Il resto è disprezzato come inutile. Nel resto però c’è un mondo di cose. Esse vanno evidentemente chiamate inutili, non portando con sé per i destini dell’umanità nessun vantaggio sensibile.
Fra esse c’è il giudizio morale individuale, la responsabilità individuale, il comportamento individuale. Fra esse c’è l’attesa della morte. Tutto quello che costituisce la vita dell’individuo.
Fra esse c’è il pensiero solitario, la fantasia e la memoria, i rimpianti per le età perdute, la malinconia. Tutto quello che forma la vita della poesia.
Una simile parola, negletta, schernita e umiliata, appare oggi così antica e intrisa di vecchie lacrime e polvere, quasi fosse lo spettro stesso dell’inutilità, che uno si vergogna perfino di pronunciarla.
Natalia Ginzburg-web
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