Quando un amico ci lascia, è come se un pezzo di cuore venisse a mancare, come se la nostra vita avesse comunque una carenza, un vuoto.
Nessuno può colmare quel vuoto, nessuno è in grado di farne le veci, perché ognuno di noi è unico.
Unico, speciale, particolare, con tutti i suoi pregi e difetti e nessun altro può sostituirci. Possiamo imitarci, agire come gli altri, sforzarci di essere simili, ma non saremo mai capaci di essere uguali in tutto, ad altre persone.
E tutto questo non è meraviglioso?
Mi è venuto in mente che chi lavora manualmente il vetro e riesce con maestria a modellarlo, creando veri capolavori; non c’è mai un oggetto uguale all’altro, un vaso della stessa forma e fattura, avrà comunque un particolare diverso che lo rende singolare.
Ed è per questo, che le memorie lasciate dalle persone sono speciali: ognuno attinge e dona, ognuno lascia un ricordo che è solo suo, sta a noi saperlo custodire e raccontare, così che mai vada perduto.
Fare memoria non è solo ricordare, è rifare, rivivere ciò che è rimasto nella mente, così che venga tramandato.
A uno dei tanti corsi a cui ho partecipato, trattando il sacramento dell’Eucarestia come “memoriale”, ci è stato chiesto di pensare e scrivere un rito, una memoria; a me è venuto in mente cosa faceva mio papà, quando alla televisione trasmettevano il saluto e la benedizione del Papa, a Natale e a Pasqua. Lui si alzava da tavola, prendeva una sedia e s'inginocchiava tenendo una gamba diritta e l’altra in ginocchio. Il silenzio intorno era totale, lui cercava di leggere le preghiere scritte sul grande libro e le recitava… Pensando a questo, mi sono accorta che anch’io faccio la stessa cosa e anche se intorno c’è il vociare dei commensali che aspettano il pranzo, io mi estraneo, ascolto e faccio quello che faceva mio papà quasi senza pensarci, perché mi viene spontaneo. Questo è fare memoria, è ricordare mettendoci i gesti, le azioni, così che non vengano dimenticate. Io continuerò a farlo e anche se i miei figli e nipoti non lo faranno, spero che questa mia immagine rimarrà nella loro mente. Ho anche scoperto, condividendo in gruppo sempre al corso, quanti siano i modi di fare memoria che altri hanno raccontato: il modo di impastare gli gnocchi, come si mette un capo di abbigliamento, il tirare su le maniche quando si fa un lavoro, sedersi e tanti altri. La memoria quindi è rivivere una relazione, è sentirsi sempre in contatto, non è un semplice “rito”, ma diventa presenza vitale.
Tutto questo mi è venuto in mente pensando all’amico Riccardo: chi l'ha conosciuto potrà fare memoria a modo suo di qualche gesto, di qualche parola, di qualcosa di speciale e unico che ci è stato lasciato come ricordo.
Possiamo pensarci, riflettere e magari fare o dire qualcosa che ci è stato lasciato da chi abbiamo amato, (forse inconsapevolmente già lo facciamo) così che non resti solo il ricordo, ma che diventi memoria importante per noi e per gli altri.
Lucia Marangoni Damari
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