(parte seconda)
del dr. Alberto Leoni
Dove dobbiamo intervenire con urgenza per migliorare il nostro sistema sanitario?
In primo luogo sul capitale professionale. Noi non abbiamo meno medici della media europea (siamo vicini a 4 medici per mille abitanti), pur con l’esodo biblico di questi ultimi 10 anni (pensionamenti e fughe nel privato).
Abbiamo molte specialità scoperte, soprattutto quelle meno remunerative… (pronto soccorsisti, anestesisti, radiologi, chirurghi adesso).
Tra il 2009 ed il 2017 la sanità pubblica ha perso 8.000 medici e più di 13.000 infermieri. Su un complesso di 600.000 operatori del SSN abbiamo 101.000 medici e 245.000 infermieri. Abbiamo, oltre ad essi, poco più di 40.000 medici di base (a fine 2021) contro i 46 mila del 2012 ai quali si aggiungono i medici di continuità assistenziale oggi, poco più di 10.000.
Dalle scuole di specializzazione uscivano, fino al 2017, ogni anno 6500 medici (contro gli 8500 necessari). Nel triennio 2015/2017 su un fabbisogno di specialisti previsto in 24.000 specialisti, sono state finanziate poco più i 18.000 borse di studio di specializzazione. Si è ingrossato l’esercito dei camici grigi (giovani medici fuori dalle Scuole di Specialità…
Fino al 2020 insomma c’è stato un gap preoccupante tra fabbisogno di specialisti e posti finanziati nelle Scuole. Dal 2020 le borse di studio finanziate sono cresciute molto: 14.378 mila nel 2021/2022.
Quando riduci così nettamente i numeri della formazione, il recupero richiede tempi medio lunghi, almeno 5 anni, partendo fin d’ora dal riassorbimento dei quasi 20.000 giovani medici che fanno guardia medica, sostituzioni o altri ruoli un po’ residuali nel sistema sanitario. Senza dimenticare che 1500 medici giovani ogni anno prendono la via dell’estero…
Ed il dato più significativo è l’età media avanzata del personale medico (attorno ai 50 anni), il che rende urgente un'accelerazione dell’inserimento di giovani medici nel sistema.
Dobbiamo investire sui medici, valorizzarli nelle funzioni cliniche, permettere la ricerca, togliere compiti burocratici, difenderli dal contenzioso pericoloso scatenatosi negli ultimi 20 anni, garantire una qualità di vita normale perché non si possono continuare a fare turni massacranti… dar loro il governo clinico degli ospedali, introdurre i neo laureati in corsia da dove iniziano la specializzazione sul campo, alternata alle lezioni della scuola Universitaria :era così fino ai primi anni 90 ed era buona prassi perché favoriva quotidianamente la trasmissione del sapere pratico dal medico esperto al giovane.
Ed allo stesso modo un percorso analogo va fatto per i giovani medici che vogliono fare i medici di base: questa è una grande opportunità per avere medici che prendono in carico il loro assistito, accompagnati da medici di base più esperti, nella prima fase, a volte con la supervisione dello specialista (la specialistica attuale è troppo frammentata e mai ricondotta ad una visione globale della persona che non è sommatoria di organi…).
Agli infermieri dobbiamo riconoscere, vista l'elevata professionalità di cui godono, non solo una valorizzazione economica adeguata al ruolo ed alla professionalità, ma anche autonomia professionale (penso agli Ospedali di Comunità, al loro ruolo nelle Case di Comunità, previste dal PNRR, dove lavoreranno con Mmgg, pediatri e specialisti, un ruolo decisivo nel seguire pazienti cronici stabilizzati ,anche con limitate facoltà di prescrizione farmacologica)
La priorità quindi è quella di investire sul personale: nella qualità e nei numeri perchè oggi gli organici sono stati ridotti oltre ogni ragionevole limite.
Le politiche del risparmio basate sulla riduzione delle teste, della formazione e sullo stress dei fattori produttivi: queste perversioni della logica aziendalista ad oltranza, alla fine si pagano duramente, anche economicamente!
Oltre che sulla qualità dei servizi offerti.
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