martedì 11 agosto 2020

La rocca che guardava nel cielo i suoi occhi di stelle


Come ogni anno, nel periodo delle stelle che cadevano dal manto scuro, il borgo in festa preparava i suoi riti per raccogliere i desideri. In ogni finestra c'era un barattolo in vetro lasciato aperto, così che la polvere delle stelle cadesse dentro ed ognuno lasciasse al suo cuore un sogno, un desiderio. Tante candele venivano accese nelle strade e quel borgo in cima alla collina sembrava una collana che seguiva in modo impreciso la stradine del collo di una donna stanca per il sole e per gli anni, anni che cadendo giorno dopo giorno, si erano posati ora come neve ora come foglie, sul manto delle vie strette. Quelle piccole candele, che facevano da specchio alle stelle della notte, erano le sole luci della sera di San Lorenzo, e dopo il rintocco delle campane del vespro, tutto appariva azzurro e leggero con un respiro dorato che resisteva sulle colline, lì dove il sole tramontava più tardi. La rocca si ergeva fiera sul punto più alto del borgo antico e socchiudeva gli occhi mentre il sole ancora la accarezzava leggero, sparendo pian piano e lasciando lo spazio all'azzurro ed al viola e poi a quel nero che rendeva le facciate delle case tutte uguali. Brillavano le candele nelle strade e nelle case, brillavano come le lucciole danzanti nei campi di giugno e come le stelle che, in quella notte, parevano ancora più numerose e ricche di luce. E quello che la rocca vedeva era un paese inginocchiato a San Lorenzo, un paese disegnato dalle candele, nelle sue vie larghe e piccole, un paese che sembrava un corpo di cui si vedevano le vene pulsare e quel castello antico, era il cuore in cui convergevano sentimenti e sogni. Sogni antichi, sogni mai sopiti, sogni nuovi ed altri ancora da inventare, sogni di uomini e donne che si tenevano per mano e sogni di giovani che cercavano quelle mani nelle quali diventare anziani, riposare l'anima, veder fiorire le margherite in primavera e maturare l'uva in autunno, imbiondire il bosco e saperlo che profumava di funghi e terra. Per tutta la notte sul borgo ad un tratto addormentato, caddero le stelle, come fosse il solo luogo della terra deputato a raccoglierle, ed ogni barattolo al mattino appariva pieno di polvere, come quella delle fate che dormono nei boschi e nelle peonie profumate. Ogni abitante chiuse il barattolo al sorgere del sole, quando dal lato opposto ancora la luna a metà vegliava sui monti, sui pascoli e sulle fonti fresche la cui eco correva per il paese ancora deserto e lo nascose in luoghi segreti, e lo avrebbe aperto solo quando quel desiderio si sarebbe avverato, per far spazio ad un altro sogno del cuore. E mentre le candele ormai spente mandavano al cielo il flebile fumo chiaro della loro notte, in uno scambio con le stelle silenzioso e pieno di mistero, la rocca apriva lentamente gli occhi, inondandoli di luce e sulle sue mura quadrate, simbolo di una vecchia alleanza con il papa che profumava di preghiera, brillava sotto i primi raggi del sole la polvere delle stelle che sopra di lei erano cadute dal cielo, rendendola luminosa come una goccia di rugiada che si vedeva luccicante da ogni lato di tutta la vallata. Come ogni anno, con le campane mattutine che risuonavano la festa di un nuovo giorno, tutti, grandi e piccoli indicavano la rocca arancio stagliarsi nel cielo, con la testa piena d'oro e tutti ancora cercarono quella luminosa scia portata ora dal vento, simbolo del viaggio delle stelle nel cielo, in cui ognuno perse per un attimo i suoi occhi che seguivano quei ciondoli del cielo per trovarli poi ancora nuovi, bagnati d'amore, mistero, di vita, di rugiada e di verità.
Dana Carmignani - racconti di campagna

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