[Gianni Spagnolo © 22H22]
Dopo essersi inimicati l’Arma con il post delle avventure di quel pinocchietto di Gianni [link], mi sa che lo facciamo anche con Santa Romana Chiesa con quelle della Carla, che tanto questo Blog non ha ossequi da fare.
Correva un anno del Signore della metà degli anni Sessanta, quando la Carla va da Gibe con la Lina a prendere un gelato. Il classico cono da 20 lire di Gibe, con la pallina di ordinanza in uno dei soliti canonici tre gusti, probabile frutto di qualche palanca dela Nona.
Reggeva allora la parrocchia di San Pietro, don Emilio Garbin, prete severo e poco incline ai salamelecchi, salvo con i pochi che gli andavano a genio. Il parroco era solito intrattenersi a chiacchierare con Gioani Canpanaro di fronte al bar, fumando le sue solite alfa rosse, fornite dalla Dina Merla. Gioani gli era compagno non solo di ciacole, ma soprattutto di fumo, anche se allora fumavano un po’ tutti, anca le fémene, … anca i prete. E i tabacàva anca, massima le veciòte!
A quel tempo bisognava sentirsi in colpa per tutto, anche di mangiare un gelato; tutto doveva essere sobrio e morigerato: il cibo, il vestire, gli svaghi, i giochi, ecc. e perciò anche essere ragazzini comportava on mucio de cature. Qualunque cosa si facesse, c’era da ridire. Era una forma di educazione, se vogliamo, ma, alla lunga, tanta oppressione sortiva effetti opposti.
Torniamo però dalla Carletta che esce dal bar con il suo bel cono da scolpire a culpi de slenguassàde e trova il prete con la cica in bocca che le rivolge subito l’austero monito: “Te pudìvi fare on fiorèto e darghe i schei del gelato ai bambini poveri.”
La Carla rimase un po’ interdetta, ma, colpita sul vivo della golosità così colpevolmente repressa, non le mancò l’anda de rispònderghe: Ben... lora anca lù el pol far conpagno co la cica!
Non seguì replica!
Tuttavia in paese, si sa, nulla rimaneva nascosto per molto. Fu così che anche mia madre venne a sapere, per vie traverse, della faccenda e s’interrogò sull’indole slenguassona e irrispettosa della figlia che la ghe ghéa risposto parfìn al prete. Risponderghe al prete, allora, non stava né in Cielo né in Terra e gridava vendetta al cospetto dell'Altissimo.
Il verbo "rispondere" non aveva, da noi, il significato del corrispondente italiano: significava replicare polemicamente e sfacciatamente, e farlo con un prete sconfinava nell’anatema. Per fortuna c’erano le confessioni del sabato, obbligatorie e rigorosamente controllate, che potevano sanare l’oltraggio rimettendosi direttamente al giudizio e all'infinita misericordia del Paròn di entrambi, pur in conflitto d'interessi.
E così avvenne, … forse!😊
Bel caratterino!!
RispondiEliminaQuanti "Ave Maria" per questo peccato, Carla ?
RispondiEliminaTe ghe fato ben. È meglio dimenticare gli abusi e soprusi commessi in passato...
RispondiEliminaRicordo ancor oggi nettamente l'episodio. Ricordo di aver avuto nessun timore a dirglielo. Quante Ave Marie Ody? Quello non lo ricordo, ma penso d'aver espiato abbastanza in famiglia ancor prima del sabato delle canoniche confessioni... Credo che con don Emilio ci fosse stata da sempre una tacita antipatia reciproca, forse è iniziata da quando ha risposto negativamente a mia Mamma alla richiesta se fosse stato possibile tardare di un mese il battesimo per aspettare il Papà che veniva dall'estero (una volta l'anno)... ma allora le regole della chiesa erano anche queste assurdità, (fra le tante) e bisognava... obbedire! E me fermo qua ca no sfore el consentito...
RispondiEliminaRicordo che mamma mi diceva che era proibito leggere la Bibbia a pena di scomunica, quando era giovane.
EliminaQuando frequentavo le elementari a Casotto negli anni 63/67 , la parrocchia era gestita da Don Rocco. Beh, era il terrore di noi giovani alunni. Nelle ore di religione e non , visto che le aule erano nello stabile della canonica ( ora regola ) , don Rocco aveva spesso in mano una bacchetta e la usava di sovente su noi alunni con disinvoltura e per il piacere di picchiare. Fosse ora, sarebbe ristretto in carcere o psichiatria. Questo , comunque , era nulla rispetto agli abusi commessi nel mondo, di cui Papa Francesco ha chiesto perdono.
RispondiEliminaDon Rocco è morto giovane per , dicevano, in brutto male alla testa.
RispondiElimina( Forse il suo carattere non accomodante era influenzato dalla malattia ? ) . Il funerale fu celebrato a Nosellari. Comunque anche il maestro era "" armato ""di bacchetta. Ai quei tempi era così. E ti guardavi bene di dirlo ai genitori, perché si rischiava una razione di sculacciate. Comunque siamo diventati adulti ugualmente e forse qualche bacchettata è sortita a fin di bene.