venerdì 31 dicembre 2021

Petardi bio

Da molte parti giungono ormai pressanti inviti a rinunciare ai botti per festeggiare il Capodanno, quando non espressi divieti. Ciò per evitare le vittime incaute di questa pratica e il disturbo che gli scoppi arrecano agli animali, in primis ai cani. Eppure, complici gli strascichi dei tradizionali strapazzi alimentari delle Feste, non dovrebbe essere troppo difficile orientarsi su soluzioni più naturali, economiche ed ecologiche come il Petardo Bio. Pur non raggiungendo i fragori di quello chimico, il petardo bio è comunque in grado di dare analoghe o anche maggiori soddisfazioni. In ogni caso, esso condivide con il botto artificiale un componente fondamentale: lo zolfo.

Agmatina, Mercaptano, Istamina, Cadaverina, Putrescina, Tiratina, Indolo e Scandolo sono le sostanze che compongono e profumano le puzzette. Ma i maggiori responsabili della formazione dei gas intestinali  sono gli alimenti ad alto contenuto di zolfo, come carne rossa, latte o proteine vegetali. Quando nutriamo i batteri del nostro intestino con alimenti molto proteici questi producono gas solforoso, che rende scoppiettanti e letali le puzzette sganciate. Quanto al botto è la personale fisiologia dell’obice e la sua posizione a determinarne l’impeto. Anche chi non ha prestato servizio in Artiglieria da Montagna, sa che basta un po’ di applicazione per ottenere risultati soddisfacenti. Tanto più che, se un tempo si doveva tossire per mascherare il peto, ora, in tempo di pandemia, è meglio fare l’opposto per mascherare la tosse.

Ora qualcuno si chiederà la ragione di questo post di m**** a fine d’anno. Beh, ...ma alla fin fine che anno è stato? Concluderlo così non è perciò troppo irriverente, ma una semplice e naturale conseguenza.


Le Valli dentro per Posina dal drone di Flores Munari

 



Sta facendo il giro del web lo splendido video di Flores Munari che ritrae Rio Freddo ad Arsiero e alcune contrade.

Ancora una volta sono le spettacolari immagini proposte dall’autore e realizzate con un drone, accompagnate da una gentile musica di sottofondo, ad aiutare a percepire il fresco e i profumi della montagna, il pungente freddo che penetra nella vallata e ricopre le contrade.

Protagoniste Arsiero, Val Rio Freddo e le sue Contra' Cise, Crosara, Peralto, Martini, Frighi, Polo, Scattolari, Bugni, Valsondrà e Cornolò.

Non nuovo all’utilizzo del drone per far conoscere e apprezzare la Valle dell’Astico, Flores Munari nel suo canale propone un’ampia collezione di video che riguardano l’Alto Vicentino.

(da: altovicentinonline)




L'acqua e le fontane pubbliche di Arsiero: el Fontanon del Cao de La' con il presepe.

Nel 1847 il Regno Lombardo Veneto emana un decreto disciplinare per conservare pulite e pure le acque dei "pubblici lavacri" assegnati nelle varie località, tra cui Fontanelle (probabilmente Caodilà), stabilendo che si debba attingere con secchi puliti per gli usi domestici e che possano abbeverarsi solo gli animali sani.

Durissime le sanzioni e le pene per chi si lava il corpo sporco, per chi vi immerge animali morti o vivi e per chi vi "resenta" (pulisce) qualsiasi utensile da cucina o qualsiasi altro oggetto. Il più antico presente ad Arsiero ed oggi scomparso era probabilmente quello delle Vignette, con sorgente propria.
Come venivano creati i lavatoi? Individuata la sorgente, si ricavava uno scavo, adiacente lo zampillo, il cui fondo veniva parzialmente impermeabilizzato con grosse pietre accostate. Formato il bacino, intorno si collocavano i lavatoi in pietra. Nel 1888 viene realizzato il grande lavatoio coperto del Caodilà, comunemente detto "el Fontanon" un'opera davvero imponente e di lusso rispetto ai lavacri predisposti dall'ordinanza del 1847. Da allora viene utilizzato per lavare o oggi soprattutto per abbeverare ciclisti ed escursionisti.
È una tappa molto gradita della storica manifestazione organizzata dalla Pro Arsiero denominata "la Magnacorta"
(Flores Munari)






SNOOPY





 

giovedì 30 dicembre 2021

Scatole di Natale

 

Il periodo Natalizio, da alcuni decenni, ha assunto una particolarità molto diffusa: lo scambio dei doni. Regali per la famiglia, per le persone care, per gli amici: a Natale tutti trovano qualcosa sotto l’albero! Spesso, nella foga di far regali, ci dimentichiamo delle tante persone che non hanno niente ogni giorno e non sono abituate a ricevere nulla. Chi vive situazioni disagiate, chi è solo e abbandonato, chi non ha dove dormire, né di che sfamarsi… Per tutti, ricevere un qualsiasi gesto di sostegno e amicizia, diventa dono importante che può cambiare la loro giornata. 

Per il Natale da poco passato, l’Amministrazione Comunale ha aderito all’iniziativa “Scatole di Natale-Vicenza” che quest’anno, grazie all’aiuto dell’Ordine di Malta, corpo italiano di soccorso di Vicenza, hanno distribuito aiuti alle varie associazioni sparse in provincia. Nel nostro comune, erano state fornite le indicazioni su come preparare le scatole che sono poi state raccolte nei giorni prestabiliti, nella sala Consigliare a San Pietro, nell’ex Asilo a Forni,  al Portego de Campesàn a Pedescala: in tutto sono stati raccolti quasi 100 pacchi!  

A fine raccolta, 2100 scatole variopinte, sono state consegnate alla Caritas, alle case Famiglia, alle case Rifugio e anche in alcune case di Riposo. Quando è stato il momento di consegnare, il consigliere Carla Pesavento ha portato il carico a Dueville dove l’attendevano per raccogliere i doni; quasi scusandosi per il basso numero, Carla ha spiegato che siamo una piccola Comunità e la risposta ricevuta ha riscaldato il cuore!  -Sono le piccole realtà che fanno grandi cose!- hanno risposto ringraziando per l’impegno profuso nel far conoscere questa iniziativa. 

È proprio vero che non servono grandi imprese, ma bastano piccoli gesti che insieme con tanti altri, possono  contribuire a realizzare un grande progetto. Ed è così che tante persone hanno ricevuto il loro regalo di Natale, con un bel biglietto augurale e con quello che realmente avevano bisogno: il tutto era stato catalogato per contenuto,  sesso e taglia.

Un grande ringraziamento all’Amministrazione che ha aderito all’iniziativa, a chi ha riempito le scatole, incartate e accompagnate da un pensiero; a chi le ha ritirate e catalogate e a chi le ha portate a destinazione. 

Anche questi gesti fanno capire che nel nostro territorio c’è tanto di buono, che basta una piccola scintilla per fare un fuoco scoppiettante e che il pensiero per chi è nel bisogno, fa parte dei principi più profondi e veri di tante persone.

Grazie a tutti!

         Lucia Marangoni






Le vie del Paese (parte terza)

Proseguiamo con VIA REGINA MARGHERITA, la Via principale che attraversa il Paese, dalla piazza fino alla Banca. Parallela a questa, che inizia da sotto le scalette del Prete ed esce anch'essa dove c'è la banca, troviamo VIA MARTIRI 1848 (che i postini nuovi confondono spesso con Via Martiri 1945 di Pedescala)... Sinceramente preferivo di gran lunga il nome "Via Fontanelle", che c'era prima, molto più pertinente e simpatico. 
A circa metà strada, sotto alle scalette della Tea, troviamo PIAZZETTA ORTIGARA e penso che fino al cinema S. Barbara sia VIA ORTIGARA. Fra la ex bottega della Emma e la casa della Tea c'é una stradina che porta in ferrata: VIA GIARE.













Piero Angela dixit:


Sento che il conto alla rovescia va avanti, ma bisogna solo accettare quello che è la vita. Abbiamo una possibilità su miliardi di nascere, e dobbiamo esser felici di aver vissuto, siamo stati fortunatissimi. E quindi va anche accettato che, ad un certo punto, il biglietto sia scaduto.

Da quando ho compiuto 90 anni mi chiedono che penso della morte. 

Penso che la morte sia una grande scocciatura.

È una mancanza di vita. Se ci pensiamo, noi moriamo ogni notte quando ci addormentiamo. La sofferenza, soprattutto fisica, ma anche psicologica, è la cosa che può turbare. Ognuno di noi si augura una buona morte.

Penso sempre a un detto di Leonardo: così come una buona giornata porta a un buon dormire, così una vita spesa bene porta a un buon morire.”


- Piero Angela, che il 22 dicembre ha compiuto 93 anni ❤️

SNOOPY


 

mercoledì 29 dicembre 2021

Logica dromedaria

Un carovaniere arabo, morendo, lasciò ai i suoi tre figli i suoi 17 dromedari in eredità, disponendo che la metá di essi fosse data al primo, la terza parte al secondo e la nona al terzo figlio. I figli, incapaci di eseguire le volontà del padre, dopo essersi inutilmente arrovellati su come dividersi i dromedari rispettando la volontà del genitore, si rivolsero infine al Cadì. 

Questi venne col proprio dromedario, che unì agli altri 17 che costituivano l'asse ereditario; quindi diede la metà dei 18 dromedari, cioè 9, al primo figlio; un terzo, cioè 6, al secondo; un nono, cioè due, al terzo. Infine, ripreso il proprio dromedario, se ne andò, ringraziato calorosamente dai tre figli, ognuno dei quali aveva ricevuto più di quello che si aspettava, senza dover sopprimere nessun animale per dividerlo. 

Le vie del Paese (parte seconda)

Proseguiamo con VIA SANTA BARBARA (Arèta), poi usciamo e ci troviamo in VIA CARLO ALBERTO con il LARGO 7 COMUNI in ARA e poco più avanti a destra LARGO DUE VASCHE (i lavatoi). Ancora VIA CARLO ALBERTO fino al Municipio e LARGO SAVOIA. Si prosegue fino al cimitero con VIA XXIV MAGGIO 1915.















SNOOPY


 

martedì 28 dicembre 2021

Scanpoli de serenissima sapiensa


Ecco una piccola rassegna di proverbi veneti, un modo pratico per tramandare saggezza spicciola.

A lavàrghe la testa ai mussi a se perde l’acua e anca el saòn. 

Amor de fradei, amor de cortèi. 

A magnar massa puìna, tarè che tanto no se camina. 

Dala candelora da l'inverno a sémo fora, ma se piove e tira vento in te l'inverno a sén ancora rénto. 

Inte l'acua turbia no se se spécia.

A tola e in leto no se porta rispeto. 

Un scalin ala volta se riva in sima.  

Bàtare le nose, tender le tose, spalar la gneve e copar la gente i xe laùri che no serve a gnente. 

Bele da dòvene, sbèteghe da vece. 

Bej in fasse, bruti intele piasse. 

Trar via, a l'è parente del piàndare. 

Chi mal capisse, pedo risponde. 

Chi che more, el mondo lassa, chi che resta se la spassa. 

Chi che nasse musso nol more mia cavalo. 

Chi che nasse scarognà a ghe piove sul culo anca da sentà. 

Chi che no magna in conpagnia, o l'è un ladro o na spia. 

Chi désfa bosco e pra', se fa dano e non lo sa. 

Chi che no se contenta de l'onesto, el perde el mànego e anca el sésto. 

Chi che sémena vento, el tira su tenpesta. 

Chi ronpe de vecio paga de novo. 

Chi va a l'ostaria perde el posto o la partìa. 

Chi che vive sperando, el more cantando. 

Col cavéjo tira al bianchin, lassa la dona e tiente el bon vin. 

Coi nasse i xé tuti bei, coi se sposa i xé tutti siuri, coi more i xé tuti santi.   

Co l'aqua toca el culo, s'inpara a noàre. 

Dal cavalo e dal mulo staghe tre passi lontan dal culo. 

A fine aprile, voja o no voja, i alberi i ga la foja. 

De vènere e de marte, no se se sposa, no se parte e non se scuminsia l'arte. 

Do femene e na siola fa un marcà. 

Done e bacalà mai pestà assà. 

Done e scale, mai voltarghe le spale . 

Andó che se magna in tri, se magna anca in cuatro. 

Dopo la sinquantina prega Dio che vegne matina.  

El pitoco chel vende luame, compra pioci.   

El sàvio no sa gnente, l'inteligente sa poco, l'ignorante sa tanto, el mona sa tuto! 

El sole de inverno a l'è fa la bela siera dei veci. 

El can de tanti paruni el more de fame. 

Fa pi bacàn el barosso vódo de cuélo pien. 

Fin a la bara, se impara. 

Fare e desfare a xe tuto on laorare. 

I dotori i vive co la carne malà; i avocati con cuéla rabià e i prete co la carne morta. 

In casa de galantomeni prima le done e pò i omeni. 

I omeni i xe come i cupi, i se dà da bévare l'un con l'altro. 

I òmeni par la parola e i mussi par la cavessa.  

I ultimi i sarà i primi... se i primi i ga creansa. 

L'altessa la xe meda belessa. 

L'acua smarsìsse i pali.  

La boca non la xe straca se non la sa da vaca. 

La prima galina che canta, la ga fato l'ovo.

La prima piova d'agosto, la rinfresca el bosco. 

La rejòn la xe dj mussi.

Le bronse covèrte a xe cuéle che scota.

Le ciése le xe fate: co le ciàcole dei siuri, co le besteme dei murari e coi schei dei poarìti.  

L'erba miseria, dove che la va la taca.  

Lòdate sesto, che te ghe on bel mànego. 

Marso suto e aprile bagnà fa tanto ben al semená. 

Massa fiuri sul pomaro, s'in maùra solo un paro. 

Meio fidarse de na fémena, che de on omo sensa pili. 

Meio fruàr  scarpe pitosto che nissùi.  

Menestra riscaldà la par de bòio e la xe giassá.  

Montagna scura piova sicura. 

Morto un papa, i gh'in fa 'n altro. 

Dona butà, palo in pìe e stropa intorta, a no se sa el peso chj porta.  

Nando in dó ogni santo juta, a xe in su che la ghe vol tuta.

Nel grande ghe sta el poco e anca el tanto. 

Neve marsolina dura da sera ala matina.  

No ghe xe né re né papa, che nol la fassa. 

No ghe xe repossàr chel strache. 

No se ghe dise binda a na vaca, se no la ga almanco na màcola. 

Non se pol indrissarghe le gambe ai can. 

O magnar de sta minestra o saltar da la finestra. 

On colpo core el can, on colpo core el lévre. 

Pan e nose magnar da spose. Nose e pan, magnar da can.

Pan rovèrso sula tola ciama carestia. 

Papa e persegàri no i pol durare pi de vinti ani.  

Par fàrghela a un furbo, ghe vole un furbo e medo. 

Par la compagnia se ga sposà anche un frate. 

Par no farse comandare... el tempo el xe restà da maridare. 

Par star ben no bisogna aver bisogni. 

Pecà confessà, médo perdonà. 

Par pagare e morire, a ghè senpre tempo. 

Pèdo el tacon del sbrego. 

Pitosto de gnente, mejo pitòsto.  

Pitòsto de laorar de gusto, xe meio magnar sforsà. 

Pitòsto d’on funerale col sole, a xe meio un sposalissio co l'acua. 

Quatro done e un oco le fa un marcà. 

Co la merda monta in scagno, se non la spussa la fa senpre dano. 

Col  caso l’è disperà, la Providensa la xe vissina. 

Col corpo se frusta, l'anima se giusta. 

Co xe finio el vin, va ben anca l'acua. 

Cuél che no strangola ingrassa. 

Rosso de sera bon tenpo se spera. 

Schio xe l'urinale de Dio. e Priabona quelo dela Madòna. 

Santa Bibiana, quaranta dì e na setimana. 

Sasso trato nol torna indrìo. 

Scarpa larga e goto pien el ghe fà al'omo tanto ben. 

Scarpe e capelo, gnanca de to fradelo. 

Se laora par vivare, non se vive par laorare. 

Se nevega su la foja, te cava la voja.

Se no la jén dal core, fa de manco de cantare. 

Sensa fadighe a jén fora ortighe. 

Se piove el dì de l'Assensa par quaranta dì no saremo sensa. 

Se se va al molin, se se infarina. 

Sole de véro e aria de fessura porta l'omo ala sepoltura. 

Stà mejo un sorde in boca al gato, che un cristian in man de 'n avocato. 

Tacai a un ciodo, ma vivi.  

Tanto fen, poca polenta. 

Tegner dala spina e spandere dal cocòn.  

Tenpo, culo e siùri, i fa cuel che i vol luri. 

Tenpo e paja i maùra i nespoli.  

Tenti che chi spua senpre miele el tien sconto el fiele.  

Tira più un pel de gnoca de sento bò.  

Tosse, amore e pansa no la sconde gnanca la creansa. 

Tuti no pol scoltar la messa tacà al prete. 

Un alto e un basso i fa un galìvo.

Xe el soco vecio che tien dó el fogo. 

Xe la rua che para torno el mulin. 



Le vie del Paese (parte prima)

Ho scoperto che, stranamente, non tutti sanno i nomi di tutte le Vie del nostro Paese. Ecco allora che, con le foto fatte da Kekko, iniziamo a segnalarle: Iniziamo dalla Piazza di San Pietro che forse è anche la più nota: PIAZZA ROMA. A seguire ARCO DELLE CAMPANE, ovviamente sotto al campanile, BELVEDERE PINCIO nel retro della Chiesa e ARCO DEI CIMBRI giù per "i slìsseghi"










La misura della Bellezza.

Si può misurare la bellezza, l’armonia?

Ci hanno provato in tanti a trovare una regola fissa che servisse a creare e misurare la bellezza, anche se quest’ultima è normalmente intesa come valutazione molto soggettiva, i cui canoni sono perciò parecchio relativi.

È detta Sezione Aurea, o Rapporto Aureo, o Regola Aurea, o Numero Aureo… tanti nomi per una sola, magnifica costante matematica che, da secoli, cerca di dare una logica all’armonia. È insita nella Natura e l’uomo crede d'averla scoperta; vediamo un po’ che cos’è e qualche esempio di applicazione.

Cominciamo con la sua spiegazione matematica, semplificandola al massimo, giusto per dare l’idea. Prendiamo dunque un segmento (L) e lo dividiamo in due parti diseguali; ma non a caso, bensì facendo in modo che il tratto più corto (b) abbia un rapporto con quello più lungo (a) uguale al rapporto che (a) ha con l’intero segmento (L), ossia: [b:a=a:L] . La Sezione Aurea è perciò una costante rappresentata da un numero irrazionale con valore di 1,6180339887…, parente quindi del PiGreco o della sequenza di Fibonacci.

L’immagine che più spesso associamo a questa costante matematica si riferisce ad una sua evoluzione, ovvero il Rettangolo Aureo, che non è altro che un parallelepipedo costruito sulle proporzioni del Segmento Aureo, dove il rapporto fra il lato maggiore (a) e il lato minore (b) è uguale al rapporto fra il lato minore (b) e la differenza fra il lato maggiore e il minore. a:b=b:(a.b)

Il numero rappresenta quindi una costanza di rapporti, ma la cosa diventa interessante quando scopriamo che fin dall’antichità era considerato un canone di armonia e bellezza. Di sicuro i Greci, ma forse anche Babilonesi e Egizi conoscevano e applicavano questa costante. I primi ad documentarla pare siano stati gli appartenenti alla Scuola Pitagorica, ma a dargli uno dei suoi nomi è stato Fidia, il più celebre scultore dell’antichità ellenica. Fidia ne fece un’applicazione quasi ossessiva, specialmente nella costruzione del  Partenone di Atene. Peraltro è la Natura stessa a presentarci la Regola Aurea come un canone di bellezza. La segue la disposizione delle foglie e delle infiorescenze di alcune piante, la conchiglia del Nautilus e persino le galassie a spirale; c’è chi la rinviene anche nelle proporzioni del corpo umano. È dunque la Natura stessa che anticipa quella regola, anche se forse siamo noi umani che, osservando questi fenomeni naturali, ci abbiamo trovato una logica matematica, eleggendo questa costante a Regola Aurea. Perché, alla fine di tutto, è di questo che si tratta: la misura della bellezza e dell’armonia. In giro per il mondo e nei musei ci sono infinite opere in cui è possibile rintracciare questa proporzione.

Non è presente solo nel Partenone, ma anche in molte chiese medievali; nelle opere di pittori come Giotto o Cimabue. Anche nella Monna Lisa di Leonardo da Vinci e nel suo famoso Uomo Vitruviano. Non solo in antico, pure nella nostra epoca contemporanea la Regola Aurea ha trovato applicazione in diverse forme d’arte. Qui la Sezione Aurea è una fonte di ispirazione e non una regola, tuttavia rappresenta un buon punto di partenza per rappresentare quei rapporti armonici che possono andare anche sotto il semplice nome di bellezza.



Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...