Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa, non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi,
ma son mille papaveri rossi.
Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente.
Così dicevi ed era d'inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve.
Fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una croce.
Ma tu no lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a passar la frontiera
in un bel giorno di primavera.
E mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.
Sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue.
E se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire,
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore.
E mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbracciata l'artiglieria
non ti ricambia la cortesia.
Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato.
Cadesti a terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno.
Ninetta mia, a crepare di maggio
ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella, dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno.
E mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi il fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole.
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa, non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
Fabrizio De André
Bellissima e molto commovente. Mi ricorda una poesia di Arthur Rimbaud, scritta in ottobre 1870 durante la guerra tra Francia e Prussia, tradotta dal francese qui sotto :
RispondiElimina“Il dormiente della valle”
È un anfratto verde dove canta un fiume
Appendendo follemente all’erba i suoi stracci
D’argento; dove il sole, dalla fiera montagna
Risplende: è una piccola valle spumeggiante di raggi.
Un giovane soldato, la bocca aperta, il capo nudo,
E la nuca immersa nel fresco nasturzio azzurro
Dorme; è steso nell’erba, sotto le nuvole,
Pallido nel suo verde letto dove la luce piove.
Ha i piedi fra i gladioli, dorme. Sorridendo come
Sorriderebbe un bimbo malato, fa una dormita.
Natura, cullalo tiepidamente. Ha freddo.
I profumi non fanno fremere le sue narici;
Lui dorme nel sole, la mano sul petto.
Tranquillo. Ha due buchi rossi sul lato destro.
E per ricordare "Mario" per i suoi 100 anni:
RispondiEliminaCANZONE PER MARIO
Il tuo ricordo viene da lontano,
viene dal cuore del tuo altopiano:
altopiano di guerra e di fatica,
altopiano, terra per tanti amica.
Con le nevi di novembre tu sei nato,
dalle nevi della Russia sei tornato:
ti sei salvato da quella guerra atroce,
per dare ai morti amici la tua voce.
“Mentre marciavi con l’anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle,
che aveva il tuo stesso identico umore,
ma la divisa di un altro colore.”
Un poeta genovese così cantava,
pace e libertà in cuor sognava:
hai sognato anche tu un mondo bello,
per trovare in ogni uomo un fratello.
Hai amato i tuoi monti e la tua gente,
hai portato tante storie nella mente.
Caro Mario, continua a raccontare.
Tutto passa , ma tu lo fai durare.
Tu fai durare il canto della vita,
con la sua gioia e la sua pena infinita.
Ci hai lasciati in una dolce primavera,
finendo con speranza la tua sera.
Sèrgio Bonato Khuntz 2012, Roana
e per i cimbrofoni
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LIID VOR IN MARIO
Von baitame pist-to von allen gadénkhet,
z hèertze me hòoch-lante hat-tich gaschénkhet:
hòoch-lant von maatarn, von khriighen an hella,
hòoch-lant, von sòveln laüten an khsella.
Fan hòolikh-maanot met sneebe gabüart,
vom-me sneebe dar Russien èersinkh gavüart:
ganiiset von dèmme khriighe met nòat
ghist de dain ruufe in khsellen fan tòat.
"Bail du haikaltest, af d aksel in sinn,
sachtast-to an mann im-me taale denìnn,
ba hatte z dain selbe galàiche galüst,
badar andarst gavèrbet z garüst."
An singar ka Gènova sankh von dèmme,
az vriide und vraikhot vomm hèertzen khèmme:
Du òch hast gatröömet an bèlt schööndar hanne,
zo vènnan an pruudar in ilcharme manne.
Hast galiibet de pèrghe, de laüte voròan,
hast gatràt in dar minte asòveldar schòan.
Liibatar Mario, prècht-üz nòch sòvel veerte.
Allez dorgheet, ma met diar haltet-z heerte.
Met diar haltet heerte me leeban dez boart,
gafròant und òch maatarnten schiar ane oart.
Am-me langhese, süüzen, du hast-üz galàzzet,
z dain maal met-ten lesten gadìnghen gavàzzet.
gakhèart in zimbrisch vom-me Remìgio Geiser ~ 2013
Esiste cantata ed accompagnata da Pierangelo Tamiozzo nelle due lingue