domenica 19 gennaio 2025

La morte secondo Epicuro



“Quando noi viviamo, 

la morte non c’è. 

Quando c’è lei, 

non ci siamo noi”.

Con questa breve ed incisiva frase, il grande filosofo Epicuro (342 a.C. – 270 a.C.) spiega perchè l’essere umano non dovrebbe avere paura della morte: quando siamo vivi, la morte non c’è e non ci può recare alcun danno, quando siamo morti, la morte c’è, ma non ci siamo noi, e quindi, egualmente, non ne possiamo avere alcun danno.

La vita è un breve intervallo tra un nulla ed un altro nulla e non si vede perchè si dovrebbe avere timore di uno stato che esisteva anche precedentemente al casuale incontro di uno spermatozoo (uno tra milioni) ed una delle tante cellule uovo rilasciate mensilmente da una delle due ovaie femminili.

Dunque, se non ci preoccupiamo dell’eternità della nostra non esistenza prima della nascita, perchè mai ci dovremmo preoccupare dell’eternità della nostra non esistenza dopo la morte?

Prima di riportare il brano completo che chiarisce il pensiero di Epicuro sulla morte, vogliamo rilevare come, indirettamente, 2.300 anni dopo, gli ha risposto il grande Indro Montanelli:

“Non ho paura della morte, ho paura di morire”.

Cioè, non ho paura dell’annientamento e dell’estinzione dell’io e dell’autocoscienza, ma ho paura della sofferenza di quel momento.

E’ vero, ma se vogliamo seguire il pensiero di Epicuro, dovremmo rispondere al grande Indro che non si può vivere tutta la vita e, soprattutto la vecchiaia, nell’attesa e nel timore della sofferenza di un evento futuro.

D’altra parte, nella vita di un uomo ci sono tanti momenti di sofferenza psichici o fisici che non portano alla morte, mentre talvolta, il processo del morire avviene in modo indolore ed in stato di incoscienza.

Fatte queste brevi considerazioni, ecco il brano completo sulla morte, tratto dalla lettera a Meneceo di Epicuro, meglio nota come “Lettera sulla Felicità”.

“… Poi abìtuati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte altro non è che la sua assenza.

L’esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, togliendo l’ingannevole desiderio dell’immortalità.

Non esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla c’è da temere nel non vivere più. 

Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo farà soffrire, ma in quanto l’affligge la sua continua attesa.

Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire.

La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi.

Quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi.

Non è nulla né per i vivi né per i morti.

Per i vivi non c’è, i morti non sono più. 

Invece la gente ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che vive.

Il vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non vivere più. 

La vita per lui non è un male, né è un male il non vivere”.


Giuseppe Merlino

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