martedì 20 settembre 2022

MIX: di tutto un po'...



L’arte di illudere.

Un ricchissimo latifondista della provincia di Novara, Enrico, aveva un figlio, Giorgio, che si era incaponito di dipingere; il primo e l’unico in una famiglia dedita da sempre allo sfruttamento della terra e delle persone.
Il figlio poneva all’attenzione del padre le sue tele ma il padre non aveva la cultura per dare un giudizio; a lui sembravano tele imbrattate malamente ma non disse nulla.
Tramite un suo amico il padre si mise in contatto con un mercante e critico d’arte di Milano, tale Remigio, lo convocò e gli mostrò le ‘opere’ pittoriche prodotte dal figlio.
Il critico stava per scoppiare a ridere, quando si rammentò dell’immensa ricchezza della persona che aveva davanti; si fece pensieroso e dopo aver rimuginato per un certo tempo disse “lei disposto ad investire denaro per far sì che suo figlio diventi famoso?”
Il padre rispose, risoluto “il denaro non mi manca, di certo, e se è per dare una soddisfazione a mio figlio, spenderò il dovuto.”
“E’ probabile che alla fine ci guadagnerete, a me interessa soltanto un vostro congruo anticipo per poter agire” affermò senza indugio il mercante.
“Mi hanno raccomandato le vostre capacità, agite senza timore; però non vi siete ancora espresso a riguardo delle tele del mio figliolo.”
“Signore, voi siete un uomo d’affari e quindi mi capirete, il valore delle merce è rappresentativo della sua qualità? Sicuramente no! Tutto è vendibile e al prezzo che uno desidera, basta saperci fare e illudere gl’illusi.”
Il padre fece un segno di assenso e strinse la mano al suo interlocutore.
I mercanti e i critici d’arte sono generalmente onesti e affidabili, ma costui non aveva né l’una né l’altra virtù; era però deciso e determinato e per favorire un ricco avrebbe fatto qualunque cosa.
Si accordarono che dopo alcuni giorni dall’incontro il figlio del latifondista, Giorgio, portasse alla sala espositiva sita in pieno centro di Milano e gestita da Remigio, le sue ‘croste’ mal dipinte; ma egli era talmente inetto che nel trasporto accadde che alcuni contenitori di colori ad olio, mal chiusi, riversassero i vari colori sulle tele accatastate.
Giorgio, non avvedendosi del fatto, giunse alla sala del celebre critico Remigio e scaricò le sue tele, che risultavano impiastricciate dai colori colati su di esse.
Giorgio iniziava a disperarsi per l’accaduto ma Remigio lo tranquillizzò:
“Caro ragazzo, è il fato che ha voluto che accadesse questo; questi colori mischiati dal caso rendono le tele ancor più interessanti.”
‘E poi’ pensò Remigio ‘gli acquirenti sono talmente stupidi che posso vendergli ciò che voglio’.
Erano gli anni sessanta del novecento, epoca nella quale un artista defecò in un certo numero di barattoli rendendoli preziosi ed ambiti ai collezionisti e altri suoi colleghi raccattavano immondizia spacciandola per composizioni artistiche.
Remigio contattò le case d’aste che ben conosceva e propose di mettere all’incanto le disgraziate tele di Giorgio; le case d’aste serie rifiutarono di vendere simili porcherie, ma alcune accettarono, allettate anche dalla doppia provvigione che Remigio garantiva sul venduto.
A quelle aste partecipavano amici di Remigio che offrivano cifre esorbitanti, tanto il denaro proveniva da conti cifrati svizzeri appartenenti al latifondista Enrico; era un semplice giroconto, il denaro tornava sempre ad Enrico, però le quotazioni raggiunte dalle tele di Giorgio ingolosirono i quotidiani che iniziarono a versare fiumi di inchiostro sul nuovo astro nascente della pittura. La provvigione doppia veniva ovviamente pagata da Enrico, ma era il minimo per il successo del suo figliolo.
Recensioni scritte da Remigio venivano pubblicate sui quotidiani con firme di suoi amici compiacenti.
Ad esempio una recensione era in questi termini “In questa immagine ammiriamo il dipinto ‘Genesi’ parto creativo dell’irraggiungibile Giorgio; notate l’astrattismo dell’opera che giunge a livelli mai tentati in precedenza, la sapiente mistura di colori che sulle prime sembra casuale e invece è rappresentativa della materia primordiale ante aggregazione e che verrà plasmata dal Big Bang, o Fiat Lux se preferite. Osservare quest’opera è come penetrare nei segreti più intimi del nostro Universo, è come carpire il mistero della fisica quantistica e darle una elevatissima interpretazione artistica.”
Chi non capiva l’opera si adeguava, per l’effetto magico che hanno le parole di stravolgere la realtà; e poi chi si osava di confutare la preziosità di quei dipinti che avevano raggiunto simili quotazioni in così breve tempo?
“Mi dispiace soltanto che tutto presto cesserà” disse Enrico a Remigio, ma quest’ultimo replicò “il successo di Giorgio non si arresterà, per un motivo molto semplice: i suoi dipinti ormai fanno parte del patrimonio di potenti personaggi ed importanti istituzioni e questa è la garanzia migliore, sono loro che determinano il destino delle cose e di certo non vogliono rimetterci un centesimo di quanto hanno investito.”
Così è fatto questo nostro mondo, che vive di false illusioni in spregio al più elementare buonsenso e buongusto.

Racconto inedito scritto da Ernesto Martinasso
"I racconti del giovedì"

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