C’era una volta un vecchio orologiaio,
che viveva nel Tempo, ma non nello spazio.
Aveva un pendolo che oscillava all'inverso,
marciava all’indietro nel tempo disperso.
Un giorno il passato bussò alla sua porta:
“Mi hai dimenticato, sono io che importa!”
Ma il futuro, geloso, gridò dal soffitto:
“Non esisti davvero, sei solo un conflitto!”
Così si battibeccarono fino all’aurora,
ma il presente, stanco, dormiva da un’ora.
“Che confusione!” gridò un cronometro rotto,
“Voi litigate e io resto in balìa del complotto!”
L’orologiaio, confuso, prese una clessidra,
ma dentro c’era sabbia di un’altra galassia.
Ogni granello narrava una storia,
ma parlava in rime, e perdeva memoria.
“Il tempo è un cerchio, un serpente che morde,”
diceva un vecchio che mangiava le corde.
“Ma se lo spezzi diventa una linea,
che finisce nel nulla, eppure cammina.”
Così l’uomo decise di fermare ogni ingranaggio,
ma l’universo lo prese per un oltraggio.
“Se il tempo si ferma, anche io non esisto!”
gridò un pianeta con accento di Cristo.
Alla fine il tempo si ribellò con furia,
girò in quadrati, in cerchi e in scie di sciagura.
Il passato divenne un futuro imperfetto,
mentre il presente si nascose nel letto.
L’orologiaio, stremato, distrusse gli orari,
e inventò un mondo dove non c’eran calendari.
Ma quando provò a fermarsi un momento,
il tempo ripartì… era solo un tormento.
E così il tempo restò paradossale,
un vecchio burlone con un piano banale.
Va avanti e indietro, si perde e si trova,
ma mai ti dirà dove inizia la prova.
Tissi Amenco
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