venerdì 11 ottobre 2019

Dilemmi e opportunismi


Il mondo non si divide solo fra gli ottimisti, i pessimisti e i realisti. 
C'è una quarta categoria, un po' più defilata, ma probabilmente prevalente: quella degli opportunisti! 
Loro non si pongono problemi e vincono sempre. 
(A ben vedere ci sarebbe anche un'ulteriore categoria, quella degli ingegneri, i quali vedono semplicemente il bicchiere sovradimensionato rispetto alla necessità, ma qui entriamo nel patologico ,-).
Battute a parte, noi siamo abituati ad usare l’esempio del bicchiere mezzo pieno (o mezzo vuoto) per distinguere le persone ottimiste da quelle pessimiste. Se vedi il bicchiere mezzo vuoto, è perché tendi a concentrarti sulle cose negative della vita, perché indossi un paio di occhiali grigi per vedere il mondo. Se vedi il bicchiere mezzo pieno preferisci concentrarti sugli aspetti positivi e, se sei uno dei pochi che dicono che il bicchiere è a metà, allora sei una persona obiettiva e realista, che riesce a vedere entrambi i lati della medaglia.
Tuttavia, il fatto è che questa percezione del bicchiere è tipica della mentalità occidentale. Noi occidentali amiamo analizzare i fatti, rompere le cose per vedere come sono fatte dentro e sezionare la realtà per arrivare a conclusioni “scientifiche”. Non è colpa nostra, ci è stato insegnato a vedere cosa succede intorno a noi come si trattasse di una serie di fotografie congelate nel tempo.
Ovviamente, la realtà non è così: la realtà è in continua evoluzione. Tutto, intorno a noi, sta cambiando e si muove. Infatti, l’attaccamento alla nostra visione statica delle cose è una delle principali cause delle nostre paure, preoccupazioni e squilibri emotivi. Non essere in grado di accettare il cambiamento e l’incertezza ci inietta una dose enorme di insicurezza e ansia, che non riusciamo ad affrontare.
Un interessante esperimento condotto da psicologi dell’Università del Michigan e dell’Università di Hokkaido ha rivelato che noi occidentali tendiamo a raggruppare gli oggetti in “categorie”, mentre gli orientali tendono a raggruppare gli oggetti in termini di “relazioni”.
Lo studio è stato sviluppato con il contributo di alcuni studenti universitari asiatici e americani. A tutti venne data una serie di fotografie tra le quali dovettero scegliere quali oggetti potrebbero corrispondere tra loro, come in questo esempio.
Quale figura si combina meglio con il toro? Prendetevi un minuto per rispondere.
La maggior parte degli americani scelse la “gallina”, perché inclusero entrambi nella categoria degli “animali”, come probabilmente farebbe la più parte di noi. Gli asiatici scelsero invece prevalentemente “l’erba” perché si concentrarono nella relazione tra i due: “il toro mangia erba”.
Questo esperimento, che fa parte di una serie di studi molto interessanti, mostra come la cultura influenza il nostro pensiero, rivela che tendiamo a mettere a fuoco oggetti, le loro proprietà e categorie, come se si trattasse di cose immutabili. Al contrario, la cultura orientale privilegia le relazioni, il contesto e l’ambiente.
Abbracciare il movimento ci aiuterà a prendere decisioni migliori.
Naturalmente, tanto il pensiero categoriale come il relazionale sono importanti, non si può dire che uno sia meglio dell’altro. Ma limitarsi a constatare che il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto significa solo affermare un dato di fatto. Niente di più. Permette di farsi un’immagine della situazione attuale, ma non aiuta a proiettarsi nel futuro.
Senza rendercene conto, ci comportiamo in questo modo ogni giorno. Ci limitiamo semplicemente ad accertare i fatti, senza percepire il movimento. Quindi, vediamo solo una parte della realtà e, quel ch’è peggio, trascuriamo precisamente la parte che ci permetterebbe di prendere buone decisioni per il futuro.
Quando applichiamo il pensiero categoriale?
  • Ogni volta che giungiamo a conclusioni assolute in merito alle persone o alle situazioni;
  • Ogni volta che ci limitiamo a constatare un fatto, senza tentare di cercarne le cause e senza immaginare cosa potrebbe accadere dopo;
  • Ogni volta che siamo vittime degli stereotipi, attribuiamo etichette e ci comportiamo come se fossero verità assoluta;
  • Ogni volta che critichiamo e giudichiamo, senza offrire una soluzione o una via d’uscita;
  • Ogni volta che pensiamo che un problema abbia una sola causa e un’unica soluzione.

Per migliorare realmente la nostra vita dovremmo fare un passo in più. Non dovremmo solo limitarci a vedere se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, ma anche chiederci se, per come stanno le cose, ci sono maggiori probabilità che si riempia o si svuoti. Solo allora avremo un quadro più completo.
Nella vita quotidiana, tendiamo a permettere che il pensiero categoriale e le cose che sono successe determinino le nostre decisioni. Lasciamo che un errore del passato determini tutta la nostra vita. Ma ciò che dovremmo fare è concentrarci sul futuro e cercare di immaginare cosa accadrà e cosa possiamo fare per migliorare le cose. Guardare al passato e constatare episodi isolati limita la nostra visione, è come se passassimo tutta la vita guardando una foto. Quando guardiamo al futuro e siamo in grado di vedere le cose nel loro insieme e il movimento, le possibilità che si aprono davanti a noi sono infinite.

Nisbett, R. (2003) The Geography of Thought: How Asians and Westerners Think Differently. New York: Free Press.
Nisbett, R. & Masuda, T. (2003) Culture and point of view. 
PNAS; 100(19): 11163–11170.

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