Inno parodiaco dell'Anonima Magnagati
【Gianni Spagnolo © 190924】
Tutti noi conosciamo,
almeno per la parte che più ci riguarda, quest'antica filastrocca, che pare addirittura anteriore al 1500:
Veneziani gran signori;
Padovani gran dotori;
Vicentini magna gati;
Veronesi tutti mati;
Udinesi, castellani, col
cognome de furlani;
Trevisani pan e tripe;
Rovigoti, baco e pipe;
i Cremaschi, fa cojoni;
i Bressan, tajacantuni;
ghe n'è ghè anca de pi tristi:
bergamaschi brusacristi;
e Belùn? Poro Belùn, ti te sì proprio de nissùn.
Ognuno, dicevamo, la conosce più o meno completa e spesso confusa. Quello che però rimane impresso, non è tanto che i Veneziani siano gran signori, o i Padovani gran dottori, quanto piuttosto che i Vicentini mangino i gatti.
È un simpatico motteggio che etichetta ogni abitante delle antiche terre venete (incluso quindi anche il ducato del Friuli e i territori lombardi di Brescia, Bergamo e Cremona che appartenevano alla Serenissima) con qualche caratteristica che si è tramandata nella storia; tranne i poveri bellunesi, che come recita il detto, “non sono nessuno”.
Per la verità non ci fanno una splendida figura neanche i Lombardi: con i Cremomesi sciocchi (cojòni), i Bresciani infidi (tajacantùni) e i Bergamaschi senza Dio (brusacrìsti). Ne escono dunque meglio Padovani, Friulani e, ovviamente, i Veneziani, che ne sono probabilmente gli autori.
I motivi di alcuni appellativi possono essere intuitivi: i Veneziani “gran signori” perché Venezia era la capitale, nonché centro economico e commerciale, per cui popolata da facoltosi aristocratici. I Padovani sono “gran dotori” per la presenza dell'antica università di Padova, fondata già nel 1300. Ma perché “veronesi tuti mati”? Forse deriva dal fatto che a Verona esistevano un tempo ben due manicomi. Il “Pan e tripe” trevigiano si riferisce ad un piatto modesto ma assai popolare. Mentre Rovigoti “baco e pipe” perché pare che gli abitanti di Rovigo fossero gran bevitori e fumatori. Infine i bellunesi: erano talmente fuori mano, da non essere conosciuti da nessuno.
Ognuno, dicevamo, la conosce più o meno completa e spesso confusa. Quello che però rimane impresso, non è tanto che i Veneziani siano gran signori, o i Padovani gran dottori, quanto piuttosto che i Vicentini mangino i gatti.
È un simpatico motteggio che etichetta ogni abitante delle antiche terre venete (incluso quindi anche il ducato del Friuli e i territori lombardi di Brescia, Bergamo e Cremona che appartenevano alla Serenissima) con qualche caratteristica che si è tramandata nella storia; tranne i poveri bellunesi, che come recita il detto, “non sono nessuno”.
Per la verità non ci fanno una splendida figura neanche i Lombardi: con i Cremomesi sciocchi (cojòni), i Bresciani infidi (tajacantùni) e i Bergamaschi senza Dio (brusacrìsti). Ne escono dunque meglio Padovani, Friulani e, ovviamente, i Veneziani, che ne sono probabilmente gli autori.
I motivi di alcuni appellativi possono essere intuitivi: i Veneziani “gran signori” perché Venezia era la capitale, nonché centro economico e commerciale, per cui popolata da facoltosi aristocratici. I Padovani sono “gran dotori” per la presenza dell'antica università di Padova, fondata già nel 1300. Ma perché “veronesi tuti mati”? Forse deriva dal fatto che a Verona esistevano un tempo ben due manicomi. Il “Pan e tripe” trevigiano si riferisce ad un piatto modesto ma assai popolare. Mentre Rovigoti “baco e pipe” perché pare che gli abitanti di Rovigo fossero gran bevitori e fumatori. Infine i bellunesi: erano talmente fuori mano, da non essere conosciuti da nessuno.
Nel tempo si sono fatte
varie ipotesi sull’origine della nomèa dei Vicentini, ipotizzando le derivazioni più fantasiose. Fra le tante, quella che mi sembra più verosimile è l’origine
fonetica che trova riscontro nelle diverse parlate provinciali del nostro
dialetto.
La domanda «Hai mangiato?» in dialetto veneziano si pronunciava: «Ti ga magnàa?»; in padovano «Ghéto magnà?», mentre nel dialetto antico vicentino si affermava «Gato magnà?». Questa pronuncia diede probabilmente origine al soprannome di «magnagato» o «magnagati» dato in senso spregiativo dai rivali veneti ai vicentini.
La domanda «Hai mangiato?» in dialetto veneziano si pronunciava: «Ti ga magnàa?»; in padovano «Ghéto magnà?», mentre nel dialetto antico vicentino si affermava «Gato magnà?». Questa pronuncia diede probabilmente origine al soprannome di «magnagato» o «magnagati» dato in senso spregiativo dai rivali veneti ai vicentini.
Quale che ne sia l’origine, ormai ce ne siamo fatta una ragione e ci scherziamo sù pure noi; anche perché sono ormai tramontati i tempi in cui cibarsi del domestico felino poteva essere semplice prerogativa della fame, a prescindere dai confini provinciali.
Pare che qualche
confraternita di buontemponi, anche in Lacrimarum, si diletti ancora a
incarnare la nostra fama organizzando stagionali e prelibati banchetti a base
di felino, il quale richiede una particolare e tradizionale preparazione che
necessita di un clima rigido e quindi ne fa un piatto tipicamente invernale. Data l'incipiente frescura, per chi volesse ulteriori ragguagli sulla ricetta originale, basta cercare nel
Blog e troverete di che cimentarvi.
Comunque la si veda, restiamo
sempre nell'ambito della chimica del carbonio, che è specifica di tutti noi Terrestri, nessuno escluso. Questa osservazione me le fece un amico cinese mentre mi accingevo, con malcelato disgusto, ad affrontare un piatto locale a base di topo; quindi ancora più indietro nella catena alimentare ;-)
Allora se ragioniamo secondo chimica... anche carne umana va ben, giusto :)?
RispondiEliminaNon sdoganiamo dei delinquenti che si fanno sto pasto con la scusa della tradizione..
Specifico: se uccidono un gatto a cui voglio bene, e non è per necessità, (nel qual caso mi limiterei..) non riterrei peggio fare lo stesso contro chi l'ha fatto, il che mi farebbe diventare un delinquente, appunto.
Che poi sotto ci sia una grande ipocrisia basata sul consumo di carni che arrivano da allevamenti intensivi dove dei poveri animali vengono trattati come oggetti, questo è vero, ma allora il discorso si allarga, e di molto.