[Gianni Spagnolo © 21N6】
Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio, Lutezio, Ittrio, Promezio e Scandio.
No, non sono i nomi di martiri della Chiesa primitiva, ma quelli più terrestri, è il caso di dirlo, delle Terre Rare. Le cosiddette Terre Rare sono 17 elementi chimici della tavola periodica classificati come metalli, la cui importanza strategica deriva soprattutto dal loro massiccio utilizzo nell’industria dell’elettronica di consumo, nel settore medico, e nell’industria della difesa. La loro importanza è connessa non solo alle intrinseche proprietà fisiche e chimiche, ma anche alla capacità di alterare quelle di altri minerali e di aumentare lo spettro delle loro applicazioni tecnologiche. La domanda di questi minerali è perciò cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, rendendoli preziosi e di interesse geostrategico. Al contrario del loro nome, le terre rare sono piuttosto abbondanti, presenti in maggiori quantità di altri minerali ferrosi e non ferrosi come, per esempio, rame o nichel. Tuttavia, a renderle effettivamente “rare” è sia la loro distribuzione geografica che il processo di estrazione ad alto impatto ambientale. Infatti, allo stato naturale i 17 elementi chimici si trovano mescolati con altri minerali in diverse quantità, e devono quindi essere separati. Tuttavia, per poter separare i metalli sono richiesti acidi e solventi organici che risultano essere dannosi per il contesto ecologico, sia per le emissioni di CO2 che vengono prodotte durante l’estrazione, ma anche per le scorie radioattive e chimiche che vengono rilasciate nell’ambiente. Inoltre, vengono impiegati metodi di estrazione differenti in base al tipo di concentrazione dei minerali, con conseguente applicazione di tecnologie e know how specifici al tipo di metallo che si vuole estrarre. Il processo di lavorazione, che comprende la raffinazione e la purificazione dei metalli, avviene in più fasi di miscela e filtraggio che richiede tempi lunghi e strutture adeguate, le quali sono presenti per la maggior parte in Cina. La Cina possiede circa un terzo delle riserve mondiali ed è l’indiscusso leader del settore, del quale controlla circa il 90% della produzione totale mondiale, sfiorando livelli monopolistici. Il primato cinese è dovuto a più fattori, come la presenza sul suo territorio dei metalli, le leggi meno stringenti sulla salvaguardia dell’ambiente ed il diffuso know how di lavorazione.
Dalle nostre bande di terra ce n’è sempre stata poca, ma di sassi ne abbiamo tanti, troppi, massa! infatti ne abbiamo commerciati parecchi negli ultimi anni, specialmente negli ex-Domini Imperiali. Non scherzano tuttavia neppure gli ex-Domini Veneti, considerato lo squarcio della Cava Molino che ricade nel Serenissimo (forse non poi tanto) comune di Valdastico. Granfàti che rénto a tuto cuél sassaménto a no ghe sìpia gnanca na Tera Rara? Magari l’Europio, ...chel va tanto de moda. Se fossimo capitati nell’orbita dei cinesi oggi forse saremo la Tera Valley, dato che loro pare riescano a trarre beneficio da ogni minima cosa, pure dagli schianti della nostrana tempesta Vaia, che noi non riusciamo ad utilizzare neanche per il fuoco. Magari gli Imperiali già lo sapevano e ci hanno taciuto la cosa, lucrando inopinati vantaggi a beneficio dell’ex feudo trappiano. Mah, … a saére!
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