giovedì 30 marzo 2023

Promuovere la salute dopo il corona virus (3a parte)



L’assistenza territoriale

del dr. Alberto Leoni

La vera priorità, emersa in Lombardia soprattutto, ma anche in Veneto durante il Covid, è la necessità di una rete territoriale socio sanitaria efficiente e tempestiva, in grado di curare a casa le situazioni di malattia non acute. Soprattutto in situazioni pandemiche. Le buone pratiche non sono mancate in questi anni, ma sono esempi isolati.

Il perno del sistema sarà la medicina di comunità, basata sul medico di base, sull’infermiere di comunità, sulla stessa assistente sociale , con la supervisione degli specialisti in caso di situazioni più complesse.

IL PNRR prevede 1288 Case di Comunità in tutta Italia (1 ogni 45/50000 mila abitanti) con Medici di Base, Pediatri LS, Medici di continuità assistenziale, Infermieri di Comunità  ed assistenti sociali. 

E’ il punto di accesso unico alle cure primarie. E’ il punto che dovrà però avere presenze del MMGG anche negli ambulatori periferici per evitare… la terza guerra mondiale! 

Ma prevede altresì 602 C.O.T., in pratica una per distretto di circa 100 mila abitanti (una Centrale Operativa Territoriale  che guida i percorsi assistenziali da casa ad ospedale e da questo a strutture intermedie). Le C.O.T. guidano anche una ADI rafforzata (oggi in molte zone italiane non esiste di fatto) in grado di prendere in carico il 10% dei pazienti fragili in dimissione o che sono a casa. 

In questo contesto, il PNRR prevede, da qui al 2026,  380 ospedali di Comunità, strutture intermedie di norma con 20 posti letto, (fino max 40) 1 ogni 160 mila abitanti, a bassa soglia assistenziale, di gestione prevalentemente infermieristica, pur con responsabilità affidata ad un medico delle cure primarie della Asl o scelto tra i medici di base). 

Ed aggiungo: Ospedali di Comunità completati da U.R.T. (Unità Territoriali Riabilitative) per il trattamento di esiti da fratture femore ed ictus e da Hospice per pazienti tumorali bisognosi di cure palliative. Questo è il modello che in alcune zone d’Italia esiste, in misura insufficiente, questo il PNRR intende lanciare con scadenze precise e finanziamenti definiti (7 miliardi)

E’ la logica dell’integrazione Ospedale Territorio, per evitare di riempire gli ospedali. Medicina di base forte e strutture intermedie, un’assistenza domiciliare integrata che va a casa della persona (in grado di prendere in carico almeno l’8% dei dimessi fragili ospedalieri), sono la risposta più adeguata alla vera priorità per la sanità italiana, le malattie cronico degenerative, dai cardiopatici, ai diabetici ai malati tumorali, agli ipertesi, alle persone con broncopneumatia costrittiva. Non dimentichiamo che il 40% degli italiani soffre di almeno una o più  malattie croniche! 

La specialistica ambulatoriale, in questo contesto, si deve integrare nel concetto della presa in carico della persona ed essere strettamente integrata con il ruolo del medico di base. Lo specialista deve essere il consulente del medico di base! Si devono parlare, devono interagire! Il telefono è lo strumento fondamentale! Ma tutti i moderni strumenti informatici possono essere utilizzati, a partire dalla telemedicina.

Solo con questo rapporto si può veramente aggredire la questione delle liste d’attesa, che si risolve solo governando la domanda e riorganizzando l’offerta: pensate quante visite specialistiche in meno potrebbero essere prescritte dal medico di base se fosse perfezionato un rapporto costante tra quest'ultimo e lo specialista. 

Per i cittadini si apre uno scenario completamente nuovo e meno ansiogeno. Si afferma la medicina di iniziativa: è il servizio che prende in carico la persona e non la persona che corre agli sportelli a prenotare, ad uno o più specialisti. Il più delle volte, lasciatemelo dire, per visite ed esami di dubbia utilità.


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