregi, può risultare anche molesto. Il mio intento (vano) è solo volto a proteggervi da lui e lui da sé medesimo. Non si aspetti quindi che mi presti in questa sede a duettare con lui, al quale peraltro mi lega profonda stima e amicizia. Avrà ben visto che è solo lui che deve condurre il gioco ed io non amo questo tipo di passatempi. Riconosco però che forse Lei ha stoffa per tenergli testa. Auguri! Non c'è mai riuscito nessuno. Quanto a Tonezza c'è si un rametto che sale al monte, ma per me è soprattutto un posto caro dell'anima.
EliminaAh, dimenticavo di fare i complimenti alla Lucia, apprezzo il suo impegno in Valle e leggo sempre con grande piacere e interesse i suoi interventi, qui e altrove. Ecco, se il pupillo imparasse dalla Lucia invece di dissiparsi in sciocchezze, non sarebbe male.
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