venerdì 26 agosto 2022

I "danni" dei social...


L'altro ieri si sono svolte le esequie funebri di Andrea Mazzetto, il ragazzo di Rovigo precipitato sabato scorso dall’Altar Knotto. Il sindaco di Rotzo Lucio Spagnolo, nel breve saluto finale, ha voluto portare tutto l’affetto della nostra Comunità alla famiglia così duramente colpita, aggiungendo come la montagna, a volte, si trasformi da madre meravigliosa in matrigna pericolosa e sottolineando come siano molte le persone, anche esperte, che ogni anno vi perdono la vita. Ha manifestato la vicinanza piena e completa al dolore dei genitori, dei parenti e degli amici di Andrea: per la Comunità di Rotzo, è come se a mancare fosse stato uno dei propri figli. Nei volti dei familiari abbiamo visto un dolore composto e dignitosissimo, non per questo meno forte. Per loro la prova da superare è davvero tremenda, paragonabile ad un annaspare incerto in un mare di sofferenza, con le onde che pericolosamente sommergono e schiacciano la testa verso il basso. Eppure a queste persone, che stanno lottando per sopravvivere, cercando un motivo e un appiglio per andare avanti, qualcuno ha veramente spinto la testa sotto’acqua. Mi riferisco alle migliaia di commenti apparsi sui social in merito a questa tragica vicenda: un campionario vergognoso, un museo degli orrori, un’esposizione completa della miseria, della meschinità e delle bassezze dell’animo umano. Spiace ancor più cogliere come molti di questi commenti provengano da persone non più giovanissime, dalla cinquantina in su, quando la maturità e la saggezza dovrebbero portare a posizioni pacate e rispettose. Persone che rivestono o potrebbero rivestire il ruolo di genitori, con figli di età simile a quella di Andrea. Abbiamo letto con ripugnanza commenti offensivi scritti da donne e da madri, le quali per loro natura dovrebbero essere ancor più sensibili ad argomenti quali la perdita di un figlio, di un fidanzato o di un fratello. Consideriamo quelle frasi come il degrado massimo a cui può giungere l’animo umano. 

E’ chiaro, la nostra società è profondamente malata. Possiamo discutere all’infinito sulla perdita dei valori e su quali siano tali valori, perché altri, diversamente da noi, possono intendere tutto ciò non come una perdita ma una liberazione da orpelli e anticaglie di un tempo. Può anche essere. Ma sul rispetto per la morte non si discute. E nemmeno sul rispetto del dolore altrui. Sono regole morali presenti in ogni società, in ogni religione, in ogni tempo. Possiamo, se vogliamo, rimanere indifferenti - l’aiutare gli altri non è mai un obbligo e nemmeno l’empatia un’imposizione – ma scaricare su altre persone, già in grosse difficoltà, la nostra rabbia e il nostro malessere è un atto criminale. Se un tale comportamento si diffonde e viene accettato come cosa normale – come sembra stia tristissimamente accadendo - ciò comporta l’imbarbarimento della società perché è il male che prevale sul bene. Fermiamoci, per l’amor di Dio. E’ vero che la televisione degli ultimi trent’anni (e anche più) ci ha imbottito di programmi indecenti, dove non si discute su qualcosa, ma ci si accapiglia su tutto, con grida che si accavallano, senza nessuna forma di rispetto, senza nessuna regola, dove chiunque può sentirsi in diritto di blaterare su tutto. In merito ai temi trattati non c’è mai niente di minimamente educativo, solo il vuoto coniugato al nulla. Stiamo raccogliendo i frutti malati di un sistema perverso che non ci ha mai considerato cittadini da valorizzare ma utenti da manipolare. Prima di ritenerci esperti su ogni materia dello scibile umano – moltissimi si considerano tali sui social – prima di emettere giudizi di condanna senza conoscere niente dell’argomento trattato, prima di offendere, ferire, umiliare gratuitamente altre persone: fermiamoci e pensiamoci su. Perché in un attimo potremmo trovarci al loro posto, a dover affrontare noi, in prima persona, un dolore grande come quello causato dalla perdita di un figlio, un fratello, un fidanzato, un amico. E allora proveremo vergogna dei nostri stessi commenti, scritti in precedenza.

[da Biblioteca civica di Rotzo]

nella foto: l'Altar Knotto, inconsapevole e muto testimone dei fatti accaduti, nella sua dimessa e spoglia divisa invernale.

2 commenti:

  1. Condivido pienamente...bisogna mettersi nei panni degli altri, di chi vive queste tragedie e se non si ha di meglio da dire, stare in rispettoso silenzio. Lucia Marangoni

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  2. Approvo il commento di Lucia. Lo riassumerei in due regole di vita : "IL FARSI UNO" e la "REGOLA D'ORO" : "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te". Questa regola è espressa in diverse religioni ma, a parer mio, può benissimo essere applicata nella vita sociale di tutti.

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