sabato 6 agosto 2022

Chi prende il caffè con me?



Erano anche le "piscine" dell'epoca
LE CONCHE
[di Dana Carmignani]

(E noi non avevamo le conche, ma le fontanelle... chi si ricorda? Ricordi meravigliosi ed indelebili! Quanto mi son divertita!)
Il bucato, non era solo quello grosso. Quello che si bolliva e si faceva con la cenere, ma c’era un bucato di tutti i giorni, di piccole cose, che vedeva occupate noi bambine più dell’altro, e veniva fatto nelle conche.
Era normale che d’estate si lavasse di più e si facessero le faccende che non si erano fatte d’inverno, e tante faccende di quelle che mi toccavano, mi piacevano poco, ma il lavaggio al pozzo di quel periodo era una cosa che mi piaceva.
Le conche, le famiglie le tenevano intorno al pozzo. Ogni famiglia aveva la sua postazione, come per le funi per tirar su l’acqua. Di solito i recipienti di coccio erano due o anche tre. Una conca era bella grande e capiente, e non si spostava mai, poi ce n’era una più piccola e un conchino piccino.
Il nostro posto per lavare era sotto un gran fico dove c’era una bell’ombra e dove noi bimbetti si giocava e si litigava e ci si azzuffava per tutta la giornata come cani e gatti, ma la mattina del bucato, noi bimbe (ai maschi non toccava mai) si arrivava ognuna col fagotto di panni sudici sotto il braccio e ci si piazzava spedite ai nostri posti.
Non si può dire che ci fossero chissà quali capi di abbigliamento da lavare… eran biracchi… du’ grembiali delle nonne con qualche vestaglina a fiorini, o qualche nostro pantaloncino… delle magliette di cotone colorate che ci mettevamo tutti i giorni, una pezzolina da capo… fazzoletti da naso… asciugamanini… calzette… noi si buttava il tutto nella conca, poi si doveva tirar su l’acqua col secchio o con la brocca, che già erano al pozzo… ci davano un pezzo di sapone e questo era il tutto.
Le stesse conche servivano per ogni bisogno, per gli uomini e per gli animali, per lavare delle erbe per esempio o per preparare il pasto alle bestie, o per lavarsi. Soprattutto d’estate venivano usate per quello scopo da chiunque, e noi bimbetti, alla sera, quando si arrivava sudici e impolverati ci si tuffava dentro ognuno nella propria, usando spesso l’acqua saponata rimasta lì appositamente dal bucato della mattina, per quel servizio serale in più.
Il lavaggio serale era un
divertimento
, un gioco, fatto di acqua e spruzzi e risa, finchè non ci chiamavano per cena.
Cos’è mi domando che non vedevo come gioco? Eppure i lavori eran duri per tutti, anche quelli che toccavano a noi ragazzi, ma non sono mai riuscita a vederlo in modo differente… e anche il piccolo bucato di noi bambine diventava così. Ogni pretesto era buono per giocare.
La prima cosa che facevamo al pozzo, quando si lavava, era la gara delle brocche.
Tutte tre, io Delia e Fiorella, si chiappavano, si infilavano nella molla di aggancio e si tiravano giù… non è che le calavamo dolcemente fino a toccare l’acqua, come ci dicevano di fare, sennò dov’era il
divertimento
? Si faceva a gara a chi toccava prima il fondo con la brocca, o a chi prima tirava su la sua piena d’acqua, e nel mentre, quando scendevano o quando risalivano per quei recipienti di rame, era tutto un colpo, un battersi contro una con l’altra e sulle pareti del pozzo stesso, era così forte a volte il rumore, che superava il vocio di noialtre, e allora arrivavano perentori gli urli delle nonne… “Ma badatele, ma che le volete rompe codeste brocche, poi lo stagnino chi lo paga?“
Ma chi le stava a sentire, chi ci badava agli urli… eravamo abituate. Il nostro lavoro continuava… si versava l’acqua sui panni, ma almeno mezza conca doveva essere… ecco perché le gare, non è che puoi riempire una conca con una brocca d’acqua, quindi l’andirivieni di brocche su e giù era già un lavoro piuttosto lungo, dovevamo pur inventarci qualcosa!
Poi passavamo al lavaggio. Sulle conche erano posizionate delle tavole di legno, non come quelle che si vedono sui mastelli e che sono infilate dentro, erano semplici tavole ormai consumate e lisce dall’acqua e dal sapone, e su quelle tavole dovevamo strofinare i panni e lavarli tuffandoli e rituffandoli e ripassandoli col sapone, usando questo trattamento più volte, strofinandoli anche col bruschino, una spazzola apposita… nel frattempo ci si zipittava fra di noi e si chiacchierava come massaie rifinite… ma come venivano puliti quei panni!
Si perché, siccome ci piaceva, era un lavoro che ci facevamo durare… si insaponava e si rinsaponava e poi si giocava con la schiuma… si battevano quegli stracci, e ci si chiamava una con l’altra per strizzarli, prendendoli in due, una da un capo e una dall’altro, e torcendoli, come avevamo visto fare alle massaie vere, fino ad arrivare alla fine e sciacquarli nell’acqua del conchino per poi stenderli sulle reti degli orti o sui fili nel prato… ma quanto ci si divertiva! Non si finiva mai, tanto che spesso ad un certo punto apparivano le nonne. Come gendarmi avvisati, Giulia, Rosa, e Alaide comparivano simultaneamente… e simultaneamente esclamavano… “ Ma mi dite un po’ cheffate eh!... Occhè vi ci vole tutta la mattinata pellavà du panni!?... Tra un po’ è mezzogiorno e vu siete sempre qui… e vi si sente urlà artri che voi per l’aia…eh…!”
“ Vi s’è detto di baloccavvi ? O vi s’è detto di lavà?...”
Giravano il culo e se ne andavano indispettite… e noi zitte zitte allora si rifiniva svelte pensando alla zuppa che ci aspettava… era ciò che si sentiva arrivare a mezzogiorno come profumo dalle case, da tutte le case… il profumo della zuppa di cavolo col pane!
Nella foto, del 58, io, la prima a destra, con i miei cugini, e la nostra conca con la tavola per lavare, conca ancora esistente!






2 commenti:

  1. Montalbano sono...Credo che questo problema è generale, non soltanto italiano. Comunicare bene è saper dire le cose e non solo quelle che piacciono. Per questo bisogna avere coraggio e dire le cose semplicemente ed accettare anche un parere diverso del suo.

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  2. Calza a pennello con la situazione attuale, di sudditanza alla volontà globalista. Coincide con la pigrizia mentale.

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