Anche durante la
scorsa estate, non si è fermato il lavoro per il Museo Diffuso di
Pedescala Forni e Settecà, che le comunità cercano di costruire.
L’architetto Domenico Molo, si è incontrato varie volte con il
dottor Giancarlo Bortoli di Asiago, per stilare uno STATUTO di cui
la nuova ASSOCIAZIONE ha bisogno per costituirsi. Il tre settembre
2019, a Pedescala c’è stato un incontro con le Comunità, per la
lettura della bozza dello statuto. Il dott. Bortoli ha spiegato
esaurientemente le motivazioni dell’Associazione e ha letto
illustrando punto per punto, quello che insieme all’architetto Molo
hanno pensato per redigere lo statuto. Gli scopi, le attività, le
opportunità, gli intenti e tutto quello che fa parte della nuova
associazione, sono stati esposti con chiarezza. Ascoltati con
attenzione dai partecipanti, si sono avuti dei suggerimenti al fine
di completare il tutto. Ringraziamo quindi chi lavora
incessantemente per raggiungere lo scopo di questo Museo e ci
auguriamo che tutte le comunità si sentano coinvolte da tale
progetto che ha bisogno di sostegno da parte di tutti.
Lucia Marangoni
Condividere per guarire - Un museo diffuso nei luoghi dell’eccidio nazifascista del 30 aprile 1945 a Pedescala, nel Vicentino
Il taglio sulla tela della memoria di Pedescala e di tutta la valle
dell’Astico non si rimarginerà mai del tutto. Qui, alle estreme propaggini del
Vicentino, dove l’Altopiano di Asiago e il Trentino si incontrano, l’eccidio
nazifascista del 30 aprile 1945 è più presente che mai nel vissuto delle
comunità. Chi vive oggi questi borghi all’epoca non era nato oppure
attraversava una tremenda infanzia, segnata dalle 64 vittime a cui si
aggiunsero gli altri 18 trucidati nelle vicine località di Forni e Settecà.
Anziani e adulti sono cresciuti con i racconti di ciò che fu, dell’efferatezza
della selezione: le donne con i bambini rinchiusi nel cimitero, gli uomini
massacrati. Gli aspri toni delle urla in tedesco, il sibilo degli spari nelle
orecchie, l’odore acre del fuoco che saliva come i cavalloni di fumo dalle case
incendiate. Impossibile rimuovere tutto questo dal ricordo collettivo,
nonostante i 74 anni trascorsi e la bellezza di un territorio incontaminato,
minacciato ora da nuovi progetti di grandi opere, come il prolungamento a nord
dell’A31 Valdastico che si tradurrebbe in una sorta di nuovo ponte Morandi
sopra le teste dei duecento abitanti di Pedescala. Eppure un’idea nuova sta
percorrendo la valle e promette di ridarle nuova linfa per disancorare la
propria vicenda dai tremendi scogli del passato e liberare nuove energie per il
futuro. «La nostra comunità non ha ancora superato il trauma dell’eccidio del
1945 — spiega l’architetto Domenico Molo, figlio di una superstite e promotore
del processo che sta coinvolgendo tutti gli abitanti — Questa è una costante di
tutte le popolazioni colpite dai massacri durante la seconda guerra mondiale. È
così per Sant’Anna di Stazzema come pure per Marzabotto o per San Miniato. Il vissuto
doloroso convive con la quotidianità, rimane negli angoli più intimi e privati
delle famiglie e non viene mai rielaborato». Da qui l’idea di dare vita al
Museo Diffuso P_F_S (Pedescala, Forni, Settecà) tramite un percorso che passerà
attraverso la riappacificazione della memoria. Le ricostruzioni storiche non
sono concordi, c’è ancora molto da scavare nei fatti di quel 30 aprile, eppure
oltre al dolore oggi in valle permangono le divisioni tra le famiglie delle
vittime e quelle dei partigiani che avrebbero attaccato l’occupante nazista
scatenando la tragedia. Una vicenda resa più straziante dal fatto che in realtà
le truppe non erano di passaggio a Pedescala, ma occupavano il territorio per
garantire una ritirata senza traumi ai battaglioni dell’esercito del tramontato
Terzo Reich. Questo fece sì che la popolazione dovette convivere con gli
assassini dei propri cari per tre giorni, fino al 2 maggio di quell’anno. La
stessa medaglia d’argento al valor civile che il presidente della Repubblica
Sandro Pertini inviò nel 1984 come riconoscimento alla lotta partigiana in
questi monti e queste valli non produsse che nuove divisioni: la popolazione
per anni, da quel momento, celebrò il 30 aprile in due momenti diversi.
«Oggi la comunità ha deciso di mettere da parte tutto questo — continua
Domenico Molo — Lasciamo agli storici la ricostruzione dei fatti. Noi abbiamo
un vissuto da condividere e una ferita da cui guarire». Così lo scorso
dicembre, con il coinvolgimento dell’amministrazione comunale di Valdastico, è
partito il cammino che per la prima volta ha permesso a superstiti, parenti
delle vittime e discendenti dei partigiani di sedersi allo stesso tavolo.
Grazie alla tecnica del world cafè il vissuto è emerso e si è innescato
un laboratorio di cittadinanza, a cadenza mensile, coinvolgere la comunità
nella progettazione del museo diffuso. Tutti i partecipanti agli eventi hanno
la possibilità di vedere i report delle attività e dei temi emersi dagli
incontri. «Il museo diffuso, partendo dalle parole-chiave “luogo-tracce-comunità-ricordi”
— sottolinea l’architetto — si presenta come una vera azione progettuale che da
un lato si occupa della conservazione delle memorie e, dall’altro, le rende
fruibili per la collettività, il museo diventa strategia d’intervento, ponendosi
a catalizzatore di processi di valorizzazione dei sedimenti storici presenti
sul territorio, strumento capace di innescare processi di lettura attiva e di
partecipazione dinamica». Il tempo dei monumenti e dei memoriali — oggi muti al
cospetto delle giovani generazioni — è terminato: accanto alla Casa della
memoria (sede del museo) e agli altri luoghi simbolo dei fatti che verranno
inseriti nel percorso, sarà la popolazione stessa a “dare vita” al museo,
accompagnando i visitatori. A questo scopo proprio in questo mese di settembre
nascerà un’associazione che avrà obiettivi plurimi: gestire, direttamente o
indirettamente, il Museo diffuso P_F_S, come luogo di memoria, di riflessione,
di meditazione, di formazione, di dialogo, di progettazione; realizzare
iniziative per diffondere la conoscenza delle vicende dell’eccidio di
Pedescala, Forni e Settecà; sviluppare la vocazione del Museo Diffuso a
divenire polo di ricerca e divulgazione sulla storia antica e moderna.
Il sogno è quello di stringere relazioni con scuole e università europee
perché portino qui gli studenti per esperienze formative e progetti di ricerca.
Parallelamente sta nascendo una rete tra le comunità colpite da eccidi
nazifascisti negli anni 1943-1945: la stessa ambasciata tedesca a Roma ne ha
censiti oltre 5 mila. A rendere possibile tutto questo sarà la fibra della
gente, toccata con mano da Caterina Di Pasquale, antropologa dell’università di
Firenze arrivata a Pedescala a maggio nell’ambito del Festival biblico, dopo
anni di lavoro con la popolazione di Sant’Anna di Stazzema.
Il vero tesoro della val d’Astico oggi è la memoria della sua gente: di
Gianclaudia Pretto che può indicare gli scalini in cui il nonno fu raggiunto
dai proiettili che sfiorarono la sua sorellina di 5 anni; di Adriana Giacomelli
che ha sentito tutte le notti le urla dell’anziana madre morta a 90 anni con
l’incubo del 30 aprile scolpito nella mente; di Florio Spagnolo che di quei
fatti in cui perse due fratelli non riesce nemmeno a parlare. Da qui si leverà
un monito per tutta l’Europa: mai più.
Grande Amministrazione Guglielmi!
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