Essa era situata in località "Folo" di Pedescala proprio dove terminava il ciclopico "Murasso" costruito dagli scalpellini di Tonezza nel 1882 ed in gran parte scomparso con l'alluvione del '66.
La "Calcara" assieme ad un'altra sita in Valdassa servì al paese nella sua ricostruzione dopo la Grande Guerra e dopo i tragici eventi del 30 Aprile 1945. Il prodotto si otteneva cuocendo le pietre calcari per tre giorni e tre notti in una fornace, utilizzando la legna come combustibile; dopo questo primo passaggio i sassi diventano completamente bianchi, venivano quindi successivamente riposti in una vasca d'acqua diventando così "calce". Lo scatto mostra inoltre i fabbricati del "Folo" i quali da sempre sfruttando l'energia dell'acqua della vicina Valdassa furono adibiti nei secoli alle più svariate attività produttive come ad esempio: si macinava la corteccia di larice per colorare il cuoio, movimentavano dei folloni per la lana, furono una falegnameria, un'infermeria (nel 1916), una stalla, un'abitazione, ed una segheria della quale gli ultimi proprietari furono i Pretto "Subia".
(il toponimo "Folo" deriva perché in quel luogo nei tempi remoti esistevano dei macchinari detti "folloni" con i quali si produceva il "feltro", una specie di stoffa realizzata in pelo animale; non è un vero tessuto, esso veniva prodotto con l'infeltrimento delle fibre di lana conferendo così al prodotto una maggiore resistenza, compattezza e una certa impermeabilità).
Delmo Stenghele
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