martedì 17 settembre 2019

Insegnare

                                                              【Gianni Spagnolo © 190907
Non dev'essere facile fare l'insegnante al giorno d'oggi; così come il prete, l'educatore, l'operatore sanitario e in genere le professioni che hanno attinenza con valori e circostanze meno tangibili e traggono origine più da una personale vocazione che da un mero calcolo economico.
Abituati come siamo alla competizione e alla monetizzazione delle prestazioni, siamo oggi portati a sminuire quelle attività che invece in passato erano onorate da migliore considerazione sociale.
Ho fatto le scuole in anni anche turbolenti, ma riconosco che devo molto ai miei insegnanti e ne conservo generalmente un ricordo grato. Di alcuni, che in corso d'opera sottostimavo per mia immaturità, ho capito solo più avanti il valore professionale ed umano. 
L'insegnamento e l'apprendimento non finiscono con la scuola, proseguono infatti in ogni ambito della vita dove incontriamo persone. A pensarci bene noi diamo e riceviamo sapere (didattico o emozionale) ogni qual volta ci relazioniamo con qualcuno, foss'anche un animale. Se fossimo consapevoli d'essere contemporaneamente insegnanti ed alunni in ogni circostanza della nostra esistenza, forse staremo più attenti; saremo più umili, aperti e sensibili.
Ci lamentiamo spesso della scarsa istruzione, responsabilità, senso civico, preparazione, sensibilità, ecc. degli altri, tuttavia non perdiamo occasione per denigrare quelle qualità che permetterebbero di migliorarne il livello. L'ignoranza è tollerata e spesso beatificata, la prevaricazione è considerata furbizia, l'ingiustizia accettata; e ancora: chi grida più forte significa che ha personalità, lo studioso attento è uno sfigato, la responsabilizzazione è evitata come la peste e via elencando.
Viviamo in un paese dove l'ignoranza, specie delle materie scientifiche, è un vanto. Ovvio che è più confortevole discutere di opinioni piuttosto che di numeri e dati provati. Se uno è competente o eccellente negli studi deve avere sicuramente un qualche baco che lo riporti, nella media, a più confortevoli livelli. Sento genitori bearsi dei figli che prendono bei voti, sottolineando subito ipocritamente che  non studiano mai. Va da sé che li prenderanno perché sono geneticamente intelligenti avendo cotanta parentela, ma è un ragionamento intrinsecamente idiota. L'impegno, la costanza, la determinazione, la coerenza, sono virtù raramente apprezzate e favorite quale necessaria premessa di ogni buon risultato; si preferisce attribuirlo ad innate capacità, assolvendo di fatto quella pigrizia e quella mediocrità che ci rassicurano così tanto.
Eppure la scuola sarebbe l'ambito di coltura e la palestra ideale di ogni programma di progresso sociale. L'investimento più efficiente ed oculato di una società lungimirante, dato che permette d'intervenire nell'età e nelle condizioni più adatte per apprendere ed interiorizzare valori, concetti e abitudini. Al minor costo, perché, si sa, è più conveniente prevenire che curare. L'impiego, tanto per usare termini economici, che garantirebbe un ritorno incalcolabile a medio termine e una capitalizzazione plurisecolare.
Il punto è che siffatte premesse creerebbero cittadini più attenti, esigenti e motivati, perciò maggiormente critici e meno condizionabili e manovrabili. In definitiva sarebbero una bella spina nel fianco di ogni sistema di governo. Ecco forse perché, al di là di belle parole e splendidi propositi, nessuno prenderà mai seriamente in considerazione questa opportunità. Ed è un peccato!



4 commenti:

  1. "Il male che si dice della scuola ci nasconde il numero di bambini che ha salvato dalle tare, dai pregiudizi, dall’arroganza, dall’ignoranza, dalla stupidità, dall’avidità, dall’immobilità o dal fatalismo delle famiglie."
    (Mal di scuola di Daniel Pennac)
    Non si dovrebbe mai dimenticare, però, che impariamo per la vita, non per la scuola.
    Giovani, avevamo in testa "il progresso" ma, oggi, possiamo chiedere quale progresso? Lo scopo della società umana dovrebbe essere il progresso degli uomini, non delle cose.

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