Vogliamo fare i complimenti agli amici di Lusiana per la bella
manifestazione “Pomo pero”, l’evento che promuove i prodotti della loro
terra, tanto da diventarne quasi l’emblema, e che ogni anno riempie le
vie del centro storico di espositori e visitatori. La festa si apre con
un convegno dal tema sempre diverso; questa volta si è parlato di
cambiamenti climatici e delle conseguenze sull’ambiente e sulle
coltivazioni. Marco Rabito, meteorologo, ci ha parlato della tempesta
Vaia ad un anno dal suo passaggio in Altipiano, approfondendo le cause
di tale evento e chiarendo come episodi di questo tipo siano
indubbiamente legati al finora inarrestabile innalzamento delle
temperature in atto. A questo proposito ha ribadito una volta di più
come ormai tutti i climatologi del mondo siano concordi nel ritenere il
surriscaldamento globale una conseguenza diretta delle attività umane.
Se ci sono altri ricercatori che negano questo fatto è perché non sono
climatologi o non hanno esaminato a fondo la gran mole di studi e
ricerche prodotte su questo fenomeno. Di Rabito ammiriamo la competenza
ma soprattutto la passione travolgente, quando parla è carico a molla e
nell’esprimersi si accalora cambiando il tono e l’enfasi. Gianbattista
Rigoni Stern – personaggio molto conosciuto in Altipiano – ci ha parlato
dello stato dei boschi all’indomani della bufera. Le operazioni di
recupero degli alberi schiantati procedono con regolarità e a giudizio
degli esperti la qualità del legname è discretamente buona. In merito
alla possibilità di eliminare le ceppaie divelte facendole esplodere o
frantumare, Rigoni ha espresso i propri dubbi, dovuti alle difficoltà
tecniche e agli altissimi costi. Conviene lasciare le ceppaie dove sono,
certo ci vorranno 25-30 anni ma alla fine tutto diverrà humus in grado
di nutrire il bosco che verrà. I tempi della Natura sono diversi dai
nostri, i boschi hanno cicli lunghi e bisogna sapere aspettare.
Nasceranno nuove piantine, di vario tipo, senza bisogno di fare
piantagioni, costosissime anche queste; l’importante sarà effettuare un
intervento colturale fra una ventina di anni, in modo da selezionare il
giusto insieme di piante che andranno a formare il bosco futuro. È
senz’altro opportuno puntare ad avere un bosco misto ma è altrettanto
impensabile sognare giardini variopinti con ogni tipo di latifoglie alle
quote dei nostri boschi, specialmente se ci alziamo verso i 1.500
metri, dove non sono molte le tipologie di alberi che possono vivere e
prosperare. Per quanto riguarda il bostrico, fino a questo momento la
situazione appare sotto controllo, il freddo di inizio stagione e le
piogge frequenti hanno rallentato lo sviluppo di questo insetto,
potenzialmente in grado di provocare danni enormi al patrimonio
boschivo; ma è ancora troppo presto per dare un giudizio. Infine ha
parlato lui, Tiziano Fantinel, agricoltore della Val Belluna. Fa parte
di un gruppo che già nel nome – Coltivare Condividendo – esprime tutta
la sua filosofia, consistente, in estrema sintesi, nel mettere a
disposizione di tutti non solo le proprie sementi ma anche ogni sapere,
ogni esperienza e conoscenza acquisita nell’arte di coltivare la terra, a
beneficio dell’Umanità. È l’esatto contrario di quanto ci viene imposto
dai grossi gruppi del settore che vorrebbero invece monopolizzare anche
i semi, legando gli agricoltori all’acquisto dei soli prodotti offerti
dalle industrie, anche in abbinamento fra loro (come ad esempio la soia
transgenica resistente al glifosato). Fantinel ci scuote e ci ricorda
come l’agricoltura, fin da suo nascere, abbia avuto come presupposto la
libera circolazione dei semi e lo scambio continuo di ogni tecnica o
fattore di produzione, senza brevetti o diritti da parte di chicchessia;
ci riporta al tempo in cui ogni territorio aveva le proprie varietà
colturali, frutto di un adattamento delle piante all’ambiente e alla
selezione operata dall’uomo; in cui non esisteva la monocoltura e c’era
invece una ricchissima biodiversità. Dati i tempi in cui stiamo vivendo,
questa visione rappresenta non solo il passato ma è da augurarsi possa
ritornare ad essere il futuro. Un modo “nuovo” di fare agricoltura, con
produzioni legate al territorio e rispettose dell’ambiente, con
l’agricoltore che non si affida solo alla chimica per produrre ma
conosce e usa con intelligenza ogni fattore a sua disposizione: un salto
culturale non da poco, indubbiamente.
Biblioteca civica di Rotzo
Pomo e pero...Un mio vicino e vecchio amico di famiglia di Valpegara, aveva un modo di dire, in certe occasioni : "te dao mi pan e pero". Si usa sempre questa espressione ? Forse che il Reverendo la usa ? Mi sembra che esiste un libro con questo titolo...
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