sabato 8 agosto 2020

Sartori dal Casotto, .. ma non troppo.

Gianni Spagnolo © 200804
Per la verità, dei Sartori non dovrei occuparmene io, bensì Michael Ende, dato che di una storia infinita si tratta. Sfortunatamente quel fantasioso scrittore è andato avanti e dunque, come un Bastian alle prese col Nulla, m’ha lasciato in balìa di quel tristo figuro del Morla. 
Fin quasi dai primordi dello scorso millennio, infatti, i Sartori sono plurimi e ubiqui. Come un fiume carsico appaiono e poi scompaiono più in là, per poi riapparire altrove sotto variegate spoglie, confuse dai sotterranei corsi della loro prolifica genìa; ammesso e non concesso che di un’unica fonte si tratti. Come una specie endemica, il loro habitat è ovunque e la loro presenza sparsa. Sono il terzo cognome per diffusione del Veneto e il secondo della provincia di Vicenza, ma non scherzano neanche nelle aree limitrofe, capillarmente presidiate. Bella forza, si dirà, data l’antichità del cognome, che anticipa di tre secoli quella media della gran parte degli altri. Vabén che evoca un mestiere, quello di sarto, ampiamente diffuso nei paesi, al pari dei vari Munari, Pellizzari, Fabbri, Carrari, ecc., confondendo perciò abilmente le tracce.
Certo è che, in una popolazione fortemente endogamica e territoriale come la nostra - almeno per il passato - questa schiatta migrante e sfuggevole qualche quesito lo pone. La troviamo difatti bella pimpante in destra e sinistra Astico, nell’Impero e nei Serenissimi Domini, in valle e in quota, e anche a mezza costa. Da dove provengono?
Sono essi Toschi o Alemanni? Polentoni o Crautofagi? Lacchè di discussi prelati, come suggerisce la vulgata classica, o rudi falciatori dal cimbrico cipìglio, come adombrano alcuni? Solerti cucitori di calzari o indomiti Schützen della Casa d'Asburgo? Massari della nobiltà pedemontana o coriacei ovetti dell’otarda dei Trapp? Scaltri contrabbandieri o placidi mugnai?
Mah!
Fortuna che l’assonnato Morla riesce infine ad indicarmi distrattamente l’anfratto in cui ruscare per stappare una consunta pergamena all’oblio dei secoli.
.. Corre infatti l’anno di Nostra Salvezza 1560, quando in quel di Casotto, giurisdizione di Caldonazzo, dominio dei baroni Von Trapp, si riunisce una piccola combriccola. È un fresco mercoledì di fine settembre e siamo in casa di Bernardino, presenti suo nipote Gio:Maria e Francesco, figlio del predetto Gio:Maria, che fungono da testimoni di un contratto, nonché i contraenti del medesimo. Redige l’atto, in un latino tardo e raffazzonato, pre' Bernardus à Fonte, curato di San Pietro e facente funzione di pubblico notaio. 
È un accordo che coinvolge l’Egregio Signor Francesco di Cera dai Forni, cittadino vicentino (noblesse oblige), e Battista del fu Cristoforo del fu Toldo, da San Pietro. La cosa interessante è che Bernardino viene poi qualificato come: “Bernardinus f. q. Francisci Sartoris ex Villa Verla in vanti habitator in loco dicto Casoto”. Cioè Bernardino del fu Francesco Sartori da Villaverla ed ora abitante nel luogo detto Casotto.
Eccolo qua: credo sia l’attestazione più antica, riferita a Casotto, in cui compare il cognome Sartori accompagnato dal luogo di provenienza. Bernardino, suo nipote Gio:Maria e il figlio di quest’ultimo, Francesco, o i loro successori, li troviamo citati altre volte a Casotto in antico, ma identificati col solo patronimico o la generica dicitura “dal Casoto”. Qui sono presenti ben tre generazioni di Sartori e pertanto Bernardino è già vecchio e ne è il patriarca; ancorché foresto, per cui il notaio si sente in dovere di annotare che è oriundo di Villaverla. Probabile che Bernardino si sia trasferito a Casotto assieme al fratello Giambattista (padre di Gio:Maria, presumibilmente defunto all'epoca dei fatti) e dunque la loro presenza in zona sia databile dalla prima metà del Millecinquecento. Non sono infatti molti anni che la giurisdizione di quei luoghi s'è definita, dato che prima la Serenissima spaziava, con alterne vicende, anche sulle montagne di Lavarone e Folgaria. Ma dal 1535, col Congresso di Trento, sulla Torra fu fissato il confine di stato e ci resterà immutato per quasi quattro secoli.
Questo clan familiare pare essere l’unico ad abitare Casotto, dato che non ho trovato riferimenti ad altri soggetti fino al secolo successivo. Una dozzina di persone, dunque, al più. Tant'è vero che è inusuale che dei parenti siano chiamati a far da testimoni, indice che non c’erano estranei in zona in grado di farlo. Va anche detto che la citazione negli atti notarili riguarda generalmente persone possidenti o aventi un qualche ruolo nella comunità, foss’anche solo di reputazione per fungere da testi. Chi non possedeva o non prendeva in affitto nulla e non aveva perciò bisogno di cautelarsi con contratti, o non poteva permetterseli, diventava di fatto invisibile alla Storia. 
Ma cosa ci faceva della gente da Villaverla in questo remoto e sassoso anfratto dell’Alta Valle dell’Astico? Eh, ciò, .. na roba ala volta. Bisognerà indagare ancora, sperando che il Morla non si riassopisca. Intanto un fatto sembra assodato: che i Sartori Imperial-Regi della destra Torra in origine risalirono la valle provenendo dalla pianura vicentina. Non furono dunque suoni gutturali nell’antica lingua ad echeggiare fra i massi ormai polverizzati delle Marogne, ma una più morbida ed inattesa poegana veneta.

4 commenti:

  1. Grazie Koscri, adesso so che ho origini da Villaverla, e pensavo di essere di origini Fiorentine!! Bravo come sempre gi

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    1. Ma forse Minai non ha torto neanche perchè, come scrive il storico Giancarlo Bortoli di Asiago :
      "È in quel tempo che arriva a Rotzo la famiglia dei Sartori, proveniente da Firenze e alla corte del Vescovo Andrea Mozzi, bandito da quella città e trasferito a Vicenza nel 1295, dopo che il perverso Vescovo muore a Vicenza nel 1296 (fatto citato nella Divina Commedia di Dante Alighieri). Il Sartori sarà uno dei protagonisti della divisione tra le comunità di Rotzo e quelle di Roana".
      I Sartori sono anche della mia famiglia (parte di mia mamma. Un mio antenato Andrea Sartori, il conte, è nato a Forni il 14.1.1642. Sono tutto orecchie, Gianni !

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    2. Mai disperare! Chissà a Villaverla da dove arrivarono, magari c'è il solito vescovo di mezzo. Comunque almeno la polenta era assicurata. ;-)

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  2. Grazie per l'incantevole ricerca, mi fa pure piacere apprendere di avere le origini venete!

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