“La stalla dove si dormiva era calda perché quasi tutta sotto terra, e
poi la grande stufa veniva alimentata con il carbone che raccoglievamo
lungo la ferrovia e che i fuochisti lasciavano cadere perché impietositi
della nostra miseria. Anche dalle tradotte militari che andavano al
fronte verso Leningrado cadeva qualcosa perché i cuochi dei soldati, nel
vederci così malandati, esposti alle intemperie, cupi, certe volte
facevano rotolare dalle scarpate, rape, patate e cavoli che scartavano
dal vagone cucina”.
Ma c’è anche il rovescio: “Ogni tre giorni,
puntuale e veloce, passava un treno tutto lucido, con vagoni letto e
vagoni ristorante. Vedevamo come in un sogno passare tra le luci accese
signore ingioiellate e con vestiti leggeri, ufficiali carichi di
decorazioni sopra le ordinatissime divise, camerieri in giacca bianca e
alamari d’oro che servivano cibi e bevande sopra candide tovaglie. Ma da
questo treno mai non cadde una cicca o un pezzo di pane”.
Mario Rigoni Stern
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