giovedì 13 agosto 2020

No stémo a far Casoto con Belfiore



Gianni Spagnolo © 200808
Sempre il saggio Morla, per ora stranamente loquace, s’è un po’ sorpreso del fatto che la storiografia ufficiale faccia coincidere l’antico nucleo di Casotto con l’insediamento di Belfiore, ben più a monte. Mi dice che allora, quand’era giovane lui, cioè dopo la fine del Medioevo, qui non c’erano incursioni di pirati saraceni, né banditi di passaggio ad esser dissuasi dall’erto salìso. Figuriamoci! L’Astico era saldamente intruppato dalla Marogna, almeno dall’ultima volta che ne uscì svuotando il lago. In ogni caso avrebbe disturbato al massimo un po' dell’UnterK, lasciando indenne l’OberK. Dunque non c’era ragione alcuna di arroccarsi prematuramente su quel dosso, certamente panoramico ma assai vegrotto e parco d’acque.  M'indica perciò un po’ di scritti dell'epoca in cui il nostro baldo Bernardino e i suoi altrettanto baldi nipoti e bisnipoti, dispongono delle loro proprietà  .. posita in jornata dicto Casoto qui coheret a mane cum vallis Turra .., si tratta di buon terreno agricolo, piantumato a viti e alberi da frutto. .. petia teræ arativa plantatis vitis et arbori... Inverosimile perciò che si trovasse sul margine della Torra dalle parti dei crozi verso la Béla del’Ara, anziché nel pianoro dei Braidi. I quali saranno anche venuti dalle Basse, ma non erano ancora inseminìe dala pelagra, dato che il maiz, appena portato dalle Americhe, non s’era ancora imposto neanche da quelle parti.
Erano talmente in pochi che non occorreva certo colonizzare il Cròiere per sopravvivere, avevano lì comodi e belli freschi anche i marsoni e le trote dell’Astico.  Tanto i Cerato, arcigni signori di quelle acque, da quando c’era definitivamente il confine e l’otarda trappiana sorvolava truce le Nore, potevano tacar briga solo con i Sanpieroti, o al più con gli Stoner.  "Te ghe da saére.." Mi dice. ".. Chel svegraménto dele laite del Cròiere,  dei Siròcoli e de ogni  sgrèbane de chìve e de lìve del'Astego i lo ga fato stiàni i vostri pori trisnòni, parvia chei ghéa na straje de boche da mantegnere. Ai me tenpi bei, jera cuéla dala false a goernar le robe e a tegnér tuti pal spaghéto."
“Ma cos’erano venuti a fare dunque sti Sartorius su queste oblique terre?” Domando impetuoso. Il Morla si fa pensoso e raggrinza ancor più la bocca rugosa, mentre i suoi occhi si riducono a due impercettibili fessure. “Te vui saér massa! Tempora tempore tempera”. Sentenzia. Quindi si gira lentamente e torna ad immergersi nella Palude della Tristezza.

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