Ho trovato in rete questo "ricordo", e lo propongo perchè, in maniera un po' diversa, sicuramente anche molti di noi da bambini vivevano delle "emozioni particolari" quando si programmava la "gita" a Monte Berico o con la famiglia o con le Suore o la Parrocchia. Era "un evento", punto. E voi che ricordi conservate?
La "festa dei oto" era attesa da tutti i vicentini devoti alla Madonna di Monte Berico. Mio padre ci svegliava alle quattro del mattino, ma tanto noi, per l'emozione, avevamo gli occhi ben spalancati. Intanto, il cavallo era già pronto e sul carro ci aspettavano delle tavole in legno posizionate di traverso per fare da sedile.
Ricordo che era buio e io
mi stringevo a mia mamma perché mi sentivo più sicuro. In realtà, sul
carro eravamo in tanti, perché c'erano anche i miei cugini e gli zii.
Lungo il viaggio si pregava e lo facevano pure tutti i pellegrini a
piedi che incontravamo.
A quell'ora era pieno di gente che camminava
verso Monte Berico, alcuni a piedi scalzi con le scarpe appese al collo
per non rovinarle.
Un otto settembre, arrivati all'altezza dei ponti di Debba, dove una volta la strada si inclinava fortemente in discesa, il cavallo prese velocità e mio papà non riusciva a farlo rallentare. Noi dietro saltavamo rischiando quasi di cadere fuori dal carro. Alla fine, per grazia, riuscimmo ad arrivare sani e salvi allo stallo di Santa Caterina.
Da lì, si proseguiva a piedi salendo le scalette di Monte Berico per arrivare in tempo per la messa prima. All'uscita, si scendeva lungo i portici pieni di bancarelle, dove vendevano medagliette, rosari, bandierine e souvenirs vari.
La vera gioia per me era andare in Campo Marzo dove potevamo fare qualche giro sulle giostre che all'epoca erano spinte a mano.
Tutti poi, stendevano coperte sul prato per riposare e mangiare il cibo portato da casa. La tradizione era, in particolare, quella di gustare i "fighi sichi", messi da parte durante la settimana precedente.
Era una grande festa collettiva, piena di attesa, di incontri, di suoni, di colori e di profumi. Se chiudo gli occhi risento ancora quello dello zucchero filato... ed è sempre un tuffo al cuore.
Un otto settembre, arrivati all'altezza dei ponti di Debba, dove una volta la strada si inclinava fortemente in discesa, il cavallo prese velocità e mio papà non riusciva a farlo rallentare. Noi dietro saltavamo rischiando quasi di cadere fuori dal carro. Alla fine, per grazia, riuscimmo ad arrivare sani e salvi allo stallo di Santa Caterina.
Da lì, si proseguiva a piedi salendo le scalette di Monte Berico per arrivare in tempo per la messa prima. All'uscita, si scendeva lungo i portici pieni di bancarelle, dove vendevano medagliette, rosari, bandierine e souvenirs vari.
La vera gioia per me era andare in Campo Marzo dove potevamo fare qualche giro sulle giostre che all'epoca erano spinte a mano.
Tutti poi, stendevano coperte sul prato per riposare e mangiare il cibo portato da casa. La tradizione era, in particolare, quella di gustare i "fighi sichi", messi da parte durante la settimana precedente.
Era una grande festa collettiva, piena di attesa, di incontri, di suoni, di colori e di profumi. Se chiudo gli occhi risento ancora quello dello zucchero filato... ed è sempre un tuffo al cuore.
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