domenica 7 luglio 2013

I prodotti de.co Vicentini - i gnochi co la fioréta de Recoaro





Recoaro Terme


“Recoaro, come paesaggio, è una delle mie più belle esperienze, e questa bellezza io l’ho inseguita prodigandovi zelo e fatica”, così scrisse Friedrich Nietzsche nel 1881, lo stesso anno in cui scrisse il suo libro più celebre, «Così parlò Zarathustra».

La cittadina occupa la testata della valle dell’Agno, sullo spigolo nord-occidentale della provincia, in uno scenario che spazia dal fondovalle, tanto verde e rigoglioso da meritarsi l’appellativo di ‘conca di Smeraldo’, a una corona di montagne spettacolari, le Piccole Dolomiti, come gli alpinisti le hanno battezzate con affettuoso rispetto; è di fondazione antica e fa da ponte tra due zone d’ascendenza tedesca, l’Altopiano d’Asiago e la Lessinia. La fisionomia, invece, è quella della città termale fiorita tra Otto e Novecento, con un cammeo d’architettura moderna nella parrocchiale di Sant’Antonio Abate.


 
Gli gnochi con la fioreta di Recoaro


Recoaro riserva la sorpresa di una cucina di matrice tedesca, dovuta all’origine d’oltralpe degli abitanti dell’arco montano tra la Lessinia veronese e l’Alto Vicentino. Risale all’XI secolo la prima notizia dell’insediamento tra le montagne del Veneto di coloni provenienti dalle vallate bavaresi.
Le cronache medievali li citano con il nome di Cimbri, da mettere in relazione con il termine tedesco zimberer, ‘boscaiolo’ o ‘carpentiere’, anche se è provato che eccellevano parimenti nell’allevamento e nella lavorazione della pietra. Il primo nucleo si stabilì sull’altopiano di Asiago, dove diede origine alla Comunità dei Sette Comuni. Col passare del tempo i Cimbri ampliarono i propri territori verso i Monti Lessini, nell’Alto Veronese, stabilendo diverse comunità si stabilirono nella zona del Pasubio e delle Piccole Dolomiti.
A secoli di distanza la parlata d’inflessione germanica degli antichi abitatori della conca di Recoaro è scomparsa, ma loro memoria resta nel nome dei luoghi e delle famiglie come pure nella pittoresca festa in costume della Chiamata di Marzo, con la quale si dà il benvenuto alla primavera, e nella cucina tradizionale, che si fonda sui prodotti tipici della montagna: il latte, la ricotta e i formaggi d’alpeggio; l’orzo e le patate; le salsicce e lo speck; le verze e i crauti; la selvaggina e le trote; i funghi e le lumache, i dolci a base di mele. Il piatto simbolo di questa tradizione sono gli gnocchi con la fioretta, in origine preparati dai pastori durante l’alpeggio impastando la farina bianca con la ricotta semiliquida raccolta al suo primo affiorare; la pastella così ottenuta viene versata a cucchiaiate nell’acqua bollente e riappare in superficie sotto forma di morbidissimi gnocchi; come condimento, burro di malga spumeggiante e una grattugiata di ricotta affumicata, oppure burro, zucchero e cannella, in una combinazione che evoca antichi contatti tra la montagna vicentina e la Repubblica di Venezia. È un piatto d’antica bontà, protagonista a metà settembre di una bella Festa in costume.


Le acque minerali di Recoaro


La nascita di Recoaro come stazione termale – l’unica di montagna del Veneto – si fa risalire all’anno 1686 quando il conte Lelio Piovene, intellettuale dal multiforme ingegno, giunge a Recoaro per constatare di persona le virtù dell’acqua di sorgente che vi sgorga. Convinto da analisi chimiche e riscontri medici dell’eccezionalità della scoperta, il conte si impegna a divulgare la sua scoperta. Nel 1752 la sorgente Lelia, come viene battezzata in onore del suo mentore, viene dichiarata ‘bene pubblico’ dalla Repubblica di Venezia che avvia l’attività idroterapica e la costruzione di un primo padiglione di cura. È questo il periodo in cui si succedono le scoperte di altre sorgenti, ben nove quelle che sono attualmente sfruttate per la terapia. Nella prima metà dell’800 Recoaro vanta già vari impianti termali ed eleganti alberghi che le conferivano il tipico aspetto di “ville d’eau”. Si deve all’architetto scledense Antonio Caregaro Negrin, nel 1873, l’unificazione delle varie sorgenti in un unico ‘parco termale’. Un complesso dall’imponente architettura eclettica, del quale resta testimonianza, dopo le distruzioni dell’ultima guerra, nel villino Tonello, che ospitò nel 1879 la Regina Margherita e il figlioletto Vittorio Emanuele in un soggiorno rimasto negli annali della cittadina. A questo periodo è ispirato uno degli appuntamenti più sentiti dell’estate recoarese, la Festa dell'acqua, che in agosto ravviva i fasti della Belle Epoque con spettacoli nel Salone dei Concerti delle Fonti Centrali, balli in costume e passeggiate in carrozza, la giostrina dei cavalli e gli aquiloni per i più piccoli.
Lo Stabilimento delle Fonti Centrali si trova all’interno di un parco di oltre 20 ettari sul lato opposto all’abitato. Alle splendide fioriture di ortensie della zona termale fa da cornice una valle verdeggiante che s’innalza verso le prime creste delle Piccole Dolomiti. Nello stabilimento sgorgano 5 fonti termali (Lelia, Lorgna, Amara, Nuova e Lora); altre 4 (Giuliana, Capitello, Franco e Aureliana) si trovano in località distaccate. “Quantità e Qualità” è uno degli slogan delle Terme di Recoaro con riferimento al numero delle sorgenti e alla molteplicità di applicazioni delle loro acque. Le acque sono utilizzate come bevanda ma anche per inalazioni, bagni e fanghi. Dal punto di vista terapeutico la  Lora è un’acqua oligominerale, utile nella prevenzione e nella cura dei calcoli renali e delle cistiti; incrementa la diuresi e favorisce l’eliminazione dell’acido urico. La Lelia è un’acqua minerale ad alto contenuto di ferro, particolarmente utile negli stati di accresciuto bisogno di questo elemento: gravidanza, allattamento, sviluppo, convalescenze. È considerata un’ottima acqua ‘ricostituente’. La Lorgna e l’Amara sono acque minerali impiegate nel trattamento delle affezioni dell’apparato digerente, del fegato e delle vie biliari, del pancreas. L’Amara si distingue per il maggiore contenuto di solfato di magnesio. Chiudono la rassegna le acque Nuova, Giuliana, Capitello, Aureliana e Franco: minerale la prima, mediominerali le altre, con proprietà sovrapponibili alle precedenti ma con un contenuto in litio che le rende efficaci nella terapia delle nevrosi ansiose-depressive e psicomotorie. L’attività di imbottigliamento ha inizio negli anni Venti e riguarda l’acqua oligominerale Lora, ma al tempo stesso alcune bibite che hanno fatto storia e che sono tuttora in commercio: innanzitutto il chinotto, che all’epoca, in tempi autarchici, costituì la risposta italiana alla Coca Cola, sfruttando le proprietà dissetanti di un agrume poco noto (Citrus aurantium) coltivato sulla Riviera Ligure di Ponente.
 

1 commento:

  1. Sta prelibatezza l'ho mangiata alla "chiamata di marzo". Speciale!!!

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