Era una domenica come tante, un pomeriggio che a turno dedicavamo, i miei fratelli ed io, a stare con nostra mamma in casa di riposo. Dal momento in cui siamo stati obbligati ad affidarla ad una struttura, ogni giorno della settimana, qualcuno di noi andava a trovarla e le faceva compagnia.
Non era solo stare con lei, ma quelle ore passate insieme erano un tempo per prendersi cura di lei, nel modo in cui potevamo, facendole sentire la nostra presenza, il nostro amore. Non è stato facile e non lo è tuttora, pensarla in un luogo sconosciuto, attorniata da volti mai visti, con abitudini diverse, ma più di tutto lontano da casa sua, dai suoi ricordi e dalla quotidianità, ma non potevamo fare diversamente.
Lei teneva moltissimo ai suoi capelli, ad avere sempre la tinta, a essere in ordine, quindi ogni settimana ci prendevamo cura di quell’aspetto, le facevamo massaggi alle gambe, alle braccia e finchè ha potuto, la facevamo camminare lungo il corridoio.
Nipoti e pronipoti andavano di tanto in tanto a trovarla così assisteva alla loro crescita; ogni tanto, la portavamo a fare un giro, oppure la tenevamo per alcune ore a casa nostra, per darle una parvenza di famiglia, che non poteva più vivere. Anche per il cambio del vestiario, le facevamo scegliere cosa mettere e preparavamo tutto per il mattino seguente. Posso dire che abbiamo cercato di impegnarci in ogni modo, per farla sentire avvolta dal nostro amore e dalla nostra cura. Non potevamo certo immaginare che, quello che era per noi tutti normalità, sarebbe diventato impossibile da realizzare.
Quella domenica di fine febbraio, sembrava una delle solite: massaggio alle gambe e alle braccia, pulizia apparecchi acustici, crema sulle mani, poi caffè d’orzo al bar, preghiera in chiesa, qualche chiacchiera con altre persone.
Nel tardo pomeriggio, passeggiando per il corridoio, noto qualcosa di strano: qualcuno stava affiggendo alle porte d’entrata un cartello che spiegava che, a causa del covid, in via precauzionale, la struttura sarebbe rimasta chiusa alle visite per una settimana.
Spiegare a mia mamma questa modalità inaspettata, non è stato facile, lei ripeteva che non avrebbe potuto resistere una settimana senza vederci. Ho chiamato i miei fratelli perché la salutassero e la tranquillizzassero, ma sono andata via che era molto agitata e anch’io ero in pensiero.
La chiusura è stata totale e definitiva, abbiamo iniziato a prenotare le videochiamate: cinque minuti per vederla e farle capire che non potevamo fare niente. Quindi, in un modo per me crudele, dentro a dei box, a una distanza tale che non riuscivamo a capirci, tanto che l’animatrice passava da ogni ospite (erano gruppi di sei), a riferire le nostre parole. Dopo molti mesi l’abbiamo potuta vedere attraverso un plexiglas senza toccarla, a seguire potendo toccarle le mani con i guanti, poi senza. Durante i mesi estivi, ci trovavamo nel parco all’ombra dei grandi alberi e non ci pareva vero poter starle vicino, abbracciarla e baciarla. Poi tra operatori e ospiti positivi, tutti gli anziani della villa interessata, erano messi in isolamento e non mi ricordo nemmeno quante volte lo è stata.
Pensarla chiusa nella sua stanza tutto il giorno, avere la visita di operatori e infermieri tutti bardati come degli astronauti, con il nome scritto in fronte, ci faceva stare ancora più male.
In seguito, quella che era la chiesa, è stata allestita con tavoli e sedie per i colloqui con i famigliari: potevamo andare in due, toccarla e restare per tre quarti d’ora, sempre con certificato verde, mascherina FFp2, controllo temperatura e foglio compilato e firmato. Ci pareva di andare verso una quasi normalità, ma il continuo aumentare dei casi, ha cambiato ancora il momento della nostra visita: un solo visitatore, ancora con il plexiglas, senza toccarla, faticando molto a farci capire, tanto che abbiamo iniziato a scrivere su un foglio con un pennarello, per comunicare e a farle vedere le foto dei nipoti a cui lei pensa sempre e chiede notizie…
In questo momento la vediamo senza plexiglas, sempre una volta alla settimana, per quarantacinque minuti che ci distruggono e ne usciamo sfinite, ma consapevoli che non possiamo fare niente per cambiare le cose.
Oggi per esempio, aspettavo che l’animatrice si girasse per stringerle le mani, mentre lei piangeva a dirotto: nascondersi per stringere una mano, mai avrei pensato di dover fare questi sotterfugi per toccare mia mamma! In questi due anni, ne abbiamo viste e provate di tutti i colori, ci siamo interessate, abbiamo spesso chiamato per delucidazioni, ma non potendo più entrare, non abbiamo più avuto modo di controllare che il lavoro di tanti operatori, fosse eseguito con il rispetto e la cura che credo sia dovuta a una persona anziana che si trova lontano dai propri affetti.
Non voglio raccontare niente, ma alla fine abbiamo dovuto arrenderci e sperare che niente di quello che giustamente abbiamo chiesto, vada a interferire sulla serenità di nostra mamma. Questi due anni hanno tolto molto a tante persone, tutto quello che era attesa, abbracci, baci, rassicurazione, premure, amore… Tutto sparito, annullato e vi assicuro che è lacerante non poter accarezzare la propria mamma, non avere modo di stringerla e dirle che siamo con lei, che è tutto passato, che torneremo come prima di questo virus che ci ha cambiati tutti. Sono certa che la fascia d’età che ha più sofferto e che continua a vivere questa sofferenza, siano proprio gli anziani nelle case di riposo; tutte le altre età hanno in qualche modo potuto mantenere i rapporti, mentre quelle persone così fragili, sono state denudate di tutto quel poco che ancora avevano e che serviva ad andare avanti. Io mi domando come si può fare a sopravvivere a un modo così ingiusto e terribile, senza impazzire… Spesso la pensiamo e ci vengono le lacrime agli occhi, vorremo poter portarcela a casa, coccolarla e tenerla stretta a noi, ma non è possibile farlo. La cosa che in questo momento mi pesa di più è dover raccontare tante bugie, per non farle sapere di Claudio, rispondere alle sue domande dicendole che non può andare a trovarla perché non può fare il vaccino. E quando mi chiede cosa sta facendo, cercare di raccontarle delle api, delle patate, dei mille lavori che deve fare… tanto che quando esco, mi sembra impossibile che mio fratello non ci sia più… Quando ci domanda cosa ci fa ancora in vita, che la sua non è vita, che vuole vederci tutti, che vorrebbe morire, come si può darle torto?
I sentimenti che si provano in queste situazioni sono tanti: tenerezza, amore, compassione, dolore, rabbia, dispiacere, sofferenza… tanta che non si può spiegare. Prego soltanto che almeno la notte riposi e sia un po’ serena, perché le giornate avare di sentimenti, vuote di rapporti, devono essere un vero calvario. Penso alle tante persone nelle case di riposo e non posso non essere triste per la situazione che stanno vivendo; voglio però sperare che ci sia ancora qualcuno che regala un sorriso, che fa una carezza, che dice una parola gentile, visto che i famigliari non possono più farlo. La loro solitudine in questo lungo tempo è stata terribile e non si sa fino a quando continuerà; il cuore di chi li ama è sempre angosciato e gli occhi sono pieni di lacrime. Ma nulla possiamo fare se non sperare che qualcosa cambi, per trovare un po’ di quella serenità che ci è stata rubata, anche se il tempo perso non potremo mai recuperarlo…
Lucia Marangoni Damari
Pedescala 19/03/2022
Ho pianto.
RispondiEliminaQuando si è impotenti non ci resta che piangere
Avendo toccato con mano, in questi mesi, la triste realtà dei ricoveri in ospedale e in rsa in tempo di Covid, queste parole mi toccano nel profondo del cuore.😥🙏🙏😞
RispondiEliminaE come non ricordare quel 24 febbraio? ..."chiudiamo una settimana per sicurezza"... e quelle settimane all'oggi sono già 110... 25 mesi!!! Altro che incubo!
RispondiEliminaSolo chi ha vissuto e sta vivendo questa situazione può capire, gli altri solo immaginarla. Credetemi che è uno strazio, un'impotenza che ti logora. Ma i VERI EROI sono loro. Da decorarli tutti con la medaglia d'oro!!! E nei vari media questa triste realtà non trova più spazio, se mai ne ha trovato un po' all'inizio... Vi chiedo un favore: condividete cortesemente nei vostri social questo post per sensibilizzare un po' le persone su questo argomento e tentare di tenere un po' alta l'attenzione al riguardo. Non so quando tutto potrà tornare alla situazione di normalità pre-covid, quello che mi auguro è che ciò possa avvenire quanto prima possibile, perchè "quando chel viajo lè longo... taca a pesare anca na paja"...
E spero tanto che il "buon senso" prevalga in chi deve decidere il da farsi, sforzandosi di tralasciare certe evidenti, elementari assurdità.
A te Lucia, un sentito grazie.
Mi son venute le lacrime agli occhi... Sì, in effetti è stata veramente dura e non è ancora finita, tutti questi anziani che sono rimasti praticamente soli in questi due anni, io da un lato la mia mamma mi vedeva lavorando lì e sono stata fortunata, ma non si poteva accarezzarla, darle un bacio e quando mi chiamava mi si stringeva il cuore non poterla stringere, anche io come Lucia la curavo e le preparavo gli abiti puliti sopra il letto! É stata dura, dura soprattutto per loro! Brava Lucia, sperando che le cose migliorino... penso anche a te Carla che sará stato difficile avendo Renzo in casa di riposo, in questi due anni.
RispondiEliminaCiao e grazie.
Anch'io ho pianto,nel leggere questo triste racconto,in un certo modo ho vissuto anche io insieme ai miei fratelli questa crudele realtà che ha segnato tutti noi.Purtroppo dopo una lunga sofferenza la mamma mi ha lasciato e dopo avere fatto tutto quello che era nelle mie possibilità mi è sembrato di non avere fatto abbastanza... Quando è stata trasferita era disperata e piangeva e io col ❤️ gonfio a dirle mamma non piangere ora vai in un posto dove ti fanno guarire (bugie). non dimenticherò mai quegli occhi...mai più.Non sono più riuscita a vederla a tenerle la mano a dirle mamma ti voglio bene e sono qui con te.Come si fa a non permettere almeno a un figlio di starle vicino ? morire da sola perdendo senza i suoi figli ogni punto di riferimento.... Questo è capitato a me e a tanti altri e non si può spiegare il dolore atroce che si prova e che ti resterà dentro per sempre.Katia Bernar.
RispondiEliminaComprendo il tuo devastante dolore, Katia.
EliminaQuello che descrivi è, in assoluto, l’aspetto più terribile della pandemia.
Anche se non ti conosco, ti auguro di cuore che il ricordo di quell’ultimo sguardo della tua cara Mamma venga quanto prima sovrastato dai ricordi, ben più numerosi, degli occhi pieni di vita, gioia e felicità che le hai visto nel corso della sua intera vita.
Doveroso avere un occhio di riguardo per i più fragili, ci mancherebbe, ma oramai hanno aperto ovunque, anche negli ospedali. Sono i più fragili sì, i più penalizzati e anche quelli che soffrono di più e che avrebbero più bisogno di un contatto umano!!! Il personale di questi tempi non può sostituirsi ai familiari, nella maniera più assoluta. Soffrono, soffrono, soffrono e si lasciano andare. Speriamo che tengano conto di questo gli addetti a legiferare.
RispondiEliminaMi spiace infinitamente...
RispondiEliminaIl perdurare di questa situazione non ha proprio senso. All’inizio della pandemia un tale sacrificio poteva essere in parte compensato dall’idea di proteggere il proprio caro dal virus ma, ora che tamponi e vaccini sono alla portata di tutti, non se ne capisce davvero il motivo.
So, per esperienza diretta, che all’ospedale di Santorso permettono ora a due persone munite di super greenpass di far visita all’ammalato, purché siano sempre le stesse ed entrino alternandosi.
Ero convinta che la stessa regola fosse stata estesa a tutte le strutture... Non capisco.
Penso che i vostri cari, che tanto hanno sopportato finora in solitudine, siano persone davvero speciali, dotate di un proprio mondo interiore ricco di amore e affetto da voi sedimentati nel loro cuore per anni, e che da lì abbiano tratto la forza per resistere.
Ma non si può chiedere loro e a voi di reggere oltre!
Davvero, bisogna tenere alta l’attenzione, condividere sui social e unirsi affinché le regole vengano SUBITO modificate.
Un abbraccio,
Paola
Tutto vero sono EROI e sono chiusi in prigione nell' età più fragile. È vero le luci si sono spente sulle condizioni di vita sulle sofferenze morali di chi vive nelle strutture e anche dei loro cari.
RispondiEliminaGrazie Lucia per questo scritto
RispondiEliminaTutta la mia solidarietà per quanto ho letto, considerando che ho fatto anch'io questa esperienza.
RispondiEliminaVorrei spendere due parole per chi lavora in queste strutture, in particolar modo le RSA.
Grazie infinite per il vostro lavoro di questi due anni.
Lavoro poco considerato,a volte con riserva, poco pagato, poco rispettato, lavorando a volte in equipe non complete.
La mia più grande ammirazione.