martedì 19 settembre 2017

Jus soli?


Sono refrattario alle semplificazioni, specialmente a quelle ideologiche. Le questioni politiche hanno sempre variegate e magari opposte soluzioni, ma l’emanazione delle leggi non può prescindere dall’analisi delle circostanze, degli effetti che creeranno e della effettiva applicabilità delle disposizioni, almeno secondo il buonsenso.  La politica dicono infatti sia l'arte del possibile.

Sul progetto di legge del cosiddetto Jus soli, più o meno temperato, si è dibattuto e detto di tutto, prevalentemente in base ad assunti ideologici, irenico spirito caritativo o a pregiudizi e retropensieri. Non mi interessa tuttavia entrare in questi ambiti, perché tanto non andremmo da nessuna parte, quanto valutare le cose da un’angolazione più pratica e operativa.
Riuscire un giorno a ritornare stabilmente a casa è il pensiero costante di ogni emigrante di prima generazione. Spesso questo sogno non riesce ad esaudirlo lungo la vita attiva e lo corona alla pensione. Se non riesce neanche questo, allora almeno disporrà di farsi seppellire nel cimitero del suo paese d’origine.  
È umano, è normale, è così! Ne abbiamo miriadi di esempi attorno.
E non vale solo per noi, vale per tutti! Le ex-colonie pullulano di pensionati dei paesi colonizzatori e di rientrati. D'altra parte, se anche fra i pensionati nostri c'è chi emigra nei paesi in via di sviluppo per massimizzare il potere di acquisto della sua pensione, figuriamoci se non lo fa chi ne è originario, non appena ne ha la possibilità. L'emigrante sarà per tutta la vita uno sradicato. Magari si integrerà bene, imparerà bene la lingua, avrà un buon lavoro, farà famiglia e così via, ma si sentirà sempre uno straniero, massimamente se di aspetto fuori dagli standard del posto.
Io sono cittadino italiano e posso recarmi  in tutti i paesi riconosciuti dal Governo della Repubblica Italiana, almeno così c'è scritto sul mio passaporto. 
Ora, mi sono trovato a viaggiare proprio in quei paesi da dove provengono buona parte dei migranti clandestini che sbarcano sulle nostre coste, ovvero la fascia sub-sahariana dell’Africa occidentale: Mali, Senegal, Guinee, Sierra Leone, Costa d’Avorio e contermini.
In questa vastissima area, che conta più di 200 milioni di abitanti, l’Italia è presente con 4 ambasciate: Bamako, Dakar, Bissau e Abidjan. Considerata la marginalità di questi paesi (interscambio economico/valenza strategica), si può ben capire come tali uffici siano poco più che obbligate domiciliazioni formali affidate a tirocinanti della carriera diplomatica e con servizi per lo più esternalizzati. Per chi dovesse andare, per esempio, in Mauritania, Guinea Conakry, Burkina Faso, ecc. viene consigliato di rivolgersi all’ambasciata francese, che tradotto nella lingua di Dante significa: arrangiati!
Si tratta per lo più di nazioni che non si possono certo definire tranquille e democratiche. Diritto aleatorio, terrorismo, corruzione, guerre civili, malattie endemiche e diffusa precarietà di vita, le fanno ad alto rischio.
Se dunque io, cittadino italiano per nascita, sangue e ormai lunga militanza, devo recarmi in questi posti sentendomi nelle man dela poja, per usare un’espressione nostrana, senza poter ragionevolmente contare sulla protezione effettiva del mio paese, mi chiedo: che tipo di assistenza può garantire l’Italia a quelli che diventeranno cittadini italiani a tutti gli effetti e sono originari di questi instabili paesi, una volta che (è loro diritto e libertà) dovessero tornare nei luoghi d’origine? Li manderanno dai francesi?
Occorre inoltre considerare che il nostro bel paese, il cui peso internazionale e considerazione è pari all’affidabilità della sua classe politica, quando si trova nelle peste, paga!
Siccome i soldi sono di Pantalone, questa è evidentemente la soluzione più comoda e praticata per trarsi d’impiccio in caso di sequestri o detenzioni di connazionali che facciano rumore in patria. Chi ci riesce a farlo il rumore, ovviamente, gli altri si arrangino.
Va da sé che, se putacaso qualche gruppo di sbandati o terroristi in giro per il mondo fosse nel dubbio di che straniero rapire, la scelta più conveniente sarebbe proprio un italiano. Rischi nessuno e soldi garantiti; basta reggere il teatrino abbastanza a lungo e fare un po’ di cagnara mediatica. Dovessero farlo con qualche americano o inglese, per non parlare di russi o israeliani, ci penserebbero sopra sicuramente un tantino di più. 
Per inciso: ero a Dhaka l’anno scorso quando sono stati assassinati i nostri nove connazionali e mi sono chiesto come mai, in un incredibilmente caotico agglomerato urbano di più di 20 milioni di abitanti, proprio gli italiani (ben poca cosa fra gli stranieri) e in un locale frequentato da italiani a due passi dall’ambasciata d’Italia. Sarò anche cinico, ma immagino abbiano preso spunto dall’esempio della vicina India, nel valutarne i rischi. Ci sono stati anche 7 vittime giapponesi, vero; altro paese (reso) imbelle.
Sono stato anche nel Kerala e ho parlato con i locali per farmi un'idea di prima mano della faccenda dei nostri due marò. Al di là di tutto, penso che uno Stato serio debba portare a casa i propri militari in servizio; a prescindere e a qualunque costo, tertium non datur!
Se dunque noi siamo così pusillanimi e inconsistenti a livello internazionale e operativo, per quale arcano motivo vogliamo farci del male con provvedimenti velleitari che poi non saremo in grado di applicare, rispettare, difendere?
Che senso ha?
"Ma lo facciamo per garantire diritti ai giovani stranieri che sono ormai qui da noi da molto tempo e sono assimilati ai nostri figli!
Detta così si potrebbe anche essere d’accordo, perché no? 
Ma riflettiamoci un po' su.
L’unica cosa che richiedeva il possesso della cittadinanza e comunque dopo la maggiore età, era il servizio di leva (ti dirò!), che peraltro è stato sospeso. Oppure la carriera nella pubblica amministrazione, sempre però da maggiorenni.
Non sono un esperto in materia, ma non mi vengono in mente diritti, salvo la mobilità internazionale che garantisce il passaporto italiano e la possibilità di espulsione in caso di reato o di altre poche circostanze (praticamente ormai rese remotissime), che costituisca oggi un effettivo discrimine fra chi dispone della cittadinanza e chi no in Italia. In ogni caso sono evenienze che mi pare coinvolgano assai poco dei ragazzi sotto la potestà dei genitori.
Assistenza sanitaria, scolastica, accesso ai servizi e al sostegno pubblico, assegnazioni e bandi, ecc. forse oggi sono oggi più accessibili allo straniero (in quanto generalmente più svantaggiato) che al nazionale. Chi ha compiuto i diciott’anni ed è qui da una vita non mi risulta abbia particolari difficoltà procedurali ad ottenere la cittadinanza, sempre che lo desideri. Se vogliamo superare la difficoltà della norma che richiede la residenza continuativa (l'unica cosa effettivamente irragionevole), si può semplicemente intervenire su quella, penso che nessuno avrebbe da ridire.

Che senso abbia poi che acquistino la cittadinanza automaticamente dei ragazzi minorenni di genitori che non ce l’hanno e per il solo luogo di nascita, mi sfugge. Se questa coppia rientrasse poi nel paese d’origine con i figli italiani e questi vi crescessero lì, si creerebbero, nel tempo, situazioni paradossali. Basti solo pensare ai criteri, basati questa volta sullo jus sanguinis, di trasmissione della cittadinanza italiana per cittadini stranieri, disposti fin dal 1912 per tutelare i discendenti delle miriadi di italiani che sono emigrati nel secolo scorso. In paesi dove vige la poligamia, sono invalse le famiglie allargate e l'anagrafe è un istituto che si può immaginare, ci sarebbe da ridere se non venisse da piangere. Ghana e Burkina Faso, tanto per dire, non sono l'Argentina, né l'Australia, signori miei.
Gli aventi diritto attualmente è vero che sono prevalentemente originari di altri contesti, ma una legge è legge e vale per il presente e per il futuro, con scenari potenziali che che debbono presi in seria considerazione.
Chissà poi perché la Francia, che queste terre ben conosce avendole sfruttate e soggiogate per secoli (e continua indirettamente a farlo), non si sente in dovere di essere così magnanima, ponendo anch'essa il vincolo della maggiore età per l'ottenimento della cittadinanza.
Mi pare che, al solito, l’Italia voglia fare il passo più lungo della gamba, adottare provvedimenti senza essere all’altezza di adempierli, senza averne la forza e le risorse.  Così, perché fa figo, fa internescional.  
Ma chi ha stabilito poi, che la nazionalità italiana sia così superiore a quella ivoriana, o marocchina, o albanese, tanto per dire, che negarla troppo a lungo a qualcuno diventa un delitto di lesa civiltà? Non è che  gli Illuminati del politicamente corretto pensino inconsciamente che le altre nazionalità siano talmente inferiori alla nostra che prima ne liberiamo gli stranieri e meglio sarà per tutti?
Vuoi vedere che la chiave di tutto sono i voti che così si pensa di racimolare facilmente a beneficio di parte? Date le premesse, il dubbio è più che lecito. 
In ogni caso chi pagherà, prima o poi,  in un modo o nell'altro, sarà sempre il Pantalone già sopra richiamato.
Gianni Spagnolo

4 commenti:

  1. Xavutu Giani,.. L'Italia la se ga sempre fato ridar drio. Da quando che la ga volesto a far l'Impero nandoghe a rompere le tole al Negus (che tuti i altri i ghéa lassà in pace) e dopo a spacar le reni ala Grecia, ciapando anca le bote. A semo na parfin a tirar su i albanisi afondà nel Canale d'Otranto, ma i Alpini del Gemona i xe ancora tuti la soto. E pensare che i Alpini i li ghéa mandà el governo, i albanisi no li ghéa ciamà nissuni.

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  2. Faccio un esempio delle tante stupidaggini compiute, anche se, in questo caso, il denaro pubblico veniva distribuito alle moltitudini degli abitanti del “Paese delle meraviglie” e non divorato esclusivamente da pochi, come attualmente sembra prassi consolidata.
    Mi ricordo che gli emigrati italiani a Zurigo furono presi in giro dagli svizzeri quando, nel 1969, l’indimenticato vicentino M. Rumor, Presidente del Consiglio, permise dissennatamente di pensionare gli statali dopo soli 14 anni, sei mesi e un giorno di servizio.
    Molte furono le giovani impiegate trentenni che, felici e contente, negli anni a seguire colsero l’inaspettata palla al volo: si misero in pensione!

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  3. Mi pare che la fattispecie sia molto diversa... ahi ahi...

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  4. Ammetto che quando trovo articoli lunghi o post in dialetto passo oltre. Amo la sintesi e il troppo mi spaventa quasi sempre. Quasi, perché stavolta ho iniziato a leggere e devo dire che il contenuto mi è piaciuto. Condivido quanto sostenuto e sarebbe bello vederlo pubblicato anche sulla pagina fb, (ma non l'avevate aperta?) In modo da poterla magari condividere per far arrivare il messaggio a più persone.

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