Quante forme hanno i chiodi? Fondamentalmente hanno una testa e una punta e poco cambia da un chiodo all’altro.
Se aveste detto così 50 anni fa in un’osteria di
Fusine o di Posina avreste attirato una serie di bestemmie e avreste
passato un paio d’ore ad ascoltare le differenze tra il tacòn, la bròca da sòla, da spièra, da spontòn, il giasòlo, il cantonàle, ecc.
Dopo di che avreste dovuto annegare l’umiliazione in
abbondanti litri di vino ascoltando le descrizioni degli ultimi
artigiani, che vi avrebbero fatto conoscere un mondo di sapienza
artigianale che oggi nessuno sa raccontare.
Ancora oggi guardando l’elenco sottostante si resta stupiti nel cercare di capire a cosa servisse la broca a riàlso e per quale particolare diverso scopo sia stata messa a punto la bròca a do riàlsi, il giasòlo forse serviva per non scivolare sul ghiaccio ma a cosa mai poteva servire la salìna, e la spièra e le bròche da spontòn?
Uno ad uno
Quale sapienza artigianale aveva permesso di mettere a
punto dei dettagli così raffinati che oggi meriterebbero un premio per
il design? Un’esperienza di secoli che forniva una soluzione appropriata
per ogni singolo problema. Una produzione del genere era artigianale e
basata sull’abilità manuale del produttore.
Si scaldava la barretta d’acciaio e con pochi colpi
si lavorava il ferro secondo modelli precisi che dovevano essere
utilizzati ognuno per un solo scopo. Così nasce la varietà della
produzione fusinate che aveva un suo mercato di calzolai che sembra
arrivasse fino al Tirolo (che, nel suo limite inferiore era al di là
della Borcola).
Dovevano essere apprezzati i chiodi di Fusine se, a
un certo punto, alla metà dell’ottocento le chioderie si moltiplicarono e
tutti o quasi si misero a fare chiodi.
Era il 1845 quando i periti del Catasto, allora austriaco, contarono ben 41 fucine e tre magli.
Se si pensa che allora gli abitanti di Fusine potevano essere circa 300
o 500 (1), contare oltre 40 officine di lavorazione del ferro significa
un’officina ogni 10 abitanti, quasi una per famiglia.
Se quello forse fu il periodo di massima diffusione, l’attività era tutt’altro che recente.
Racconta il Dalla Via che il 2 maggio 1519
donna Paola vedova di Pietro detto Squarzaro affittò per 5 anni a
Gerardo Croz la sua parte di officina coi suoi strumenti necessari a “colar e bazigar e con parte sua del maglio, rota, roggia e condotti d’acqua” situati in Fusine presso la via comune. Esisteva già dunque l’attività di fabbro.
Ma possiamo spingerci anche più indietro per cercare
l’origine dell’arte di fabbricar chiodi. Ci indirizza il nome: quando la
località prende il nome di Fusine già l’attività doveva essere diffusa.
Il De Ruiz fa risalire tale attività al ‘400-‘500.
“Questo ramo dell’industria metallurgica ha nella Valle del Posina origini antiche. Erano molte le chioderie che vi erano già attive nella prima metà del XVII secolo, come risulta dagli atti dei notai locali (Vicenza, Archivio di Stato, Notarile). Ma dovrebbero risalire, le prime, almeno agli scorci del XV o – al più tardi – ai primi decenni del XVI secolo, quando la Repubblica Veneta aveva già regolamentato la ricerca e l’estrazione minerarie, che erano allora all’apice dello sviluppo e che – per il ferro – dovevano essersi estese dai vicini bacini idrografici dell’Agno e del Leogra a quello di Posina.” (A. De Ruiz, pag. 219)
Anche il Maccà parla di questa industria (1814) “Sopra
il torrente Posena nel distretto di questo comune (Fusine) vi sono tre
magli da ferro, cinque ruote di mulini, e parecchie fucine da chiodi, e
da brocchette ec. dalle quali fucine penso, che questa villa abbia preso
il suo nome.” (2).
Probabilmente
… fu l’attività estrattiva a promuovere la
lavorazione dei metalli. Già nel XIV secolo era diffusa l’attività
estrattiva al Tretto, a Torrebelvicino e anche nella vicina val del Rio
che scende dal Novegno.
Si diffuse nel fondovalle, lungo le rogge derivate dal Posina, presso le contrade di Maraschini, Morini, Molesini, S. Rocco, Montefiore e Fusine.
Vediamole su una mappa del 1845.
(1) Il dato si trova nella Kriegskarte la prima mappa
del Veneto redatta dal governo austriaco nel 1797. A Fusine erano
contati 300 abitanti e a Posina 2340.
(2) Maccà, tomo XI, pag. 89 Storia delle Fucine
Fonte: accogliamo le idee come da link che segue:
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Molto interessante.
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