lunedì 27 gennaio 2025

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20]

A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequentemente, ma non sappiamo il loro nome. Non conoscere il nome di qualcosa significa non conoscerla affatto. Sembra strano, ma non lo è!  Pensiamo di essere in una folla di persone e facce sconosciute; non poter associare le caratteristiche di ciascuno ad un nome specifico, fa sì che non siamo in grado di riconoscerle, di incasellarle nella nostra mente.

Questione universale, non limitata all'ambito umano. A me capita col mondo vegetale; mi piacerebbe identificare le caratteristiche di ogni pianta ed erba che incontro, ma non posso. Conosco infatti il nome di alcune specie, ma non quello di molte altre che pur crescono nel nostro territorio. Va meglio con gli animali, ma solo perché hanno minor varietà, almeno nel nostro ambiente.

Il concetto, peraltro, era ben definito fin dall’inizio, addirittura dalla storia della Creazione. 

Dare un nome significa “far esistere”, quindi “dominare”. Così il compito dato da Dio all’uomo in Genesi 2,19, dove il fatto che Adamo dia un nome agli animali rappresenta il suo dominio su di essi. Conoscere il nome di qualcuno significa poter esercitare potere su di lui (Marco 1,24): Il nome è in qualche modo l’alter ego della persona: dove c’è il nome, c’è la persona. Pronunciare il nome su un oggetto vuol dire prenderne possesso (2 Samuele 12,28). Il divieto di pronunciare il Nome si radica nell'assoluta trascendenza divina. Il nome, infatti, nella tradizione biblica, è ciò che racchiude l'identità della persona e dare il nome alle cose è proprio di chi le conosce e ne esercita un possesso. Lo stesso motivo è riflesso quando nella Bibbia vediamo Dio che assegna alle persone nuovi nomi, ad esempio Abramo [".. non sarai più chiamato Abram, ma il tuo nome sarà Abraam, poiché io ti costituisco padre di una moltitudine di nazioni .." (Genesi 17:5)], e Giacobbe/Israele [".. Quello disse: «Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto.." (Genesi 32:28)]. Nel Nuovo Testamento altresì, troviamo che Gesù assegna a Simone il nome (Cefa) Pietro ["..Simone, al quale mise nome Pietro.." (Marco 3:16)].

Nel pensiero antico, perciò, il nome è un attributo mistico e potente. Anche nel mondo ellenico pagano si credeva che uno potesse acquisire potere su una persona apprendendone il nome e si poteva invocare il potere di una divinità solo se si fosse conosciuto il suo vero nome.

A dire il vero, quando ascoltavo queste narrazioni in gioventù, l'enfasi sull'importanza di assegnare un nome proprio alle cose mi sembrava eccessiva, superflua, quando non inutile. Qualcosa di legato ad abitudini e sensibilità arcaiche. Pensavo infatti che una cosa esiste, la vedi, la tocchi, a prescindere che abbia un nome. Questi poi sono soggettivi e diversi per lingua. Solo ora arrivo ad una maggior consapevolezza della natura dei nomi.  Il nostro nome, che pur ci è stato imposto e non scelto, rappresenta perciò la nostra essenza nei confronti degli altri. Talvolta neanche ci piace, ma ne siamo inseparabili. Il fatto che magari non ci troviamo in sintonia col nome affibbiatoci dai genitori, rappresenta magari un conflitto con noi stessi, ma per quelli che ci circondano identifica inequivocabilmente la nostra natura in rapporto a loro.

Siamo abituati a dire "io mi chiamo" ma banalmente sono gli altri a chiamarci: i nostri genitori scelgono un nome per noi alla nascita e noi impariamo a identificarci con quello. I nomi hanno sempre un significato, non soltanto in senso etimologico; ognuno porta con sé una storia con un’origine e magari un destino. Si sceglie in base alle proprie caratteristiche personali e opinioni: per alcuni genitori può essere più importante il significato del nome, per altri il suono, per altri ancora l’originalità. Sempre meno è seguita la tradizione di ripetere nei nipoti i nomi dei nonni. Ci si attiene inoltre all’opinione della famiglia di origine, di amici e parenti e, non ultima, si segue la moda del momento.

Dare un nome ad un individuo significa comunque dargli un’identità, distinguerlo da tutti gli altri, attribuirgli caratteristiche e qualità che lo rendano unico e irripetibile, diverso da tutti gli altri. I latini sostenevano: Nomina sunt omina: i nomi sono gli uomini. Anche Origene diceva che i nomi non sono attribuiti alle cose per pura convenzione, ma hanno un rapporto profondo e misterioso con esse.


Locanda Speranza Lastebasse

 

Avvisi della settimana




Sabato 1 e domenica 2 febbraio alle porte delle chiese di tutta la valle ci sarà la vendita delle primule a favore del Centro di aiuto alla vita di Thiene.















La vignetta


 

domenica 26 gennaio 2025

Il prezzo da pagare


Più avanti vado con gli anni, più intorno a me aumentano gli spazi vuoti lasciati da tante persone  che hanno in qualche modo toccato la mia vita, ma che purtroppo se ne sono andate: famigliari, parenti, amici, conoscenti… 

Nel percorso che ho fatto finora, alcuni spazi si sono svuotati volutamente da individui che non hanno più ritenuto importante far parte della mia vita e anche se è stato doloroso, ho voltato pagina e sono andata avanti. 

La differenza fra i due vuoti è abissale perché, se qualcuno va via per scelta, nonostante tu abbia provato a trattenerlo, non si può far altro che prendere coscienza del fatto. Invece, quando a formare quel vuoto, sono persone che hanno terminato il loro percorso di vita, persone che avevi nel cuore, con cui avevi un rapporto, a cui eri legata in modo particolare, in quel caso è tutto un altro sentire. 

Quindi non vivi un semplice abbandono, seppur importante, ma ti senti derubata di presenze, senti che intorno a te si è creata una voragine, fatta di assenze che mai più potranno essere colmate e il dolore è immenso. Ma ti restano i ricordi, quelli nessuno te li può rubare, perché in ogni occasione possono riemergere portandoti una parvenza di gioia mista a tristezza, che comunque continua a vivere in te e quindi quella persona sarà sempre parte di te. 

Il fatto di avere tante conoscenze, porta sicuramente a essere più coinvolti in situazioni o avvenimenti; ho pensato a come sarebbe avere pochi amici, frequentandone un numero limitato, avere pochi rapporti con il prossimo… certo è che non avremmo modo di condividere problemi, preoccupazioni, non sentiremo il dolore del distacco, non dovremmo cercare di farci vicini o trovare parole consolanti; in sintesi, essendo distaccati, sentiremo meno dolore nei momenti di separazione. Ma se il prezzo da pagare, per chi ha coltivato rapporti di amicizia o affetto, per chi ha cercato di far crescere i rapporti umani, è sentire più dolore per le vicissitudini della vita, io scelgo certamente quel dolore perché in esso sono racchiusi tanti sentimenti, tanta vita vissuta, tanta condivisione. 

Bisogna anche dire che in quel dolore ci sono anche i ricordi unici e speciali, personali e preziosi che, conservati nel cuore, diventano una medicina, un balsamo che può sanare le ferite, nonostante tutto… Quindi, pensando a quando arriverà il momento di lasciare questo mondo, l’unica speranza è che di noi si possa conservare un buon ricordo, che può essere tale soltanto se la nostra vita è stata vissuta pienamente cercando in ogni modo di dare il meglio, nonostante diversità ed errori che possiamo umanamente fare. Spesso penso a questa frase: -NON FARE AGLI ALTRI QUELLO CHE NON VORRESTI FOSSE FATTO A TE-. Sono parole importanti, ma quel “NON” può voler dire STARE FERMI, io non faccio, non mi espongo… Ma se diciamo: -FAI AGLI ALTRI QUELLO CHE VORRESTI FOSSE FATTO A TE- qui c’è un’azione importante, “FARE” e sono certa che ogni azione fatta con il cuore, con buoni sentimenti, anche la più piccola, sarà sempre ricordata! ALMENO LO SPERO!

Lucia Marangoni (Dàmari)

Pedescala 24/01/2025


Essere "Faro"


Il faro è un simbolo di stabilità e orientamento che emette luce in modo continuo, a prescindere dalle condizioni esterne, per aiutare i naviganti a trovare la loro rotta sicura. 

Pensare a sé stessi come a un faro è riconoscere il proprio potenziale, senza vanità, per offrire supporto e speranza a chiunque ne abbia bisogno.

Essere un faro, non implica necessariamente dover fare grandi gesti. Spesso, basta semplicemente essere presenti e porsi in ascolto.

In un mondo caratterizzato da incertezze e difficoltà, sapere che qualcuno è disponibile e affidabile può fare la differenza per chi è alla ricerca di una direzione.

Ricorda, la luce del faro non giudica chi la cerca, né sceglie a chi mostrarsi. Allo stesso modo, dovremmo sforzarci di essere una presenza costante e positiva per gli altri, offrendo loro il nostro sostegno in modo semplice e senza ostentarlo.

web


La Frase


 

sabato 25 gennaio 2025

Calligrafia in pericolo


L'allarme degli insegnanti

Ma ce ne accorgiamo solamente ora?

Negli ultimi anni, la calligrafia ha subito un drastico declino nelle scuole, suscitando preoccupazione tra educatori e genitori. Ma la domanda che più mi sovviene è: come può un buon insegnante non aver tenuto in considerazione l'importanza della calligrafia, applicando al contrario criteri rigorosi che la escludono? La calligrafia non è solo una forma di scrittura, ma è la base dell'insegnamento stesso.

La scrittura a mano stimola l'emisfero destro del cervello, quello associato alla fantasia e alla creatività. Negare ai bambini l'opportunità di sviluppare questa abilità significa privarli di una parte fondamentale del loro potenziale creativo. Un insegnante che omette di insegnare la calligrafia per anni può realmente essere considerato un buon educatore per i nostri figli?

È proprio un buon insegnante perché ha omesso che in un'epoca in cui la tecnologia domina, è essenziale ricordare che la calligrafia non è solo un'abilità pratica, ma anche un esercizio mentale?

Sì, sono polemica e voglio esserlo.

La calligrafia aiuta a migliorare la concentrazione, la memoria e la capacità di espressione. La scrittura a mano è un modo per coinvolgere i bambini in un processo di apprendimento attivo e significativo, che va oltre la semplice trascrizione di informazioni.

Inoltre, la calligrafia offre ai bambini un mezzo per esprimere se stessi e sviluppare un senso di identità. Insegnare loro a scrivere bene non significa solo trasmettere una competenza tecnica, ma anche incoraggiare la loro creatività e individualità.

È quindi fondamentale che le scuole ripensino il loro approccio all'insegnamento della calligrafia, integrandola nel curriculum e valorizzando la scrittura manuale come parte essenziale dello sviluppo educativo.

Gli insegnanti devono riconoscere che la calligrafia è un'abilità che non solo arricchisce il bagaglio culturale degli studenti, ma contribuisce anche alla loro crescita personale e creativa. Solo così potremo garantire un'educazione completa e di qualità per le future generazioni.

Alessia Zuppicchiatti

web

I consigli di Elettra


- Flatulenza? -


Gas che ed esce da sotto che è diverso da meteorismo che invece parla di aria che va verso l'alto.

Due problemi ben diversi!

Il primo è causato da una digestione non corretta nell'ultima parte  dell'intestino: il colon.

Qui batteri benefici degradano verdure, amidi e frutta.

Meteorismo invece è quel gonfiore che dilata l'addome e spinge la pancia in avanti, dilata lo stomaco e fa a volte ruttare. 

Questo disturbo è dato da un problema allo stomaco e alla digestione, preparazione dei cibi.

Per il meteorismo e per la flatulenza ci viene in aiuto il finocchio,  che stimola la digestione e attiva il colon.

Per il meteorismo serve anche controllare la vitamina B.

Un infuso di gusto amabile che sviluppa un effetto tonico sullo stomaco, aiuta a digerire, toglie l'aria e aiuta l'intestino è così composta:

Alloro

Finocchio

Angelica 

Rosmarino 

Perché la salute dello stomaco e dell'intestino si riflette sulla salute di tutto il corpo.


Eletta Erboristeria 

Cornedo Vicentino 

La vignetta


 

venerdì 24 gennaio 2025

A che serve studiare?


Ricordo ancora la domanda che fece il professore di filosofia il primo giorno di liceo:

- A che serve studiare? Chi sa rispondere?

- A crescer bene.

- A diventare brave persone.

Niente, il professore scuoteva la testa, finchè disse: 

A evadere dal carcere. L’ignoranza è un carcere. Perchè là dentro non capisci e non sai che fare.

In questi cinque anni dobbiamo organizzare la più grande evasione del secolo. Non sarà facile, vi vogliono stupidi, ma se scavalcate il muro dell’ignoranza poi capirete senza dover chiedere aiuto. E sarà difficile ingannarvi. Chi ci sta?

Mi è tornato in mente quell’episodio indelebile leggendo che solo un ragazzo su venti capisce un testo. E penso agli altri diciannove, che faticano ad evadere e rischiano l’ergastolo dell’ignoranza.

Uno Stato democratico deve salvarli perchè è giusto. 

E perchè il rischio poi è immenso: 

le menti deboli chiedono l’uomo forte.

Corrado Augias

Come cambiano i tempi!

 


Ve la ricordate la tipica sala da pranzo degli anni sessanta/settanta, sempre chiusa a chiave, pulita in modo maniacale e inavvicinabile e intoccabile per noi bambini? 

Nella cristalliera a sinistra trovavano posto i servizi buoni da tavola: piatti, bicchieri di cristallo, coppe, vassoi d'argento, servizi da thè, statuine varie. 

A destra la specchiera, con i cassetti delle posate da cerimonia e nei ripiani inferiori tovaglie da tavola e tovaglioli, ricamati e non, da usare solo per le grandi occasioni. 

Al centro la tavola con il piano di marmo o di cristallo. 

In casa mia fu usata raramente: per fidanzamenti, cresime, comunioni o per ospiti di riguardo. 

Mai, neanche una volta, per un pranzo o una cena in famiglia, per quello c'era la cucina. 

E questo penso che fosse la regola in ogni famiglia. 


Domenico Noviello-web

giovedì 23 gennaio 2025

Da meditare



Non credete a quelli che vi dicono che questa è la fotografia dell’anno! So che ne avrete già lette e sentite di tutti i colori, questa foto ha fatto letteralmente il giro del mondo. Ma c'è una cosa che voglio dirvi.

Perché il problema non è tanto se elon musk abbia fatto o no il saluto romano, ma il vero problema è un altro. Tanto per farvi capire chi è questo signore, musk ha affermato che: «ogni cosa è lecita» in nome del denaro e del successo. E «purché se ne parli». Ha detto pubblicamente, e l’ha detto chiaro e tondo, che al mondo serve una cosa e una cosa soltanto: 

più «tecnologia», al diavolo sanità ed istruzione.

Ha dato degli imbecilli a miliardi di persone, a tutti quelli che si preoccupano di cose obsolete come sentimenti ed emozioni, perché il mondo si divide in chi ha i soldi e chi non vale nulla. «La verità è che se non sei abbastanza ricco da prenderti cura di te, non sarai felice». 

musk è anche l’uomo che verrà ricordato per aver dato vita a uno dei più grandi licenziamenti di massa della storia perché in una società in cui le persone servono soltanto per produrre le cose, le persone sono trattate come cose! Vengono trattate peggio delle cose. 

Ma nel mondo super tecnologico e tecnocratico che musk vuole costruire, che pianterà bandierine su Marte, ma non sarà in grado di garantire alla gente servizi basilari come scuole e cure, le persone, appunto, dovranno essere sempre più performanti ed efficienti. Come automi. 

Ecco, è proprio questo il punto: in una società che ha fatto della tecnologia un mantra e delle guerra un business, che ha assegnato un costo e un prezzo a sentimenti, idee e persone, ecco, in un simile paese musk è il simbolo di chi si è servito del denaro per trasformare il mondo nel proprio parco giochi personale. 

Voi adesso potete amare o odiare trump, non importa, ma sarà questo signore invece quello che nell’ombra tirerà le fila. 

E a costo di essere bannata, questa cosa voglio dirla: come possiamo parlare di una società democratica se coloro che controllano tutto, dalla politica all’informazione, sono lo 0,01 per cento della popolazione?  


G. Middei

Curiosità - Palmira -

 


La straordinaria ascesa e la tragica caduta di Palmira: un centro commerciale nel deserto antico.

Nascosta tra le sabbie siriane, a circa 200 km da Damasco, sorge l’antica città di Palmira, un vero gioiello di storia. Conosciuta originariamente come Tadmur, divenne “Palmira”, la “città delle palme”, grazie ai Romani nel I secolo d.C.

La sua posizione strategica la rese un nodo cruciale per i mercanti che attraversavano le rotte commerciali tra il Mediterraneo e l’Eufrate. Da semplice oasi, si trasformò in una vivace metropoli, lasciando un’impronta indelebile nella storia.

Storia antica - web 

mercoledì 22 gennaio 2025

Non si guarisce mai dalla propria infanzia




Nel bene e nel male non si guarisce mai dalla propria infanzia.

Mi sembra lo abbia detto Zerocalcare.

Per fortuna non guarirò mai dal bisogno di accarezzare un cane, dal respirare aria frizzante dietro la sciarpa stretta sul viso, dal desiderio di camminare nel bosco nei primi giorni di febbraio ascoltando foglie ed erba ghiacciate scricchiolare sotto i piedi e aspettando di vedere  bianchi bucaneve che spuntano.

Non guarirò mai dalla piacevolezza di leggere un libro accarezzata dal sole d'inverno dietro una finestra, dal piacere nell'osservare e ascoltare un fuoco di legna scoppiettante, dalla piacevolezza  di camminare e di andare in bicicletta.

Non guarirò mai dalla letizia di vedere una tavola preparata per tanti commensali e dal trambusto di essere tante Persone in una stanza.

Non guarirò dal bisogno di studiare e imparare per comprendere il mondo e le relazioni, per trovare una scusa o un motivo ai comportamenti.

Non guarirò dal desiderio di chiacchierare, ascoltare una storia e abbracciare le Persone.

Non guarirò mai dalla mia infanzia, nel bene e nelle mancanze che normalmente ci sono state, perché ogni fatto, ogni azione ha costruito e determinato il mio desidero di migliorare, di essere diversa da qualcuno, di ripetere uguale.

Sono figlia di una famiglia numerosa che ha condiviso cibo, spazio e vita con fratelli, animali, freddo, tempo ad aspettare.

Aspettare di andare in bagno, aspettare che arrivi la corriera, aspettare che l'acqua si scaldi sul fornello per lavarsi il viso o i capelli, aspettare di fare la spesa perché il frigo era vuoto, aspettare che tutti siano pronti per partire.

Aspettare, avere pazienza, condividere, affermarsi, trovare il proprio spazio, imporsi. 

La propria infanzia struttura la base su cui costruiremo la nostra idea di vita, cercheremo relazioni, guarderemo il mondo.

Non posso guarire dalla mia infanzia, essa è nella mia pelle e nelle mie ossa, è me. Da lì posso partire per capire chi sono e per decidere di cambiare ciò che non trovo giusto per il mio presente, ora  non sono più una bambina.

Siamo la somma del nostro essere ieri, oggi e ciò che desideriamo essere domani.

Elettra 

I consigli di Elettra


- Perché serve fare la scarpetta -


Niente è più godurioso di fare la scarpetta a fine pasto.

Che sia il sugo dell'insalata, o di un'altra pietanza, la scarpetta sembra essere la pratica poco elegante, ma goduriosa che molti amano.

Eppure c'è un fondo di verità salutare nelle nostre 'voglie'.

La scarpetta si riesce a fare solo se i grassi contenuti nel pasto sono così abbondanti da scendere e accumularsi in basso.

Questa quantità, specie se il grasso o l'olio è di qualità, è ottima e salutare, perché?

Perché il grasso:

- rallenta l'assorbimento degli zuccheri,  e quindi aiuta a modulare la glicemia che se alta crea infiammazione.

- è indispensabile per creare e trasportare ormoni.

- è indispensabile per assorbire vitamine liposolubili, che altrimenti perdiamo, che sono le vit:  A-D-E-K.

- serve per nutrire il sistema nervoso e tutti i rivestimenti dei nervi (la guaina mielinica).

È finita l'era del definire il grasso pericoloso e deleterio.

Assunto nella dose giusta ogni giorno ci preserva in salute.

Quali sono i grassi buoni:

- olio extravergine oliva buono 

- olio di cocco

- burro o burro ghee

- avocado

- lardo

- semi oleosi

- crema di cocco e mandorle

- Tuorlo d'uovo

Alla prossima crisi di fame, prova a mangiare pane, olio e sale o crema cocco mandorle datteri, ecc.

Vedrai come il tuo senso di fame si spegne e la pancia non si gonfia.

Il grasso è l'unico cibo-elemento assieme alle vitamine che non possiamo crearci, autoprodurci.  

Una carenza può avere effetti a cascata pesanti sull'organismo.

Goditi la vita, fai la scarpetta.


Elettra Erboristeria 

Cornedo Vicentino 

Curiosità

 


Il Grande colonnato di Apamea in Siria si estendeva per quasi 2 chilometri, uno dei colonnati più lunghi del mondo antico. 

Originariamente costruito durante l'Impero seleucide, fu poi ricostruito dopo un devastante terremoto nel 115 d.C. Le colonne imponenti, alte 9 metri e larghe quasi 1 metro, sorgevano su basi quadrate e presentavano disegni sia semplici che a spirale.

La ripropongo perché mi piace troppo🤣🤣🤣🤣🤣


 

La vignetta


 

martedì 21 gennaio 2025

La schiavitù moderna


La schiavitù moderna è un capolavoro di efficienza. Nessun padrone ti frusta, sei tu stesso a tenere il ritmo. “Devo lavorare per pagare l’affitto!”, dici, come se fosse una scoperta geniale. La tua libertà si misura in giorni di ferie, ma tranquillo, puoi scegliere tra Ibiza e un weekend al centro commerciale.

I nuovi padroni non urlano ordini: li trovi nelle pubblicità. “Comprare è vivere!”, ti sussurrano mentre sventolano l’ultimo smartphone. Peccato che il tuo stipendio non basti, ma niente paura! Ecco la carta di credito che ti trasforma da semplice povero a povero con stile.

Non sei più una persona, sei un dato. L’algoritmo sa tutto di te: cosa compri, cosa mangi, chi ami e chi odi. Ti conosce meglio di tua madre, ma almeno lei non ti bombardava di pubblicità personalizzate mentre cercavi di dormire. Ogni click è una scelta, dicono, ma tutte portano a un carrello pieno e un conto vuoto.

E poi c’è il lavoro. Ah, il lavoro, quella nobile occupazione che un tempo era sinonimo di dignità. Ora sei un numero, uno che deve “raggiungere obiettivi ambiziosi” con un sorriso stampato in faccia. Non importa se sei un corriere che corre per pochi spiccioli o un manager con una cravatta che ti strangola: alla fine della giornata, entrambi siete troppo stanchi per chiedervi “Ma perché lo faccio?”.

La schiavitù moderna è inclusiva: colletti bianchi, blu, sporchi o strappati, c’è posto per tutti! Se sei giovane, ti dicono che “devi fare esperienza” – cioè lavorare gratis. Se sei anziano, devi essere grato di avere ancora un lavoro, anche se ti stanno spremendo come un limone che nessuno vuole bere.

Anche il tempo libero è una trappola. Sei stressato? Compra una palestra! Sei triste? Compra un corso di yoga! Hai bisogno di “staccare”? Vai in vacanza, ma non dimenticare di fotografare tutto, altrimenti è come se non ci fossi mai stato. La tua felicità è un prodotto da mostrare su Instagram, ma attento: se non ricevi abbastanza like, sei comunque un fallito.

E la politica? Loro sì che sono i veri artisti. Ti convincono che sei libero perché puoi votare. Voti, e scopri che chiunque vinca, le tue bollette aumentano. “È colpa dell’inflazione,” dicono, ma nessuno spiega perché l’inflazione ha la forma di una supposta mentre loro guadagnano sempre di più.

La schiavitù moderna è geniale perché ti fa credere che sia tutto colpa tua. “Se non sei felice, è perché non ti impegni abbastanza. Se sei povero, è perché non lavori abbastanza. Se sei triste, è perché non compri abbastanza.” E così continui a correre, a comprare, a produrre. Ma non ti preoccupare, prima o poi ce la farai. Forse non in questa vita, ma sicuramente nella prossima.

Nel frattempo, però, ricordati di pagare l’abbonamento a Netflix. Non sia mai che la tua schiavitù diventi noiosa.

web

Forse ha ragione il bradipo...

 


Con i suoi movimenti lenti, col suo fare pigro, col suo rifletterci cento volte prima di decidere se alzare un braccio oppure no.

Sì, temo abbia ragione lui, che noi ormai corriamo così forte che abbiamo anche smesso di capire perché lo facciamo. 

Crediamo di goderci le nostre passioni mentre ci ingozziamo di dolciumi, saranno caramelle tutte le cose belle che ci succedono, ma... non saranno troppe? 

Non è che il ritmo lo abbiamo alzato un po' troppo? 

Va bene che facciamo quello che ci piace, (anche se non sempre si può), ma cosa ci stiamo perdendo per inseguire così forte la nostra meta? 

C'era un bambino che voleva donarci un fiore di campo e noi non ce ne siamo nemmeno accorti.... c'era una vecchietta con una storia pronta da raccontarci e la marmellata fatta in casa, ma noi dovevamo lavorare, lavorare, lavorare e correre per dimostrare, dimostrare, dimostrare...

A lui, sull'albero, conta solo del suo frutto e se è troppo duro per finire di mangiarlo, prima di insistere, si fa un sonnellino. 

Credo che abbia ragione il bradipo!

Sti Romani...

 


Le incredibili costruzioni antisismiche dell’Antica Roma!


I Romani erano dei veri maestri dell’ingegneria e questa tecnica lo dimostra! 

Utilizzavano grappe di metallo a doppia coda di rondine per unire i blocchi di pietra nelle loro maestose costruzioni, garantendo stabilità e resistenza.

Inizialmente, scolpivano incavi su misura nelle pietre, successivamente riempiti con piombo fuso per fissare grappe di ferro prefabbricate. Questo metodo non solo collegava i blocchi, ma permetteva agli edifici di resistere ai terremoti e agli assestamenti del terreno.

Un livello di competenza ingegneristica straordinario che ha permesso a molte delle loro opere di resistere per secoli!


Storia che passione

La vignetta


 

lunedì 20 gennaio 2025

Parole onte

 

                          [Gianni Spagnolo © 25A15]


Capita che anche il significato delle parole cambi col tempo, così come cambiamo noi, invecchiando e mutando sembianze. Parole che perdono l’accezione iniziale acquisendone altre, oppure abbandonate perché non più adatte a rendere il concetto. Talvolta perché troppo ancorate a mondi che si vogliono dimenticare, o che hanno sensi che urtano la sensibilità moderna.

Prendiamo p.e. la parola: cesso, che rende un concetto semplice e d’immediata comprensione, ma che è stata rimossa dalla parlata corrente perché ritenuta troppo volgare.

In verità, cesso avrebbe un’etimologia antica e nobile. Viene dal latino recedere/recessum, che significa allontanarsi, appartarsi, ritirarsi in un luogo discosto; al pari del corrispondente tedesco Abort. Appunto come accadeva nella perduta civiltà rurale, dove il cesso era piazzato discosto dalle abitazioni, relegato in prossimità di orti e letamai. Luogo in disparte, dunque, in cui espletare quelle imprescindibili funzioni corporali che caratterizzano ancora la nostra natura umana. Un termine simile, ma più sfumato era: ritirata, anch’esso passato presto di moda.

Oggi, cesso è una voce troppo cruda per chiamare il servizio igienico, proprio perché forse associato a quelle realtà sorpassate. Anche gabinetto, che è il lemma che lo aveva sostituito è ormai superato. Gabinetto però s’è rivalutato ad indicare consessi politici,... non so se nobilitandosi o meno. Oggi si usa il più neutro termine di servizi o di bagno, che evoca pulizia e ordine e quindi diventa più accettabile, così come l'acronimo anglofono WC. Ancor più chic è virare sull’estero e usare toilette, che dà un tocco fransé da elegante persona di modo. Vero è che nel frattempo anche quel locale s’è evoluto e modificato, per cui possiamo dire che il nome ne ha seguito un po’ l’evoluzione. In questi ambienti moderni si possono infatti fare molte più cose e con più comfort che non nel vecchio cesso.

Cesso -> ritirata -> gabinetto -> servizi -> viccì -> bagno -> tualèt...

Ai nostri tempi belli era ancora in uso un termine dialettale più diretto e volgare: cagaóro. Ora immagino che nessuno si sognerebbe mai di entrare in un bar locale, ordinare frettolosamente un caffè e chiedere dov’è il cagaòro. Magari provateci e riferitemi!

Il punto è che le cose non cambiano poi granché, a cambiare è il significato che noi diamo al loro nome, per cui alla fine le trasformazioni lessicali si susseguono senza tuttavia intaccarne il significato. Alla fine, si tratta d'un vezzo della nostra ipocrisia: cambiare il nome alle cose per mascherarne la sostanza.

Ne è un esempio palese l’evoluzione del termine: deficiente. Anch'esso di progenie latina a identificare una mancanza e poi maliziosamente traslato alle persone e rapidamente modificatosi: deficiente -> invalido -> disabile -> handicappato -> portatore di handicap -> diversamente abile -> persona con disabilità xyz, ecc. Ne hanno beneficiato anche le professioni meno qualificate: dallo spazzino -> stradino -> netturbino -> operatore ecologico, fino ad arrivare all'operatore carcerario dall'originale secondino.

Come si vede il problema non è la parola in sé, quanto la malizia che si mette nell'uso che se ne fa. Malizia tipica dell'uomo, non certo del lessico o della natura delle cose.

 

Non é più tra noi Renata Marangoni (nr. 02 - 01/25)





 

Per Renata


Il vuoto lo senti,

eccome se lo senti...

Quel vuoto che gela il cuore 

e raffredda le pareti dell’anima…

Ogni volta che una Persona 

a cui sei legata in qualche modo, 

se ne va,

il vuoto e il freddo 

che senti intorno e dentro di te,

è immenso e oltre a vederlo, 

lo senti forte.

E in quello spazio che si è creato,

cerchi di mettere dentro,  

in ogni modo possibile,

i ricordi di vita vissuta insieme,

per cercare di colmare quell’assenza

che pare un baratro…

Un’altra amica se n’è andata,

una Persona che era un pezzetto 

del puzzle della tua vita,

che ora hai perso per sempre

e che niente e nessuno può sostituire…

Nel mio quadro, tanti buchi, 

tante mancanze, tanti vuoti..

Oggi c’è n’è uno in più che si aggiunge

e contribuisce a farmi sentire forte

il peso  che ancora una volta, 

sento sulle spalle e sul cuore….

Grazie Renata, 

grazie di essere stata 

un pezzo importante

del puzzle della mia vita,

grazie della tua  silenziosa, 

ma preziosa Amicizia.

                                                                                        Lucia

Pedescala 18/01/2025


Il bacio sulla fronte

 


Si dice che il bacio sulla fronte sia il simbolo per eccellenza di protezione, tenerezza e affetto. 

È un gesto che rappresenta l'amore profondo e superiore a quello erotico che si dà sulle labbra, ma perché? 

Quando qualcuno ti bacia la fronte, spesso si dice che bacia la tua anima. 

Questa idea di origine Cartesiana si basa sul fatto che proprio dietro la fronte nella zona centro frontale nel nostro cervello, si trovi una piccola ghiandola chiamata ghiandola pineale, che rappresenterebbe l'accesso diretto all'anima di colui che riceve quel bacio».


web

La vignetta


 

domenica 19 gennaio 2025

La Persona mite

 


La mitezza consiste "nel lasciar essere l'altro quello che è". 

È il contrario della protervia e della prepotenza. 
Il mite non entra nel rapporto con gli altri con il proposito di gareggiare, di confliggere, e alla fine di vincere. 
Ma la mitezza non è remissività: mentre il remissivo rinuncia alla lotta per debolezza, per paura, per rassegnazione, il mite invece rifiuta la distruttiva gara della vita per un profondo distacco dai beni che accendono la cupidigia dei più, per mancanza di quella vanagloria che spinge gli uomini nella guerra di tutti contro tutti.

Il mite non serba rancore, non è vendicativo, non ha astio verso chicchessia. Attraversa il fuoco senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità. 

Ecco quel "potere su di sé" di cui abbiamo già sentito.

Il mite può essere configurato come l'anticipatore di un mondo migliore. 

Egli non pretende alcuna reciprocità: la mitezza è una disposizione verso gli altri che non ha bisogno di essere corrisposta per rivelarsi in tutta la sua portata.

Amo le persone miti, perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi pensare che la città ideale non sia quella fantastica e descritta sin nei più minuti particolari dagli utopisti, dove regna una giustizia tanto rigida e severa da diventare insopportabile, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia diventata una pratica universale'.


[Norberto Bobbio, Elogio della mitezza]

In Italia sappiamo fare anche di meglio...🤣😖


Tokyo, la capitale del Giappone, è la metropoli più grande del mondo, con una popolazione di oltre 37 milioni di persone nella sua area metropolitana. È un centro globale di economia, cultura, tecnologia e politica, caratterizzato da un'impressionante fusione tra tradizione e modernità. I suoi grattacieli, i treni ultraveloci e le zone vivaci come Shibuya e Akihabara contrastano con templi storici come il Senso-ji e il Palazzo Imperiale. Tokyo si distingue per la sua gastronomia di fama mondiale, l'efficienza delle infrastrutture e una vita urbana dinamica, consolidandosi come una delle città più influenti del pianeta.

Una curiosità su Tokyo è che il suo sistema ferroviario è uno dei più complessi ed efficienti del mondo, trasportando ogni giorno oltre 40 milioni di passeggeri. Nonostante l'enorme afflusso di persone, i treni sono incredibilmente puntuali e, se si verificano ritardi di appena pochi minuti, le compagnie emettono certificati di scuse per i passeggeri colpiti dal disservizio.

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La morte secondo Epicuro



“Quando noi viviamo, 

la morte non c’è. 

Quando c’è lei, 

non ci siamo noi”.

Con questa breve ed incisiva frase, il grande filosofo Epicuro (342 a.C. – 270 a.C.) spiega perchè l’essere umano non dovrebbe avere paura della morte: quando siamo vivi, la morte non c’è e non ci può recare alcun danno, quando siamo morti, la morte c’è, ma non ci siamo noi, e quindi, egualmente, non ne possiamo avere alcun danno.

La vita è un breve intervallo tra un nulla ed un altro nulla e non si vede perchè si dovrebbe avere timore di uno stato che esisteva anche precedentemente al casuale incontro di uno spermatozoo (uno tra milioni) ed una delle tante cellule uovo rilasciate mensilmente da una delle due ovaie femminili.

Dunque, se non ci preoccupiamo dell’eternità della nostra non esistenza prima della nascita, perchè mai ci dovremmo preoccupare dell’eternità della nostra non esistenza dopo la morte?

Prima di riportare il brano completo che chiarisce il pensiero di Epicuro sulla morte, vogliamo rilevare come, indirettamente, 2.300 anni dopo, gli ha risposto il grande Indro Montanelli:

“Non ho paura della morte, ho paura di morire”.

Cioè, non ho paura dell’annientamento e dell’estinzione dell’io e dell’autocoscienza, ma ho paura della sofferenza di quel momento.

E’ vero, ma se vogliamo seguire il pensiero di Epicuro, dovremmo rispondere al grande Indro che non si può vivere tutta la vita e, soprattutto la vecchiaia, nell’attesa e nel timore della sofferenza di un evento futuro.

D’altra parte, nella vita di un uomo ci sono tanti momenti di sofferenza psichici o fisici che non portano alla morte, mentre talvolta, il processo del morire avviene in modo indolore ed in stato di incoscienza.

Fatte queste brevi considerazioni, ecco il brano completo sulla morte, tratto dalla lettera a Meneceo di Epicuro, meglio nota come “Lettera sulla Felicità”.

“… Poi abìtuati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte altro non è che la sua assenza.

L’esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, togliendo l’ingannevole desiderio dell’immortalità.

Non esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla c’è da temere nel non vivere più. 

Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo farà soffrire, ma in quanto l’affligge la sua continua attesa.

Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire.

La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi.

Quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi.

Non è nulla né per i vivi né per i morti.

Per i vivi non c’è, i morti non sono più. 

Invece la gente ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che vive.

Il vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non vivere più. 

La vita per lui non è un male, né è un male il non vivere”.


Giuseppe Merlino

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Londra/Calcutta - un bel giretto

 


Tra il 1957 e il 1976 c'era un servizio regolare di autobus tra Londra e Calcutta, in India. 
Il percorso di 32.700 km, 50 giorni andata e ritorno, è il più lungo del mondo. 

L'autobus aveva cuccette e persino una cucina! Per sole 145 sterline si poteva viaggiare con vitto e alloggio. L'autobus si fermava alle attrazioni e per fare shopping a Vienna, Istanbul e Iran.

Il viaggio in autobus portava i passeggeri dall'Inghilterra al Belgio, alla Germania Ovest, all'Austria, alla Jugoslavia, alla Bulgaria, alla Turchia, all'Iran, all'Afghanistan, al Pakistan e all'India settentrionale.

La Frase


 

sabato 18 gennaio 2025

La sicurezza di sè


A me la storia dell’essere sicuri di sé a tutti i costi non mi ha mai convinta. Del dimostrare di non avere incertezze o punti deboli perché altrimenti si rischia di essere esposti e attaccati. 

Se questo è il rischio, non siamo sbagliati noi, è sbagliato il posto in cui siamo.

A me piacciono le Persone che si mettono in dubbio, che sono curiose, ampie, che fanno domande, che non predicano, ma ascoltano e chiedono. Chi non giudica un cammino diverso dal proprio, ma lo benedice.

Mi piace chi non nasconde di saper tremare di fronte ad alcune cose, chi dice “non lo so”, quando non lo sa. Chi impara da tutti.

Mi piacciono le persone umili, quelle che profumano di terra bagnata e fertile. Io le scelgo. Resto con loro e torno da loro.

Dagli altri imparo, ma non li scelgo.

Siamo tutti in cammino. Tutti. Nessuno escluso. 

Chi dimostra di essere arrivato, si è invece smarrito.

(Gloria Momoli-web)



Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...