Ormai quasi tutti sanno che si può sviluppare una dipendenza dai dispositivi digitali. Per dirla con le parole di Anna Lembke, psichiatra e specialista delle dipendenze di Stanford, “ognuno di noi ha una droga digitale preferita, e probabilmente questa droga prevede l’uso di un telefono, l’equivalente dell’ago ipodermico per una generazione connessa”.
I dati suggeriscono che la tesi di Lembke non sia un’iperbole. Per esempio, gli utenti dei telefoni trascorrono in media al massimo appena due ore senza usare il dispositivo, lo sbloccano almeno cinquanta volte al giorno e toccano lo schermo fino a 2.617 volte al giorno.
I giovani sono particolarmente colpiti. Un rapporto del 2018 del Pew research center indica che il 44 per cento degli adolescenti ammette di controllare i propri dispositivi per leggere messaggi o notifiche immediatamente dopo il risveglio mattutino. Il 54 per cento dichiara di dedicare troppo tempo al telefono, mentre il 42 per cento prova una sensazione di ansia quando non può accedere al telefono. Molto probabilmente le persone che usano compulsivamente Facebook, Instagram o WhatsApp hanno provato la stessa sensazione di recente, quando le tre applicazioni sono sparite da internet per qualche ora.
La dipendenza dai dispositivi digitali non è innocua: viene associata alla depressione e all’ansia, e colpisce in modo sproporzionato le persone sole. Secondo la società per la ricerca tecnologica CompareCamp, il 26 per cento degli incidenti automobilistici che si verificano oggi negli Stati Uniti è dovuto all’uso del telefono mentre si guida.
Ma in un mondo dominato dai pagamenti elettronici, dai documenti digitali e dal lavoro in remoto, uno stile di vita senza telefono diventa sempre meno pratico. Un approccio migliore (e per molti più plausibile) è quello di gestire il comportamento dipendente moderando l’uso. Non si tratta solo di fissare un limite al tempo trascorso davanti uno schermo (che può essere facilmente superato) ma di sviluppare abitudini precise e concrete per sostituirne altre, poco salutari, che ci tengono incollati al telefono.
Il punto, in questo caso, è capire se i servizi digitali sono più simili alle sigarette o ai carboidrati.
Il punto, in questo caso, è capire se i servizi digitali sono più simili alle sigarette o ai carboidrati. Credo che la risposta corretta sia la seconda. Smettere da un momento all’altro, infatti, significherebbe subire conseguenze deleterie per chiunque abbia bisogno di gestire un conto in banca, comunicare con i propri cari, chiamare un taxi, lavorare da casa o eseguire un’infinità di attività quotidiane. Dunque l’approccio corretto è quello di individuare il giusto livello di utilizzo.
Il quoziente di dipendenza può variare in base ai valori di ognuno, al livello di necessità di usare il telefono e probabilmente anche alla chimica del cervello del soggetto. Ma i risultati della ricerca forniscono una base importante da cui partire per fissare alcuni obiettivi personali. Se usiamo i social network più di quanto vogliamo, l’obiettivo di partenza potrebbe essere quello di ridurre di un terzo il tempo che vi dedichiamo.
Trovare l’obiettivo più adatto per ridurre l’uso eccessivo, però, è molto diverso dal farlo concretamente. Alcune persone provano con la psicoterapia, e gli psicologi hanno consigliato dei farmaci per affrontare le dipendenze come quella da internet. Ma per chi vuole adottare un approccio “fai da te”, ecco tre consigli che potrebbero risultare efficaci.
Prendetevi il vostro tempo per scrollare
Potrebbe sembrare controintuitivo, ma statemi a sentire. Buona parte del nostro uso eccessivo dei dispositivi lo facciamo senza pensarci. Uno studio del 2018 condotto su alcuni adulti australiani ha rilevato che l’86 per cento ammetteva di usare il telefono “automaticamente”. Sapete tutti cosa intendo: se abbiamo 15 secondi da trascorrere in ascensore o in attesa di un semaforo verde prendiamo subito il nostro telefono. Spesso non ci accorgiamo nemmeno di guardarlo. È un modo per ammazzare il tempo.
Il metodo migliore per contrastare lo scroll automatico è di prestarci attenzione. Fissate un arco di tempo ogni giorno oppure ogni settimana in cui guardare il telefono concentrandovi. Non fate nient’altro, concentratevi sul telefono per i minuti previsti, come se fosse un lavoro. In sostanza significa adattare le istruzioni del maestro buddista Thích Nhất Hạnh contenute in Il miracolo della presenza mentale: “Mentre si lavano i piatti bisognerebbe fare solo quello, lavare i piatti. Lavando i piatti bisognerebbe essere completamente consci del fatto che si stanno lavando i piatti”. Oltre a rendere una dipendenza più facile da superare (gli studi dimostrano che le pratiche di autoconsapevolezza sono molto utili nella cura delle dipendenze), un percorso di questo tipo potrebbe farci capire quanto in realtà sia noioso fissare un telefono.
Disattivare le notifiche
La maggior parte delle dipendenze è associata a un neurotrasmettitore chiamato dopamina. La dopamina governa il desiderio e aumenta quando riceviamo input esterni come la pubblicità o ci ricordiamo di fare qualcosa di piacevole, come fumare, scommettere o controllare il telefono. I telefoni manipolano la nostra dopamina, soprattutto attraverso suoni e avvisi che indicano la presenza di un messaggio o di una citazione. A quel punto dobbiamo per forza guardare il telefono per soddisfare la nostra curiosità.
La soluzione è semplice: se ne avete uno disattivate tutte le notifiche, tranne forse quelle di cui avete bisogno per lavoro. Mantenete attiva la suoneria per non perdervi la chiamata della mamma.
Separarsi fisicamente
Se cercate di mangiare in modo più salutare, molti nutrizionisti vi consiglieranno di non tenere cibo-spazzatura in casa. L’idea è che in questo caso un’alimentazione dannosa, una scelta che altrimenti fareste senza pensare, richiederebbe uno sforzo.
La stessa idea si applica al telefono. Riservate aree della vostra casa in cui il cellulare non dev’essere fisicamente vicino, come il tavolo da pranzo o la camera da letto. Personalmente metto in carica il mio telefono in cucina, la sera prima di andare a letto al piano di sopra. È un’abitudine che mi permette di non desiderare il telefono quando vado a dormire. Se mi sveglio durante la notte, inoltre, controllare il telefono richiede un grande sforzo, quindi non lo faccio.
Alcune persone si spingono oltre. Lo studioso di tecnologia digitale Cal Newport sostiene il metodo del “telefono all’ingresso”, che prevede di posarlo subito dopo essere entrati in casa e rimetterlo in tasca solo quando si esce. Se ha bisogno di controllarlo, Newport lo fa esclusivamente nell’ingresso.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è stato pubblicato sul sito di The Atlantic.
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