Scendendo la Singéla , specialmente con il caldo, soffriamo
di più la discesa che la salita; la stanchezza e il caldo ci fanno rimpiangere
il fresco mattutino e il passaggio all’ombra dei faggi nella località Fundi.
Arrivati ai Baise le gambe tremano e i piedi reclamano un bagno freddo, ma
quello che vi voglio raccontare oggi non riguarda la Singéla, bensì vi racconterò di
un sentiero talmente impervio e lungo che perfino il bracco che avevamo con noi
si fermava rifiutandosi di proseguire.
Il sentiero numero 392 si trova in val Posina, conduce in
tre ore dalla contrada Griso in Pasubio, salendo la val Caprara, bella e selvaggia, ricca di acqua e nella parte alta di
luoghi fortificati dagli Austriaci in tempo di guerra.
Quel giorno, dopo essere
arrivati sotto l’arco romano, decidemmo di tornare in val Posina seguendo il
numero 380 della val Pruche, sulla carta sembrava facile e diretto.
La squadra
era guidata da due cani, Lea e Tom, la femmina ubbidiente e sempre vicina a
noi, il maschio uccel di bosco, compariva solo per chiedere qualcosa da
mettere sotto i denti e poi spariva.
Da subito il sentiero si presenta dolce e
piacevole, si passa a fianco del cimitero della brigata Liguria e, prima della
val Pruche, si incontrano le postazioni del battaglione alpini Levanna, ancora
in ottimo stato di conservazione.
Dopo una breve visita alle trincee, siamo
tornati sul sentiero, la discesa è dolce ancora per poco, arrivati a un certo
punto una tabella dice che siamo al passo dell’Ometto quota 1950, il panorama è
stupendo, sotto di noi, ma lontano, la val Posina, verso nord la cresta dei sogli
Bianchi, a sud il nido dell’Aquila e la val Sorapache, verso ovest i due denti
del Pasubio superbi e giganti, sembrano dire: "qui comandiamo noi", a est il
gruppo del monte Majo, Coston dei Laghi e monte Maggio.
Proseguendo allegri si
arriva in un punto dove il sentiero sparisce, si è nel vuoto e la pendenza
prende una piega impressionante, dopo centinaia di metri di serpentine
arriviamo nel fondo della val Pruche e la situazione si presenta complicata, la
valle è percorribile solo al centro tra massi giganti e salti anche di tre e
più metri.
All’inizio era divertente, ma poi ci accorgemmo che il tempo passava e i metri
percorsi erano pochi; i salti più pericolosi ci obbligavano a soste tecniche più
lunghe e la stanchezza cominciava a bussare alla porta; incredibile osservare
il cane maschio che si accucciava e non
voleva proseguire, il suo padrone doveva tornare indietro, prenderlo in braccio e rifare il percorso,
non c’era verso, se si proseguiva, Tom si fermava, mentre la femmina era più
coraggiosa, con lei nessun problema, ma alla fine, il maschio è stato lasciato alle
sue volontà e ci raggiunse con calma dopo il nostro arrivo sulla strada
asfaltata.
Ogni tanto ci si addentrava nel bosco, a tornanti si guadagnava
terreno, ma le gambe, per via dei salti, ci stavano abbandonando, sentivo il piede
destro caldo e sofferente e non si arrivava mai.
I rumori delle auto che
passavano si facevano sempre più vicino e la voglia di raggiungere la strada
era asfissiante, al punto che quando siamo arrivati in prossimità dell’asfalto
ci siamo buttati a terra e nessuno voleva più alzarsi dal prato. Tolti gli
scarponi mi accorsi di avere del sangue sulle dita e la conseguenza fu, delle unghie nere per quasi un anno.
Guardandoci alle nostre spalle, di comune accordo, salutammo la val Pruche non
con un arrivederci, ma con un accorato addio. Dalla fine degli anni settanta a
oggi penso di aver percorso quasi tutti i sentieri dell’alto vicentino, Pasubio
e Altopiano non hanno segreti per me e la val Pruche è senza dubbio la discesa
più lunga e faticosa che un escursionista può incontrare sul suo cammino.
Piero Lorenzi
Si, credo sia vero, anche se ce ne sono parecchi di percorsi tosti da quelle parti.
RispondiEliminaIo avevo dei compagni di camminate fanatici del Pasubio, che me l'ha fatto sperimentare in lungo e in largo fino a rendermelo quasi odioso. Raccontaci qualcosa delle caverne intorno al Corno Battisti; un can da usta come te sicuramente le conosce a menadito.
molto pregevole e di alto interesse storico il corno battisti, prendendo la caverna italiana da sotto il corno (la bocca del leone) si entra in un mondo irreale fatto di salita buia e di stanze di ricovero con sbalzi nel vuoto, carrucole ancora appese e arrivati in prossimità della cima si incontrano le trincee in roccia austriache che però non si possono visitare se non tornando sotto il monte e risalendo la gola fatta dal battisti durante la sua notte....un sito che tutti gli amanti dei luoghi della prima guerra dovrebbero visitare, naturalmente partendo dalla vallarsa e precisamente da anghebeni su per il monte trappola e il cappuccio di pulcinella( stupenda visione del campo di battaglia da sotto i roccioni del corno)per arrivare in fine alla bocca del leone, ingresso principale al sistema sotterraneo,su verso il pozzo della carrucola, la cisterna e l'infermeria a ridosso delle gallerie austriache, guadagnata la cima si torna per la valle di foxi attraversando malga zocchi, un giro lungo ma completo, appagante sotto il profilo storico ambientale, molto curiosa è la visita al grande osservatorio italiano detto cappello di pulcinella, con le scale in cemento lavorato con decori di ottima fattura artistica. Le posizioni degli italiani sotto e dentro il monte corno sono state definite da molti storici le più amene e difficili da tenere di tutto il fronte alpino. A oggi non so se le gallerie sono state ripulite e riprestinato tutto il percorso completo, certo che sarebbe una gran bella cosa.
RispondiEliminaGrande Pierooooooooooooooo
RispondiEliminaBravo Piero !!!Questo percorso mi avrebbe fatto piacere farlo......ma quaranta anni fà.
RispondiElimina