sabato 27 febbraio 2021

In gual note, .. mejo scrivare!

【Gianni Spagnolo © 21II4】

Tarè che la riva in gual note!… Diceva mio padre prevedendo la neve, guardando verso il cielo lattiginoso e annusando l’aria che si faceva frizzantina. Ogni tanto lui se ne usciva con qualche arcaismo che m’incuriosiva, specie se non l’avevo mai sentito prima. Cosa significava quell’in gual, o ingual, o qualcosa dal suono analogo? O meglio, il senso lo capivo, voleva dire evidentemente: verso, all’approssimarsi di qualcosa, prima di; ma da dove veniva quell’espressione? Era talvolta sulla bocca dei  vecchi, anche di mia nonna, tipo: vardé tusi d'essar casa in gual note. Che era un invito ad andar casa prima che facesse buio. Biòn essar in sima ala Singéla in gual dì! Era la raccomandazione di partire presto per andare in montagna e giovarsi di tutte le ore di luce.
Espressioni così non le ho mai più sentite fuori dal paese. Nei dialetti veneti non ho trovato riscontri, perciò è probabile sia un localismo. Neanche nel Cimbro pare ci siano riferimenti, pur potendo essere una corruzione di innghian, Ingang (entrare, andar dentro, ingresso), o innghem (imboccare), che potrebbero adattarsi entrambi al contesto.
Vabbé, fermiamoci qui! 
Eppure la nostra civiltà è basata sulle lingue: dall’accadico, all'ebraico, al latino, passando per il greco. Si è tagliato il capello in quattro su ogni loro espressione, lemma o segno grafico, ma della minuscola civiltà analfabeta nostra non se n’è occupato mai nessuno.  È rimasto e ha avuto credito solo ciò che è stato scritto, null’altro. Salvo non mettersi a scavare, ma i nostri reperti erano tutti deperibili, varatì! La scrittura rappresenta il vero discrimine fra ciò che è degno di considerazione e ciò che non lo è. Sappiamo tutto dei contorti e fantasiosi miti fondativi dell’antica Grecia, finanche di Babilonia, per non parlare degli antichi Egizi, vecchi di millenni. Inutile dire della Torah, la Legge per antonomasia, messa per iscritto oltre 25 secoli fa, ma della nostra gente praticamente niente. Nessun Leonida, nessun Ulisse, nessun Davide e men che meno Augusto hanno mai albergato fra di noi e se mai ce n’è stato qualcuno, anche di piccolo piccolo, non ha lasciato traccia scritta. Ma noi siamo perdenti, si sa! Lo siamo sempre stati e non c'è da stupirsi se non abbiamo mai meritato menzione. Persino i popoli barbari, tanto temuti e infine vincitori, hanno lasciato scrivere la loro storia dai nemici romani e in latino; e non è detto che l'abbiano scritta giusta. Quel che non è stato redatto, semplicemente non è stato. Sarebbe tuttavia interessante conoscere gli eventi non attraverso quel che è stato scritto, ma semplicemente da quel che è stato e basta. 
Il punto è che  in passato scrivevano i pochi con solida cultura e formazione e perciò raramente a vanvera. Oggi invece chiunque può scrivere qualcosa, e in molti anche a vanvera, come il sottoscritto. Chissà dunque che idea si faranno di noi nel futuro. Mi sa tanto che i posteri capaci di leggere uno scritto saranno anch'essi in pochi, dovendo essere acculturati per decifrare una scrittura che nel frattempo sarà stata superata dalla cultura effimera dell'immagine, così come noi oggi con i caratteri cuneiformi. Però è proprio fantastico il potere della parola scritta! Ancamassa, ciò!

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