Dell’asilo mi piaceva però la colla Cocoina nuova, che aveva un buon profumo di mandorle dolci (crescendo non ho mai voluto indagare con cosa fosse fatta). Trascorrevo il tempo della refezione estraendo chirurgicamente con la forchetta i grumi di ragù che s’intrufolavano dentro i maccheroni o i tortiglioni (difficili questi, per la loro conformazione a chiocciola) e posandoli sui bordi del piatto per poter mangiare qualcosina di pasta pulita, il più delle volte ormai fredda. La carne infatti non è mai stata nelle mie corde; o meglio, vada per il muscolo, ma alla larga tendini, grasso, ossa, pelle e ammennicoli annessi. Va detto che nel sugo delle suore la polpa non era l’ingrediente prevalente. Con l’adolescenza le cose sono fortunatamente migliorate e la mia dieta si è fatta molto più variegata; da allora nessuno ha più potuto dirmi che fossi misso, anzi! Rimangono tuttavia alcune idiosincrasie legate all’iniziale imprinting.
Viaggiando per il mondo, specie in
paesi con abitudini culinarie assai diverse dalle nostre, ho poi dovuto
giocoforza adattarmi a quello che offriva il convento. Dico sempre a mia madre
che se vedesse cosa mangio ora mi disconoscerebbe all’istante come figlio, per
quanto l’ho fatta tribolare da bambino.
Non capita sovente che possa
scegliere cosa mangiare, sono infatti spesso ospite di clienti e amici che si
premurano, con la tipica squisita ospitalità delle loro culture, di farmi
assaggiare le specialità locali. La cosa è senz’altro apprezzabile in Europa, un
po’ nelle Americhe, ma molto meno quando capito in remote regioni dell’Africa o
dell’Asia, dove, oltre ad un buon stomaco, serve anche una cospicua dose di
fegato.
Specie in quest’ultimo continente
le mie esperienze gastronomiche hanno incluso una vasta serie di cose
commestibili (sic!) del regno animale e vegetale. A dir la verità, con i vegetali, al di là dei
gusti osceni di molte preparazioni fermentate, non ho un rapporto eccessivamente ostile, è
col mondo animale che la cosa si intristisce. Il problema è che non posso
rifiutare né accampare scuse, in quanto ospite di riguardo e straniero, devo
dimostrare tutto il mio apprezzamento per le leccornie locali, avendo addosso
tutti gli sguardi e dovendo cominciare per primo.
Ecco allora che mi sono dovuto
sorbire autentiche delicatezze, quali: scorpioni, cavallette, ragni, larve di
insetti, tartarughe, coccodrilli, topi, cani, serpenti di varie dimensioni,
uova di innominabile provenienza, máodàn, pídàn, code di maiale, pelle di bufalo, e via
elencando. E non si trattava di polpa, ma di bocconcini di bestiole intere o
di spezzatini tuttocompreso di quelle più grandi. Il tutto spesso servito
mescolato con atri ingredienti e intingoli indescrivibili che rendevano
impossibile effettuare almeno un po’ di selezione. Come dicevo, lì delle bestie
si mangia tutto, mica solo il filetto o la polpa; e per tutto intendo tutto: frattaglie, interiora, pelle, zampe e anche quelle parti che da noi probabilmente finiscono macinate nei würstel. Ai genitali infatti, sono attribuite speciali virtù, dato che per
alcune culture cibarsi di certe parti animali contribuisce al vigore di quelle
corrispondenti umane.
Eccomi quindi ad aver assaggiato gli attributi di bestie che strisciano, arrampicano e camminano. Da quelli di serpente, che sembrano spaghetti, a quelli di becco, fino a quello di yack, passando per montoni, tori e … fermiamoci qui.
Eccomi quindi ad aver assaggiato gli attributi di bestie che strisciano, arrampicano e camminano. Da quelli di serpente, che sembrano spaghetti, a quelli di becco, fino a quello di yack, passando per montoni, tori e … fermiamoci qui.
D’altra parte la vita sulla terra è
basata sulla chimica del carbonio e alla fine tutto quello che ingurgitiamo
appartiene alla medesima catena: è tutta chimica del carbonio. I gusti e gli accostamenti del cibo sono una
sovrastruttura culturale, un fatto di abitudini, di preferenze collettive ed individuali.
Forse il ricorrente richiamo di mia madre: "Magna, chel te fa bén!" non era che la traduzione dell'arcano processo chimico.
Vero è che il migliore condimento resti comunque la fame e, come dicevano i vecchi: "quel che nol stangola, ingrassa".
Forse il ricorrente richiamo di mia madre: "Magna, chel te fa bén!" non era che la traduzione dell'arcano processo chimico.
Vero è che il migliore condimento resti comunque la fame e, come dicevano i vecchi: "quel che nol stangola, ingrassa".
Io comunque sto con quel parlamentare francese buontempone che gridò: Vive la différence!
Gianni Spagnolo
Co se g'ha fame, tuto sa de bon.
RispondiEliminaO de strame o de fen, el stomego g'ha da esser pien.
Chi no g'ha fame o l'è malà o l'ha magnà.
De aria no se vive.
Un pasto magro e un bon, mantien l'omo in ton.
Marsoni friti e polentina, un fià de vezena e vin de spina.
Caro amico magnabosco, forse dovremmo adattarci a mangiare cose ora innominabili, ma ora come ora preferisco patire unu po la fame. ( detto fra noi non mi farebbe male perdere qualche kg. ) . Complimenti a Gianni per aver avuto uno stomaco tanto disponibile a queste " prelibatezze "
RispondiEliminaMi spiace, sarà anche questione di abitudine, di cultura, ma io grido a gran voce:
RispondiEliminaW LA CUCINA ITALIANA!!!
Par carità, go visto l'altra sera a Pechino express quili che magnava l'ovo sodo con dentro el pulsin.
RispondiEliminame vegneva da vomitare par luri
Erano paperini, Qui, Quo e Qua, non pulcini, e non erano vivi!
RispondiEliminaUn giorno un Coreano mi raccontò che un Italiano gli disse: “Ma come potete voi mangiare il cane, l'amico del uomo?", "Siete indegni". Lui gli rispose, “Guarda là in quel prato quei bei vitellini, carini; come mai voi Italiani li mangiate con tanto piacere e gusto? Loro non sono amici dell'uomo?". "Paese che vai, usanze che trovi", diseva al me vecio!
Se proprio non ci sono altre soluzioni, avro un pensiero vegano.
RispondiEliminaSponcy, non mangiare insetti che, poi, dovrai raddrizzare i denti.(o dente ?) Vedi ?
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