[Gianni Spagnolo © 22G23]
No, non va tutto bene, almeno così non sembra in questi tempi torridi, dove non cessiamo di lamentarci per i capricci del tempo. Eh sì che ce lo ricordavano spesso i vecchi, che: “El tenpo el ga bio caro a restar màdego par far cuél chel vole élo!”
Non piove da 120 giorni, fa un caldo torrido, i ghiacciai si sfaldano, i prezzi dei carburanti crescono e … via de sto passo, a ne tocarà ancora nar a légne in Tinasso!
Abbiamo l’impressione che il modo sia stravolto, che nel breve lasso della nostra generazione stiano accadendo fatti sconvolgenti. Ma quel che è peggio è che sia colpa nostra, del nostro sciagurato e dissipato modo di vivere e di trattare il creato.
"C'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il Paese ma a nessuna di esse fu mandato Elia se non a una vedova a Sarepta di Sidone (Lc 4,26)". Siamo nel IX secolo A.C., ai tempi in cui l’impronta dell’uomo sulla natura non era che un graffietto e in terre non particolarmente umide. Veniamo perciò a tempi più prossimi, ossia al 1921 della nostra era, in cui dalle parti nostre non piovve per ben otto mesi, da giugno al gennaio dell’anno successivo. Due anni dopo si ripropose l’onda de suto che sfociò però in quel famoso giorno di san Gregorio Barbarigo che nevicò in montagna sulle malghe appena monticate, creando non poco sconcerto. Qualche bel tiròn de suto si ebbe anche verso la fine di quel decennio, su queste terre appena devastate dalla Prima Guerra Mondiale.
Il mondo continuava però ad andare a legna e i consumi dei viventi erano ridotti ancora all’essenziale. L’anidride carbonica liberata in atmosfera era, almeno da noi, al massimo quella immagazzinata dagli alberi venti o trent’anni prima e solo nel Nord Europa, con l’industrializzazione, si bruciava il carbon fossile che aveva catturato la C02 di 350 milioni d’anni prima. Non era più un graffietto, ma neanche un gran sbrego. Almeno così non sembrava.
Adesso siamo in pieno Climate Change, quel cambiamento climatico che ci ossessiona e ci condizionerà non poco negli anni a venire. Certamente il nostro dispendioso modo di vivere, dalle flatulenze delle pecore australiane, passando per la deforestazione dell’Amazzonia, i consumi smodati, per arrivare all’immenso impiego di combustibili fossili, certamente costituisce una novità per il pianeta e noi umani ne siamo senz’altro artefici. Da graffietto a voragine, pare; così almeno sostengono gli studiosi e noi non possiamo che prenderne atto.
Dicono che bisogna distinguere il Meteo dal Clima, dove il primo ha dinamiche di breve periodo, mentre il secondo le ha di lungo o lunghissimo respiro. Confondere il Meteo col Clima è proprio quello che ho fatto io finora, sottintendendo conclusioni errate e manipolatorie. Ebbene, sì, lo confesso! Ma così ho dato modo di pensarci.
Nessun commento:
Posta un commento