(di Susanna Tamaro)
Sono nata a metà del secolo scorso, sull'estremo confine orientale del nostro paese. Per ragioni storiche geografiche, la guerra - soltanto il suo ricordo, per fortuna - ha accompagnato tutti i giorni della mia infanzia. Mio nonno aveva combattuto nella Prima Guerra mondiale e quei quattro anni di trincea incombevano silenziosamente in ogni suo gesto. Mio padre poi era stato catturato dai tedeschi a 16 anni e portato in un campo di lavoro, esperienza dalla quale probabilmente non si è più ripreso. Per non parlare della ragione misteriosissima per cui una parte della mia famiglia, ad un certo punto, ha dovuto nascondersi e tremare per ogni persona che bussava alla porta. Gli ultimi due giorni della Seconda Guerra una bomba americana ha centrato la grande casa dove viveva la mia famiglia, radendola al suolo.
Il racconto delle fughe nel rifugio antiaereo, delle esplosioni, del terrore che ci faceva nostra madre, così come la morte del suo amato cagnolino Bibi, bruciato vivo dall'esplosione ha inciso profondamente nella mia memoria, nel mio cuore, nella mia anima. Così come non posso scordare l’inquietudine che provavo camminando la domenica con mio fratello intorno alle foibe, raccogliendo gli amati ciclamini, totalmente ignari di cosa ci fosse sotto quelle grandi lastre di pietra. Lo chiedevamo, naturalmente, ma ci veniva risposto che erano cose da grandi.
Per queste ragioni, credo, la spensieratezza dell’infanzia non mi è mai appartenuta, perché, invece che sulle giostre, ho trascorso le ore di svago camminando su una terra che sapevo intrisa di sangue.
Ero convinta che le guerre mondiali fossero un evento generazionale: la Prima per i nonni, la Seconda per i genitori, la Terza per noi figli. Poi sono cresciuta, sono passati gli anni e ho cominciato a sperare che quella realtà ineluttabile non si sarebbe avverata, che le guerre con i cannoni, le bombe e gli aerei, le città rase al suolo non ci sarebbero più state.
E invece eccoci qua. Un’altra orribile guerra novecentesca, come se qualcuno avesse voluto rimettere indietro l’orologio della Storia.
La vita è già così breve, così fragile, così piena di difficoltà. Le persone normali desiderano solo una cosa. La pace.
Quale follia che ancora una volta un uomo solo imponga al mondo il suo delirio di distruzione e morte!
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