Questo tipo di giorni invitano a stare davanti al camino, ma il mondo gira e il destino sa preparare le sue trappole molto bene.
Da
sud-est due rombi di aereo si avvicinano a Tonezza, provengono da Villafranca
vicino a Verona, sono in volo di addestramento, il primo è pilotato dal
comandante del volo, un tenente colonnello, il secondo, un caccia ”Republic rf-84 f. Thunderflash” di
costruzione statunitense e impiegato dalla Nato in Europa durante la guerra
fredda, pilotato da un giovane sottotenente di Lecco, si chiamava
Franco
Valsecchi di ventidue anni.
I due piloti sorvolano la valle e sul cielo di
Roana girano verso la AssTal, sono bassi, troppo bassi, molti testimoni
diranno che il volo di bassa quota che stavano facendo era molto pericoloso in quelle
condizioni atmosferiche.
Gli aerei con i fari accesi imboccano la valle che
porta in Vezzena e spariscono nella nebbia, il rumore dei motori lentamente sparisce
e tutto torna nell’uggioso silenzio. La mattina di domenica 15, si sparge la
voce che un velivolo militare non è tornato alla base di Villafranca e
sull’altopiano arrivano i primi ufficiali dell’aeronautica militare italiana per
investigare.
La faccenda era complicata, i vari testimoni non davano notizie
certe, le possibilità di ritrovarlo erano scarse, ci mise del suo anche il
tempo, ricoprendo le cime delle montagne
con una ventina di centimetri di neve fresca.
I giorni passavano e le ricerche
non davano esito positivo, dopo il venti del mese il tempo volse al bello ed un tenace e coriaceo Roanese di nome Guglielmo non volle arrendersi e
intraprese una ricerca del tutto personale dell’aereo.
Il suo ragionamento,
semplice, ma efficace, si basava sul fatto che nessun testimone aveva visto o
sentito gli aerei passare per Vezzena, neppure per Luserna e Lavarone, quindi
l’unica via di volo possibile era la val Portule e la val Galmarara.
Si
avventurò nelle due valli accompagnato dalla sua motocicletta e il 27 novembre dal
monte Meatta, di fronte al Verena, osservò
attentamente la zona verso est e dalle parti dello Zoviello scorse con il
binocolo uno strano luccichio sui rami di un larice: erano i resti del
velivolo, l’aveva trovato.
Quando si trovò di fronte ai resti del caccia il suo
pensiero andò al pilota e, come racconta nel suo diario, (del quale io possiedo una copia) non fu facile a
scorgerlo, il terreno disseminato di rottami e alberi divelti era, ed è tuttora,
ricoperto di mughi i quali rendono difficile il cammino e
l’orientamento.
Un grosso larice teneva prigioniera un’ala, e il timone di coda era
disteso sopra i mughi, le sigle militari si leggevano
perfettamente: 17030 e lo stemma della terza aerobrigata, un gatto nero che
salta, ma del povero Valsecchi nessuna traccia.
Il giorno dopo, con tutta la
squadra di ricerca impegnata, il corpo del pilota venne finalmente trovato, a
circa duecentocinquanta metri di distanza dal punto d’impatto dell’aereo sulla
montagna; giaceva nascosto dai mughi e con sulle spalle le cordicelle del
paracadute già sfilato.
Il ragazzo tornò nella sua Lecco e, ironia della sorte, la strada che si trova a pochi passi dal punto d’impatto si chiama
“Zoviellostrasse per le carte topografiche, ma per i montanari dell’altopiano “strada di Belfiore”. Franco Valsecchi era domiciliato a Lecco in via Belfiore.
Oggi vicino al luogo del disastro c’è un semplice, ma ben fatto monumento che ricorda il giovane pilota.
Il timone di coda del rf-84, piantato su una base di
cemento e marmo, fa sostare il frettoloso passante, e i piccoli resti dell’aereo
che si trovano ancora qua e là, vengono deposti sulla sua base.
Piero Lorenzi
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(articolo ricavato da un giornale di zona )
Un’occasione
per rivivere insieme un momento della storia roanese e dell’Altopiano: è
data dalla pubblicazione e dalla presentazione di uno scritto inedito
di Guglielmo Martello (Memo) sul ritrovamento del jet militare caduto
sulle montagne altopianesi nel novembre del 1970. La pubblicazione
intitolata “L’aereo ritrovato” verrà presentata, nell’ambito dei
festeggiamenti per Santa Giustina, questa sera alle 20.30 nella sala
superiore dell’asilo di Roana da colei che l’ha curata e voluta ovvero
Barbara Martello, nipote di Guglielmo.
“Si tratta – spiega Barbara - della storia che narra appunto le vicende
del rinvenimento di quel velivolo, un jet militare, raccontata da chi lo
ha ritrovato, mio zio appunto. Ricordo chiaramente quei giorni in cui
lo vedevo tutto preso da questa “missione”, in cui partiva al mattino e
tornava alla sera, incurante del freddo e della fatica per questa
ricerca che si era preso a cuore”.
Una ricerca svolta personalmente, con tanta caparbietà, senza dare
minimamente retta a chi gli diceva “Non lo troverai mai”. La ricerca
durò giorni e giorni, la salma del pilota Franco Valsecchi venne
recuperata domenica 29 novembre. Guglielmo scrisse questo suo diario nel
dicembre del 1970, descrivendo luoghi, persone e sensazioni.
Una storia che non conoscevo. Grazie!
RispondiEliminaNemmeno io Armando! Tu non puoi capire con Pedro quante cose vengo a sapere! E' un pozzo senza fondo. E io che a scuola odiavo la storia, ora in vecchiaia, grazie a lui mi ci sto perfino appassionando!
RispondiEliminaCredo poi che sulla Grande Guerra sia imbattibile!
Neanch'io ne ero al corrente, ma al baldo Piero nulla sfugge di ciò che è successo in montagna in pace o in guerra. Bravo!
RispondiEliminaEffettivamente concordo, è sempre un piacere anche per me.
RispondiEliminaOra finalmente so la storia del S.Ten. Valsecchi. Anche io passando avevo notato il cippo che, come altri che si scorgono sui sentieri, mi danno una infinita tristezza per quelle vite spezzate.Un saluto, Michele
RispondiEliminaUn Cippo, dedicato al S.Tenente Pilota Franco Valsecchi immolato prematuramente per l'amore del volo, con dei fiori di campo adorna: e il dono di qualche escursionista, del sentiero CAI 833, al giovane Pilota." I piloti non muoiono Mai: si radunano nell'alto dei cieli!!!"
RispondiEliminaConosco bene quel sentiero e quel cippo commemorativo. La storia di quel 13/11/1970 mi ha colpito davvero molto. Belfiore.
RispondiEliminaFinalmente riesco ad avere notizie in merito a quella tragedia aerea. Sono passato diverse volte di fronte a quella lapide e mi ha sempre colpito ed anche incuriosito per via del cognome.
RispondiEliminaCi sono passata ieri 25 agosto x la prima volta,e mi ha colpita molto sopratutto x la giovane età.abbiamo lascito sopra il cippo un pezzo dell' aereo trovato ,strada facendo nel bosco.
RispondiEliminaPassata di li proprio ieri.trovato pezzo di aereo nel bosco. depositato vicino al cippo.
RispondiEliminaBeppe 22 settembre 2017
RispondiEliminati ringrazio. da sempre passo davanti al monumento. solo oggi ho fatto ricerca sulla vicenda che non conoscevo nei particolari.
Avevo 13 anni quell'anno, ho i parenti sull'altipiano e novembre 1970 è morto mio papa e dopo qualche giorno ci siamo a trovarli con mia mamma, premetto che sono di Lecco abitavo a pochi passi da via belfiore ero amico del fratello però non sapevo della storia, e ricordo che cercavano un aereo in quel periodo ma senza esito.
RispondiEliminadopo qualche giorno siamo tornati e a scuola il bidello mi si avvicina mi chiede di mio papà e se ero ad Asiago in quei giorni risposi di si e lui mi dice che su quell'aereo cera suo figlio e ancora non l'avevano trovato, in quel momento mi si è gelato il sangue.
Sono tornato tante volte sull'altipiano di Asiago e nel 2016 ho fatto una gita solo per trovarlo e salito in val Galmarara finalmento ho trovato i resti.
comunque grazie per la storia e grazie perché qualcuno l'ha raccontata.
Ivano ratti
Io all'epoca avevo 8 anni, il giorno dopo quel venerdi' 13 all'uscita della scuola aspettavo, come ogni sabato, che Franco mi venisse a prendere: purtroppo una tragica fatalita' quel giorno ce lo rapi'. Per mia mamma fu un colpo troppo forte, perdere un figlio di 22 anni credo sia la peggior sciagura che possa capitare a un genitore. All'epoca aveva 48 anni e il dolore di quella perdita' e' rimasto vivo in lei fino alla morte, avvenuta nel 2016 a due giorni di distanza da Franco: il 15 novembre. Io non ho ricordi vividi di mio fratello, quando Franco parti' per l'accademia di Pozzuoli era il gennaio 1969 e io avevo 6 anni; da allora lo rividi per qualche licenza e qualche volta in piu' dopo l'estate 1970 quando fu trasferito a Villafranca e poteva tornare a casa quasi tutti i fine settimana. Ricordo bene i giorni delle ricerche in cui anche mio padre fu invitato a Villafranca dal locale comandante per assistere personalmente alle operazioni. Ho conosciuto Guglielmo Martello e anche la nipote Barbara di cui sono quasi coetaneo. Parecchi anni fa, ma prima del 2013 avevo cercato in rete notizie sull'incidente senza trovare molto. Nel 2011 sono tornato, con mia moglie, i miei figli e degli amici, sul luogo dell'incidente e ho ritrovato tutto come ricordavo di averlo visto 40 anni prima.
RispondiEliminahttps://www.facebook.com/gvalsek/media_set?set=a.2066534819237&type=3
Vi ringrazio per aver ricostruito cosi' dettagliatamente i fatti di quei giorni riportando la dinamica dell'incidente. Forse una piccola imprecisione, da quello che mi era stato raccontato all'epoca, l'aereo davanti era quello di mio fratello; il comandante Marco Girlanda (perito anch'esso in un incidente in aeroporto a Villafranca l'anno successivo) era in coda, credo per controllare meglio il volo dell'allievo che gli stava davanti.
Grazie ancora per il racconto e per aver fatto conoscere la storia di Franco ai frequentatori della zona.
mi accorgo solo ora del suo messaggio mi perdoni ma per me è motivo di orgoglio aver letto queste righe le auguro buona vita. Piero
Eliminanon si deve scusare... ci mancherebbe; grazie ancora per il bel racconto. Giorgio
EliminaSabato scorso (il 12 settembre) sono stato a fare una camminata in val Galmarara, è una zona che conosco, ma non avevo mai fatto l'anello che parte dal rifugio e attraverso campo Gallina torna alla partenza.
RispondiEliminaO meglio pensavo di non averlo mai fatto, perché quando ho visto il cippo ho capito che lì c'ero già stato, da bambino forse 5 o 6 anni dopo il fatto.
Da piccoli certe cose restano nella memoria, anche perché gli aerei mi sono sempre piaciuti e mio padre era in aeronautica.
Ma ho due netti ricordi: il primo che intorno al cippo non c'erano alberi e il secondo che sul timone di coda era ancora presente l'emblema araldico dello stormo.
La sera stessa ho cercato notizie sull'accaduto in rete, dove ho trovato l'articolo di Lorenzin.
Durante la stessa ricerca ho saputo che negli anni 60 è 70 la zona veniva utilizzata come poligono di tipo dalle forze armate, questo spiegherebbe il volo a bassa quota in una missione di addestramento.
Grazie.
Corrado.
Ciao Corrado, grazie per il commento. Da quello che ne so, la missione in cui era impegnato mio fratello era di ricognizione fotografica. Non credo nemmeno che i velivoli portassero armi anche se, ovviamente, non lo posso escludere. Penso che le zone adibite a poligono di tiro debbano essere abbondantemente segnalate (ne ricordo una in zona Maniago - PN), per evitare che qualcuno ci finisca dentro inavvertitamente.
RispondiEliminaGrazie Giorgio