lunedì 17 luglio 2023

El derlo dal drec



[Gianni Spagnolo © 230708]

Pare che invecchiando si rafforzi la memoria di lungo periodo a scapito di quella a breve. Sarà senz’altro così, perché mi capita di dimenticare i propositi appena fatti e di riprendere invece parole e cose di cui pensavo di non avere ricordi.

Ecco che recentemente m’è ritornata alla memoria una vecchia locuzione: el derlo dal drec”. 

Il derlo era una sorta di tozza cesta di vimini ancorata su un telaio di legno con due corte braccia divaricate a “V” da appoggiare alle spalle e bilanciare con le braccia.  Era sagomato a fagiolo, ossia con la parte posteriore convessa e quella anteriore concava, così da ottenere un incavo per la testa e limitare la leva sulle spalle. Serviva perciò per i trasporti più brevi e pesanti, tipicamente per il letame da portare sulle vanède pì alte, andò che no rivava carìti e cariòle. Una spessa tela di sacco giovava talvolta a riparare la testa e accomodare i branchi sulle spalle. 

Faceva parte di un’attrezzatura un po' rustica, che per ragioni di igiene e decenza era relegata nell’angolo più remoto del bàito e coperta con un vecchio sacco da patate sfilacciato. Compagno fedele del derlo era infatti “el palo del pisso”, ossia un lungo bastone di orno con assicurato all’estremità uno stahlelm austriaco, residuato bellico; come un po' tutto allora. Serviva a svuotare periodicamente la vasca del pisso, che poi veniva portato nelle vanéde coi brenti appesi al bigòlo. Questi umili attrezzi cooperavano perciò nell'assicurare agli appezzamenti quel prezioso e naturale concime. Strumenti che la mia generazione ha fatto appena in tempo a vedere, prima che venissero spazzati via dal progresso che rendeva obsoleta e vergognosa ogni cosa che non gli era congeniale.

Certo che rievocar oggi le operazioni a cui presiedevano questi modesti strumenti, farà storcere il naso a qualche lettore più sussiegoso. Chissà mai se ne è sopravvissuto qualche esemplare in qualche remoto angolo delle nostre barchesse. 

Ne rimediammo uno dal Ghéngo al Casotto, per il primo Ritorno dal Bosco del 2005, quando sfilò la Carla con il derlo in spalla e con dentro tre galline, dato che non c'era stòmego di farlo col suo contenuto tradizionale. Dall’essere deputato prevalentemente al trasporto a spalla del letame, derivava proprio il nome esteso del derlo, dove quel "drec" richiamava appunto questa sua specialità. Il fatto che rimandasse ancora all’antica lingua era forse per quella sorta di pudore che porta a mascherare le faccende più indecenti. Infatti, cosa fosse il drec non lo sapeva ormai più nessuno, l'ho sentito chiamare così solo da mio padre.

Sempre mio padre ricordava con fastidio quelle incombenze cui era costretto da ragazzo. Soprattutto portare il derlo intele vanède, con i bai del luàme che gli scorrazzavano liberi sul collo senza potersene liberare, avendo le mani occupate sui branchi a bilanciare il peso del derlo. Andava solo un pochino meglio col bigòlo con appesi i brenti del pisso, che costringeva ad equilibrismi sovrumani per non spànder il prezioso liquido andando in salita. Stiàni, anca a spander on fià de pisso a jera na gran pìtima. 

Dubito che al prossimo RdB possa essere inscenato un quadretto che riprenda quelle operazioni: 

Uno col derlo pién de luàme e rénte via naltro chel porte el bigòlo con du brenti pijni de pisso. 

Forse bisognerebbe mettere anche la schwa@ sul genere, dato che jéra massima mestijri da fémene. 😊. 

Eppure,… ha funzionato così per secoli.


 


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