Ieri ho scritto un post contro la disinformazione dei media e alcuni mi hanno accusata di fare propaganda di sinistra. Pochi giorni fa avevo scritto un post sul caso Navalny e altri mi hanno accusata di fare propaganda di destra. Nel giro di una settimana mi hanno accusata di essere una comunista, una filo putiniana, un’idealista, una bigotta, una globalista, un’atea, una credente e una capitalista. Destra, sinistra o centro, a me non importa un fico secco, non esito a dirlo! Se voglio parlare dei russi e citare Gramsci lo faccio, se gli intellettuali in preda alla follia della cancel-culture riscrivono i classici e le fiabe per bambini lo dico!
E non m’importa di come questo mi faccia sembrare, perché come diceva Terzani, «quando bisogna decidere cosa fare o cosa dire, si può solo ricorrere alla propria testa, al proprio cuore». Certo, non lo nascondo, questo atteggiamento mi ha creato tanti problemi. Sempre. Nel mio lavoro soprattutto. Perché oggi nel mondo della cultura, quando non sanno come usarti, dove incasellarti, a quali idee/movimenti/partiti legarti, non daranno mai spazio alle tue idee e al tuo lavoro! Se per me sulla porta dei media c’è sempre scritto «vietato l’ingresso», per chi si sceglie una bandiera c’è sempre scritto «benvenuto».
Allora non ne vale la pena? «Io non mi sottometto a nessuna bandiera», diceva Pasolini perché aveva capito che, in un’epoca in cui la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di niente... la libertà è la ricchezza più grande. Voi potete essere di destra o di sinistra, cattolici o protestanti, potete credere in Dio o non crederci, potete essere insomma tutto ciò che volete, ma non rinchiudetevi in delle gabbie, non fatevi appiccicare delle etichette.
Gli altri probabilmente vi diranno che siete strani, e io vi auguro di sorriderne, perché potrete dire a voi stessi «sì, sono strano, tanto strano da voler essere me stesso».
E questo, credetemi, non ha prezzo.
G. Middei
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