Il nome scientifico, Pastinaca sativa,
sottolinea che si tratta di una varietà ‘da semina’, selezionata da
un’antenata spontanea, diffusa nei prati e negli incolti di tutta
Italia, dalla pianura ai 1500 metri di quota: una pianta erbacea, con
steli cavi, profondamente solcati, e fogliame simile a quello del
sedano, sul quale spiccano le infiorescenze a ombrello, di colore
giallo. Caratteristica è la radice, un fittone di colore biancastro, che
nelle varietà coltivate assume dimensioni notevoli e, una volta
lessato, trova il suo più consueto utilizzo nella preparazione di
minestre e zuppe. L’interesse alimentare per questo ortaggio è
antichissimo, come sembra suggerire il nome, che alcuni fanno derivare
dal greco ‘panakeia’, composto da ‘pan’ (tutto) e ‘akos’ (rimedio), da
cui l’italiano ‘panacea’, rimedio che guarisce tutti i mali. Come tutti
gli ortaggi da radice, la pastinaca è in effetti nutriente e ricca di
minerali, in special modo potassio, fosforo e calcio. In tal senso si
esprime il francese Jean Valnet (1920-1995), luminare della fitoterapia,
ovvero di quella medicina alternativa fondata sulle virtù terapeutiche
dei vegetali: “La pastinaca è ortaggio energetico, un tempo considerato
come alimento base. È diuretico, disintossicante, antireumatico ed
emmenagogo, ovvero attivatore del flusso mestruale. Le persone soggette a
pinguedine potranno trarne giovamento. Raccomando di utilizzarlo spesso
nelle minestre.” Una curiosità linguistica riguarda il nome russo della
pastinaca, ‘pasternak’, che richiama alla mente la figura di Boris
Pasternak (1890-1960), autore del romanzo «Il dottor Zivago» e premio
Nobel per la letteratura nel 1958.
Le varietà più apprezzate della
pastinaca risalgono al Sei-Settecento, epoca che non a caso registra i
commenti più entusiastici sulle sue virtù. L’inglese John Parkinson
(1567-1650), uno dei primi grandi botanici dell’età moderna, scrive che
“la radice di pastinaca è un cibo sovrano, ed è molto usata, bollita e
stufata col burro, soprattutto durante la Quaresima, più che in
qualunque altra epoca dell’anno”. Questo perché è risaputo che le
radici, lasciate in terra durante l’inverno, grazie al gelo guadagnano
in concentrazione d’amido e dolcezza. Della popolarità della pastinaca è
indicativo il fatto che in Inghilterra si prepara ancora oggi una sorta
di vino, il ‘parsnip wine’. La sua coltura, un tempo diffusa in tutta
Europa, è arretrata di pari passo con l’affermazione della carota nelle
sue moderne varietà, più attraenti solo per colore e forma. In Italia la
pastinaca era molto apprezzata nel Cinquecento, al tempo del Palladio,
per restare in ambito vicentino, ed in tal senso è stata rilanciata in
vista del 2008, cinquecentesimo anniversario della sua nascita, grazie
al Gruppo di Ristoratori delle Risorgive, che hanno voluto festeggiare
la ricorrenza con un menù d’epoca. Da allora, verificato che le campagne
di Monticello e dintorni sono quanto di meglio per la sua coltivazione,
la produzione è cresciuta sotto l’egida dell’Istituto di
Sperimentazione Agraria «Strampelli» di Lonigo. Pianta rustica e poco
esigente, la pastinaca è un prodotto ‘naturale’ per vocazione, che nelle
più recenti proposte gastronomiche, sia cruda che cotta, si è
dimostrato ingrediente molto eclettico.
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Quante cose si vengono a sapere. Nemmeno nei grandi mercati ho mai visto esposto questo particolare ortaggio e ovviamente non sapevo che è perfino prodotto DE.CO.
RispondiEliminaSe m'imbatterò in questa carota, avrò modo di apprezzarla sicuramente!